LA SENTENZA INGIUSTA
LA VITA DI UNA OPERAIA VALE DUE ANNI DI CARCERE (CHE NESSUNO FARA’) E UNA MULTA DI 10.000 EURO
Un pubblico ministero accetta la proposta degli imputati e il giudice ratifica: la vita di Luana D’Orazio, l’operaia ventenne uccisa da una macchina in una fabbrica di Prato, vale due anni di carcere e 10 mila euro di multa.
Questo è il prezzo pagato dai titolari della fabbrica per non aver rispettato le norme antinfortunistiche creando le premesse perché un orditoio si mangiasse il sorriso di Luana.
Un paese civile non giudica le sentenze sulla base dell’indignazione che producono. La giustizia non è una pubblica ordalia. Lo abbiamo creduto per troppo tempo consegnando le chiavi del potere al partito delle manette, con i risultati che hanno visto tutti.
Dunque la sentenza di Prato non è ingiusta perché indigna. E’ ingiusta perché è ingiusta.
Un sistema giudiziario non può prevedere pene da reato bagatellare per chi causa la morte di un dipendente ignorando le norme di sicurezza. Perché la sicurezza costa, certo, ma la vita vale molto di più di quel prezzo.
Nella storia di Luana ci sono imprenditori senza scrupoli ma anche partiti e organizzazioni imprenditoriali che si sono opposte alla creazione di una procura nazionale sugli infortuni sul lavoro, come aveva invano proposto il pm Raffaele Guariniello.
Che hanno contrastato l’inasprimento delle pene per chi viola le norme sulla sicurezza. E ci sono magistrati che si sono sottratti alla loro responsabilità di cittadini accettando un patteggiamento che grida vendetta e che senza il loro assenso non sarebbe mai diventato sentenza. Con il risultato che da oggi tutti sanno quanto poco vale la vita di un’operaia morta sul lavoro. Quanto poco costa spegnere quel sorriso.
Se la pena deve essere un deterrente, la pena di Prato rischia di diventare, al contrario, un avallo.
(da Fanpage)
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