INTERVISTA A MACALUSO: “SE IL LEADER NON LO ELEGGE L’ISCRITTO, L’ISCRITTO CHE CI STA A FARE? INFATTI NON SI ISCRIVE”
“SENZA UNA STRUTTURA FORTE DEMOCRAZIA A RISCHIO: E’ COLPA DELLE PRIMARIE”
”Emanuele Macaluso, cosa ha pensato quando ha letto che il Pd ha ormai appena 100mila tesserati?
«Non mi sono stupito. L’attuale dirigenza del resto non è interessata a costruire un partito che sia presente nella società . Ma questo annacquamento non è figlio del renzismo, ma nasce negli anni in cui si decise di fare le primarie per l’elezione del segretario. Se il leader non lo elegge l’iscritto ma anche il cittadino, l’iscritto che ci sta a fare? E infatti non si iscrive».
Renzi pone questo dilemma: preferivate un partito con 400mila iscritti, ma fermo al 25%. La convince?
«No, è una falsa alternativa. Perchè le due cose non dovrebbero coesistere? Avere il 41% e 600mila iscritti? La verità è che a Renzi non interessa avere uno strumento che orienti la comunità ».
Ma il segretario non orienta la società da Palazzo Chigi?
«Sì, ma è un orientamento individuale, non collettivo. Un partito – un partito vero, dico – deve avere un progetto politico che coinvolga migliaia di persone che a quelle idee si ispirano. Un luogo permanente di confronto articolato, di formazione del pensiero, di dibattito. È il tema su come incidere sulla cultura di massa. Per il Pd non è un problema vedo. Ma così si amministra solo l’esistente. Non c’è il progetto, perchè non c’è l’elaborazione».
L’onorevole Bonafè lo rivendica chiaramente: il partito di massa è morto con il Novecento. Non ha ragione?
«No, dice una stupidaggine. I problemi oggi sono enormi, come del resto nel ‘900, e coinvolgere e conquistare le persone attorno a un’idea, a una visione del mondo, attiene al modo di concepire la democrazia: ieri come oggi».
Nel suo ultimo libro “Santuari” lei sostiene che i partiti di massa salvarono la democrazia negli anni della strategia della tensione. In che senso?
«Pensi al ruolo che svolse il Pci nei confronti del terrorismo. Fu anzitutto una battaglia culturale. Non solo di ordine pubblico: cul-tu-rale. Le Brigate Rosse non andavano semplicemente sconfitte sul piano della repressione. Questo fece il Pci, la parte migliore della Dc e i socialisti come Pertini. Infatti il terrorismo fu sconfitto nelle fabbriche».
Nel saggio afferma che un’Italia di partiti deboli corre un rischio enorme. In che senso?
«Nulla è neutrale nella formazione dell’opinione pubblica. E con partiti e sindacati così malmessi è inevitabile che alla lunga tornino a prevalere forze opache. Del resto l’articolo 49 della Costituzione, “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, non fu messo lì a caso, perchè il rischio di influenze esterne, di circoli, o super circoli, che condizionino la vita pubblica, è un problema eterno della storia nazionale, che si pose già all’indomani dell’Unità d’Italia».
Lei era scettico su Renzi premier. Che giudizio dà dopo 8 mesi al governo?
«Ha dimostrato di avere intelligenza politica, e anche una buona dose di scaltrezza, ma non ha saputo mettere insieme un vero governo del Paese. Mi pare un limite non da poco».
Vuol dire che il governo è debole?
«Molto. Renzi accentra, ma il premier non ha un retroterra tale per poter fare a meno di una buona squadra. Ne avrebbe bisogno anche lui».
Concetto Vecchio
(da “La Repubblica“)
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