LA SPECIALITÀ DEL GOVERNO MELONI? APRIRE TAVOLI SU TUTTO, DAL POS ALLE PENSIONI, DAI BALNEARI ALLA SICUREZZA SUL LAVORO: SI PARLA, SI ASCOLTA MA NON SI DECIDE MAI NULLA
SULLE QUESTIONI DAVVERO DELICATE, COME LA FINANZIARIA O LE NOMINE NELLE PARTECIPATE, GIORGIA MELONI NON VUOLE NESSUN TAVOLO (ALLA FACCIA DEL POTERE DIALOGANTE)
Il governo dei tavoli, il governo Meloni ne ha fatto una specialità.
Tavoli su tutto: dalle commissioni sul Pos alle pensioni, dai balneari alla sicurezza sul lavoro, dalle telecomunicazioni per arrivare ai più suggestivi in assoluto: il tavolo “Appennini senza neve”, convocato dalla ministra per il Turismo Daniela Santanché e quello “trotto e galoppo”, appena convocato dal sottosegretario all’Agricoltura Patrizio Giacomo La Pietra.
Non ci sarebbe niente di male, se poi dal tavolo arrivassero anche le soluzioni. La parola d’ordine è un’altra: «Ascolto».
Il ministro per le Imprese Adolfo Urso ascolta le imprese che rivorrebbero gli incentivi dimezzati di Industria 4.0. Ascolta i sindacati preoccupati per le crisi industriali. Ascolta gli azionisti di Tim per la rete unica (e si vanta del rimbalzo del titolo per la sola apertura del tavolo). Mentre i manager, in parallelo, vengono ascoltati dal sottosegretario Alessio Butti a Palazzo Chigi.
La ministra del Lavoro Calderone si è sciroppata 50 interventi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro: oltre cinque ore di “ascolto” sulla previdenza, in 15 a parlare, nessuna linea di riforma annunciata, ma la promessa di altri tavoli.
D’altro canto, non è colpa dei ministri. Era stata la stessa premier Giorgia Meloni a dettare la linea. La manovra di bilancio ad esempio non ha avuto tavoli, anche sulle nomine pubbliche e lo spoils system niente tavoli, solo annunci in Consiglio dei ministri a cose fatte.
Ma scontro duro (vero), dietro le quinte, tra Chigi e Tesoro sulla figura cruciale del direttore generale, poi spacchettata. Per le cose che contano insomma niente tavoli e caminetti. Né patti della crostata o delle pere cotte. Il tavolo piuttosto è strumento di propaganda. Serve al governo Meloni a prendere tempo, a inseguire l’agenda dell’emergenza, a consolidare rapporti con gli amici e misurare la distanza coi nemici, a costruire l’immagine di un potere dialogante con tutti.
(da La Repubblica)
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