LA MOSSA DI FRANCESCHINI SULL’ITALICUM APRE IL GRANDE GIOCO DEL POSIZIONAMENTO DELLE CORRENTI DEM
SI MUOVONO ANCHE FASSINO, ORLANDO E SPERANZA
Per capire la “mossa”, bisogna proiettare — mentalmente — il film della vittoria del no al referendum. Ora, immaginando di essere proprio in quel momento, sentite Dario Franceschini quando, attorno alle 18,00, prende la parola alla direzione del Pd: “Dopo il referendum bisogna ragionare su una legge elettorale che dia la possibilità di far esistere le coalizioni. Il che non significa tornare all’Unione ma allargare il campo: qualcosa al centro e qualcosa alla nostra sinistra”.
Ex segretario del Pd dopo Veltroni, di cui era stato l’uomo forte, abile navigatore che, dopo aver sostenuto Letta, si schierò con Renzi in tempo utile per condividerne il trionfo, Franceschini è uno che non parla mai a caso.
E inquadra l’apertura sulla legge elettorale in un contesto più ampio, di sistema: “Siamo vissuti in uno schema destra-sinistra, ma siamo finiti in fretta in uno schema diverso: populisti da una parte, sistemici dall’altra. Lo schema nuovo è populisti-sistemici e dobbiamo tenere insieme quelli che con storie diverse sono contrapposte ai populismi”.
Dunque, l’attuale maggioranza di governo è, per Franceschini, la “prospettiva” da costruire cambiando la legge elettorale.
Ovviamente, aggiunge, “dopo il referendum”. I più smaliziati all’uscita dalla direzione sussurrano: “Dopo il referendum se vince il sì, figuriamoci se Renzi mette mano alla legge elettorale, se vince il no salta il governo. E Franceschini… Per ora si è posizionato”.
Una posizione, al momento, perfetta nel senso democristiano del termine. Perchè dà una sponda a Renzi, casomai volesse dare segnali in materia di legge elettorale, ma guarda anche al dopo, a quando cioè il “sistema” si potrebbe arroccare al governo per paura dei “populismi”.
Per capire la mossa della “corrente” più robusta che sostiene Renzi bisogna ascoltare per intero l’intervento di Fassino, in una sala che lo ascolta attentamente, senza il vociare tipico delle direzioni del Pd: “Ha parlato da segretario o, chissà , da vicesegretario unico” sussurra un parlamentare lontano da occhi indiscreti.
Il passaggio clou (di Fassino) è questo: “Quando nel 2001 perdemmo le elezioni dopo una fase di governo dell’Ulivo riflettendo sulla sconfitta usammo la formula che non paga un riformismo dall’alto e anche la politica più giusta ha bisogno di alimentarsi di un rapporto quotidiano con i cittadini e le loro domande”.
Proprio sulla base di queste considerazioni – ricongiungere riformismo e popolo – Fassino si candidò segretario dei Ds al congresso di Pesaro.
A margine della direzione, fonti degne di questo nome giurano che l’ex segretario dei Ds, per molti della sua corrente, avrebbe il profilo giusto per fare il vicesegretario unico.
E che, ovviamente, anche Franceschini la vedrebbe benissimo. Il che spiegherebbe, tra l’altro, anche i toni tranchant dei turchi sull’eventualità di modifiche alla legge elettorale.
I turchi si sono visti la scorsa settimana e in parecchi hanno chiesto ad Andrea Orlando di candidarsi alla segreteria. Per ora il guardasigilli, grande attendista, riflette, limitandosi a chiedere una maggiore incisività sul sociale e la necessità di un partito più radicato e meno “irrisolto”.
Attende e riflette, consapevole, come gli hanno insegnato nel Pci che la scelta dei tempi è tutto, perchè in politica una cosa giusta fatta al momento sbagliato rischia di essere una cosa sbagliata.
Insomma per la prima volta alla direzione del Pd è iniziato il grande posizionamento in vista del referendum dentro la maggioranza che sostiene Renzi.
Segno che l’era dell’onnipotenza, basata sull’irresistibile promessa della vittoria è finita. Tanto che, alla fine, il premier mette ai voti il documento della minoranza, dopo che Guerini e altri, per svelenire il clima, avevano deciso di accoglierlo.
Lo fa proprio per ricompattare tutta la maggioranza attorno a un voto al termine di una direzione complicata: “Oggi — dice un alto in grado — è stata una direzione molto tattica, molto politica. Un pezzo del Pd, con accenti diversi, da Cuperlo a Speranza a Rossi gli dice ‘fermati sennò vai a sbattere’. Tra i suoi Franceschini tiene aperti i due forni sulla legge elettorale, mentre Delrio che teme di apparire uno che trama dietro le quinte ha difeso la linea rispondendo a Franceschini”.
Ecco, tutte le correnti sono posizionate.
(da “Huffingtonpost“)
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