LA LEGA ESPELLE GENTILINI, IL PRIMO SINDACO SCERIFFO D’ITALIA
LUI REPLICA: “ME NE SBATTO, NON HO NULLA A CHE FARE CON QUESTI POLTRONISTI, APPARTENGO ALLA LEGA DELLE ORIGINI”
Ripudiato dalla Lega Nord, cacciato dopo vent’anni di militanza. Chi poteva immaginare un destino così crudele per Giancarlo Gentilini, ex sindaco di Treviso, il primo a portare sul petto la stella di sceriffo accanto alla fascia tricolore.
Ora il suo partito lo allontana a causa delle dichiarazioni fatte alla “Tribuna di Treviso” sulle nomine pilotate in una società .
E a 87 anni suonati è costretto a ingoiare il rospo di un’espulsione su pubblica piazza. “Io me ne sbatto. Sono un leghista del 1994, non ho niente a che fare con questi qua”. Il gergo è come sempre colorito. Il piglio autoritario. Dalla sua ha l’esperienza e, dice, i consensi della gente.
Nel 1997, da sindaco, fece togliere le panchine davanti alla stazione ferroviaria perchè durante il giorno le utilizzavano gli extracomunitari. È stato forse il primo sindaco-sceriffo d’Italia, innamorato della tolleranza zero e di quella Lega dura e pura a cui ha giurato fede eterna. Il nome e la fama di Giancarlo Gentilini hanno oltrepassato ben presto i confini della sua terra, la Marca trevigiana. Erano i primi rigurgiti di populismo. Nel bene o nel male era diventato un simbolo per il Carroccio. “La mia Lega era un movimento che guardava più alle città e a cittadini, non certo alle poltrone”.
Il punto, per Genty, è proprio questo. Stanco di assistere in silenzio alla guerra intestina al Carroccio per la guida di Ascopiave (società quotata in borsa che realizza e gestisce impianti di gas metano), è uscito allo scoperto e non si è risparmiato. “Sono schifato”, è stato il suo commento, dopo aver dipinto alcune nuove leve della Lega trevigiana come persone legate più che altro alla poltrona.
La critica ha finito per mettere in discussione la gestione del segretario regionale Toni Da Re e di quello provinciale Dimitri Coin. Quest’ultimo lo ha detto senza mezzi termini: “D’ora in poi Giancarlo Gentilini è fuori”.
Ciò significa che la lista presente nel Consiglio Comunale di Treviso a nome Gentilini non sarà più d’appoggio alla Lega Nord.
Non si tratta di un’espulsione vera e propria solo perchè la segreteria provinciale non può praticarla. Avendo più di 10 anni di appartenenza al partito, un eventuale “cartellino rosso” spetta solo alla segreteria federale. Che chiaramente è stata informata.
“Questa non è più la Lega rivoluzionaria che nel 1994 ha sbaragliato tutti gli avversari. Questo è solo un partito che mira a collezionare cariche dorate. Me ne sbatto della loro espulsione. Gli auguro i successi che ho avuto io”, continua Gentilini come un ariete. “In tutti questi anni di carriera mi avevano proposto la Regione e anche il Parlamento europeo ma ho sempre rifiutato perchè il mio interesse principale sono i cittadini. Io amo i miei cittadini e li ho sempre difesi da tutto e da tutti”.
Nato il 3 agosto 1929 a Vittorio Veneto, è stato sindaco di Treviso la prima volta dal 1994 al 1998. Poi la riconferma dal 1998 al 2003. Non potendosi ricandidare come sindaco per la terza volta consecutiva, è stato eletto consigliere comunale (con oltre 3 mila preferenze) e ha ricoperto la carica di vicesindaco dal 2003 al 2013 (con sindaco Gian Paolo Gobbo).
Il suo mandato è una crociata perenne contro immigrati e clandestini. Erano gli anni in cui cominciava a montare la rabbia nei confronti del diverso. Gentilini il suo popolo lo infiammava così: “Voglio la rivoluzione contro chi vuole aprire le moschee e i centri islamici. Qui ci sono anche le gerarchie ecclesiastiche che dicono “lasciate anche loro pregare”. No! Vadano a pregare nei deserti. Aprirò una fabbrica di tappeti e regaleremo i tappeti ma che vadano nei deserti”.
Ne aveva anche per gli omosessuali: “Darò immediatamente disposizioni alla mia comandante (dei vigili) affinchè faccia pulizia etnica dei culattoni. I culattoni devono andare in altri capoluoghi di regione che sono disposti ad accoglierli. Qui a Treviso non c’è nessuna possibilità per culattoni o simili”. La gente applaudiva, l’odio cresceva. Nel 2013 una nuova candidatura a primo cittadino, pure con qualche allusione al ventennio mussoliniano.
Tuttavia, il successo sperato non c’è stato e il centrosinistra con Giovanni Manildo ha messo la sua bandierina nella roccaforte leghista. Ora il Carroccio si prepara ad affrontare la prova delle urne del prossimo anno, stavolta pare senza Gentilini. “Vedremo cosa ne pensano i cittadini” sghignazza beffardo lo sceriffo di Treviso.
(da “La Repubblica”)
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