INTERVISTA A MENIA: “BASTA CON L’OSTRACISMO VERSO FINI, BEN VENGANO LE SUE IDEE”
“SE QUELLA NOTTE DUE-TRE DEPUTATI NON SI FOSSERO FATTI COMPRARE, OGGI FINI SAREBBE CONSIDERATO NON UN TRADITORE MA IL SALVATORE DELLA PATRIA”… OGGI MOLTI SI SONO RICREDUTI
«Il rogo eterno per Gianfranco Fini non ha senso. Ha fatto tanto per la destra italiana e ha diritto di dire la sua. E se il suo progetto rilanciasse i contenuti abbandonati da Fratelli d’Italia, sarei pronto a seguirlo».
Roberto Menia si definisce un «reduce».
Finiano della prima ora, ha provato di volta in volta a mantenere viva la tradizione di An prima con gli storaciani poi appellandosi alla Meloni.
Ora, nel ritorno in campo del vecchio leader, rivede la speranza di dare una casa agli orfani di un grande partito di destra.
Menia, Fini ritorna. C’è spazio per lui?
«Non mi hanno sorpreso le sue parole, ci sentiamo ancora e, di fatto, pur stando fuori dal Parlamento non ha mai smesso di fare politica. Io credo che lo spazio per lui ci sia, il diritto di dire quello che pensa. In fondo tutta la sua opera non può essere ridotta a un maquillage. È stato capace di modernizzare la destra e l’ha fatta crescere. Di tutto questo, però, non c’è più traccia».
La traccia ci sarebbe. Nel simbolo di Fdi c’è quello di An…
«Io ero il primo a sperare che si potesse ricreare l’humus di Alleanza Nazionale. Purtroppo i Fratelli d’Italia hanno deciso di prendere un’altra strada. Noi eravamo europeisti, loro una cosa completamente diversa. Avevamo fatto dei passi in avanti, loro sono tornati indietro. Hanno preferito chiudersi in una torre, sono stati isolazionisti. Tutto il contrario di An, che era un partito dove la regola era il pluralismo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Alleanza Nazionale era arrivata al 15%, loro sono riusciti a respingere più gente di quanta ne hanno attratta».
Molti esponenti – ed elettori – sono rimasti in Forza Italia.
«Purtroppo anche quel partito è cambiato. All’inizio c’erano i pensatori, cos’è rimasto adesso? E gli esponenti che sono restati lo hanno fatto più che altro per amministrare quel poco di potere che gli è rimasto».
Forse si sente più vicino a chi ha scelto il Nuovo Centrodestra?
«Quando io ho rotto con Berlusconi, mi sono dimesso dal governo. Loro, invece, hanno rotto proprio per non dimettersi. Se davvero fossi vicino a qualcuno, mi sarei impegnato direttamente. Non me l’ha chiesto il dottore di fare politica».
Magari potrebbe trovare ospitalità nel nuovo movimento di Fini?
«Penso di sì. Penso che sia necessario rimettersi in moto per tutto il centrodestra e che chiunque ha delle idee le esprima. L’importante è essere consapevoli che il tempo è passato e che bisogna fare spazio ad altri. Non servono scialuppe di salvataggio per vecchi naufraghi».
Ma come fa a essere Fini il portabandiera della novità ?
«In questa politica che brucia tutto in fretta ben venga qualcuno che sappia dire cose che restano. C’è bisogno di un leader moderno, ma la destra è anche tradizione, è anche non rinnegare il proprio passato e i propri padri fondatori. Sono stufo di sentir parlare di traditori. In teoria lo sono stato anch’io, ma ho sempre agito credendo in quello che facevo. E se quella famosa notte due o tre deputati non si fossero fatti comprare, oggi magari Fini non sarebbe considerato un traditore, ma il salvatore della patria. Tanti continueranno a odiarlo. Ma magari in questi mesi qualcuno si è ricreduto».
Come si ricostruisce un centrodestra vincente? Rimettendo insieme i cocci o inventando qualcosa di nuovo?
«Non sono un appassionato delle formule. Mi auguro semplicemente che a destra ci sia un contenitore che sia quello che il Pdl non è stato capace di essere. A sinistra sono riusciti a fare il partito unico, a destra come pensiamo di rispondere?».
Quanto è ostativa la presenza di Berlusconi?
«Mi pare evidente che un centrodestra credibile che combatta ad armi pari con Renzi non possa essere guidato da Berlusconi. Nessuna guerra contro di lui, è semplicemente nello stato delle cose. Non può essere più lui il federatore».
Car. Sol.
(da “il Tempo”)
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