INTERVISTA A CAFFO: “CARO RENZI, LASCIA STARE IL SUSSIDIO E TAGLIE LE TASSE”
IL GIOVANE IMPRENDITORE, PRODUTTORE DELL’AMARO DEL CAPO: “IL LAVORO SI CREA ABBASSANDO L’IMPOSIZIONE FISCALE”
Oltre alla discussione sull’articolo 18, bisogna abbassare le tasse. In questo modo “non solo si alleggerisce il peso per l’impresa, ma si creano anche possibili posti di lavoro perchè i costi minori faciliterebbero l’inserimento dei giovani”.
Parola di Sebastiano Caffo, imprenditore calabrese a capo della nota ditta Fratelli Caffo che produce il celebre Amaro del Capo.
“Renzi – spiega -propone delle modifiche all’art. 18 che prevede una maggiore facilità di licenziamento compensata da un sussidio di 2 anni per chi perde il posto…ma chi lo paga questo sussidio?”.
“La flessibilità non risolve tutti i problemi. Le faccio un esempio: se un’azienda va bene, non ha nessun interesse a licenziare i propri dipendenti, anche perchè le aziende sono fatte di persone e se l’impresa va bene vuol dire che in qualche modo anche le persone vanno bene. Andare a formare altro personale per fare lo stesso lavoro è solo un dispendio di tempo e soldi. Poi mi chiedo: perchè si parla sempre dei dipendenti privati e mai di quelli pubblici? E’ un discorso “intoccabile”. Bisognerebbe fare un po’ di conti allo Stato e vedere se tutti questi dipendenti producono per quanto costano, e mi riferisco soprattutto ai burocrati parassiti dell’amministrazione pubblica. Forse proprio nel pubblico servirebbero degli obiettivi per incentivare il lavoro e farlo funzionare bene, così a cascata tutto andrebbe meglio anche nel privato. Ovviamente non voglio fare di tutta l’erba un fascio perchè non tutti gli impiegati pubblici sono dei burocrati e non tutti gli imprenditori sono bravi datori di lavoro”.
Tramandata di generazione in generazione, la distilleria Caffo si è imposta sul mercato grazie ad un liquore che negli anni ha sbaragliato molta della concorrenza: il Vecchio Amaro del Capo.
La forza di questa impresa con base a Limbadi, in provincia di Vibo Valentia, è la volontà di perpetrare una gestione familiare e di non tradirne i valori, credendo fermamente che anche al Sud si possa fare impresa raggiungendo obiettivi un tempo impensabili.
Per dare un’idea, basti pensare che il giovane 38enne a capo di un’azienda con 30 lavoratori ha voluto la propria fidanzata come testimonial di una nota campagna pubblicitaria dal titolo “Ghiacciato ti conquista”…e ha fatto centro.
Qual è la parte buona di questo piano per il lavoro proposto da Renzi?
Che se un’azienda deve fallire perchè il lavoro di 30 persone lo fanno in 50, è giusto che ci sia la possibilità di ridurre il personale per mandare avanti la produzione. È meglio perdere tutti e 50 i posti di lavoro o perderne solo 20? In un momento come questo stringere determinati costi fissi è una necessità : se lasciamo fallire tutte le piccole aziende che sono l’ossatura del nostro Pil, facciamo un danno enorme al paese. E’ lo Stato che deve intervenire ad aiutare il lavoratore, non può gravare tutto sulle spalle dell’imprenditore.
Quindi più che a licenziare un’azienda sana vorrebbe incentivi ad assumere?
Consideri che a noi un dipendente costa il doppio di quello che a lui arriva in busta paga. Se si abbassano le tasse, non solo si alleggerisce il peso per l’impresa, ma si creano anche possibili posti di lavoro perchè i costi minori faciliterebbero l’inserimento dei giovani. Soprattutto nelle aziende cosiddette “vecchie” devi preparare il cambio generazionale e non lo puoi fare quando i lavoratori sono andati in pensione, altrimenti l’impresa si blocca, l’affiancamento con la forza lavoro giovane deve essere fatto prima. Io lo sto vedendo con l’acquisizione della Borsci che produceva il famoso Elisir San Marzano sin dal 1840: noi abbiamo riassunto il personale che c’era prima, ma hanno tutti più o meno 60 anni e quindi devo necessariamente pensare di assumere dei lavoratori giovani che imparino il mestiere da chi sta lì da 30 anni, se no tra 4 anni quando scattano le pensioni possiamo chiudere.
Un appello al Governo mentre si chiude un turbolento 2013: tre cose che nell’anno nuovo vanno fatte subito per aiutare le imprese al Sud…
Per prima cosa le semplificazioni dal punto di vista burocratico mettendo più automatismi e autocertificazioni possibili, dando meno potere agli uffici pubblici: se faccio una cosa contro legge mi punisci dopo, come succede in tanti altri stati europei…ma almeno mi dai la possibilità di iniziare a lavorare. Ho visto negli ultimi decreti che si sta andando in questa direzione e spero che si faccia sempre di più per snellire la macchina burocratica. La seconda cosa è togliere dalle mani dei politici, soprattutto a livello regionale, la possibilità di emanare i bandi con i fondi europei perchè alimentano il clientelismo e le graduatorie tante volte non vengono fatte in maniera oggettiva. Ci vorrebbe un sistema di incentivazione automatico che permetta ad un’azienda virtuosa che sta investendo di ricevere in automatico i finanziamenti. E poi i tempi sono infinitamente lunghi: se un giovane ha voglia di mettersi a lavorare e presenta un progetto per un bando, non può aspettare 2 o 3 anni per avere le graduatorie. Andando oltre, un problema enorme che abbiamo al Sud sono i trasporti che per come sono messi penalizzano le merci in entrata, ma soprattutto le merci in uscita. Il Sud al momento può produrre merci che abbiano un valore aggiunto tale da permettere di coprire questi costi esagerati. Basterebbe potenziare le strade del mare, visto che abbiamo i porti, e non basarsi quasi esclusivamente sui trasporti su gomma…che sono i più pericolosi, inquinanti e costosi. Io spero che le cambino, Letta dà l’idea di essere una persona seria, ma bisogna vedere attorno chi c’è: i vecchi della politica sono ancora tutti lì, solo che non vanno più in Tv. Non basta creare una bella confezione per migliorare un prodotto, bisogna vedere se quello che ci sta dentro è buono o è rimasto uguale a prima.
Un primo provvedimento che potrebbe dare una spinta positiva?
Ho avuto l’opportunità di fare il Presidente dei giovani imprenditori di Confindustria per il Sud Italia e i problemi sono tanti. Confrontandomi con altre realtà , ad esempio in Friuli, mi rendo conto che le cose funzionano in due modi differenti: se qui devi stare appresso alla burocrazia perdendo magari un anno o due per una singola cosa, lì i tempi si accorciano notevolmente…penso che i burocrati al Sud non abbiano molta voglia di lavorare, oppure vogliano far pesare il loro ruolo sulle aziende potendo metterle in difficoltà con ritardi e cavilli. Sembra di vivere in due paesi diversi. Qualche anno fa era nata l’idea di convogliare tutte le risorse destinate al Sud Italia per creare una grande no tax area, così da spingere le imprese che adesso vanno in Tunisia o in Romania ad investire nel meridione, ma non si è fatto nulla. Se siamo in tanti la catena dell’amministrazione pubblica farraginosa si può spezzare: per cambiare questo paese ci vogliono più imprenditori e meno burocrati.
Quanto incidono le mafie sul lavoro di un’impresa nel Sud Italia?
Sicuramente le cose cambiano da settore a settore: l’agroalimentare, ad esempio, si è sviluppato maggiormente perchè interessa meno la criminalità organizzata, mentre i settori degli appalti pubblici e delle costruzioni in generale sono presi di mira dalla criminalità perchè è facile fare tutto a nero. Le prefetture stanno facendo un lavoro capillare per rilevare le ingerenze della mafia sul settore edile…purtroppo ancora oggi, come dimostra la cronaca, dove c’è cemento è facile che ci sia criminalità organizzata. Ovviamente tutto questo blocca l’economia e riduce il lavoro e quel poco d’impresa che c’è muore. Per combattere le mafie bisogna partire dalla mentalità , e non pensare solo alle conseguenze estreme fatte di violenza e armi.
Barbara Tomasino
(da “Huffingtonpost“)
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