LA SVOLTA DI GRILLO: OGGI LE QUIRINARIE SUL BLOG, IERI SPUTI E URLA CONTRO IL RIBELLE
PIZZAROTTI: “QUANDO SE NE VANNO IN 40, TROPPO FACILE DIRE CHE LO FANNO PER I SOLDI, I PROBLEMI SONO ALTRI”
Nove deputati che abbandonano il Movimento: «aspiravamo alla bellezza, non alla rabbia».
Una riunione fiume tra Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio — nel quartier generale di Milano — per decidere la linea sul Quirinale.
Poi la decisione: stamattina ci sarà un’assemblea congiunta tra deputati e senatori, subito dopo si faranno le “quirinarie” sul blog.
Con quattro nomi: tra cui quello di Romano Prodi. A corollario, a tarda sera, sputi e urla contro il deputato Walter Rizzetto, uno dei nove fuoriusciti che — con una delegazione — stava andando alla sede del Pd per le consultazioni sul Colle.
Un gruppo di militanti lo accerchia gridandogli: «Venduto, non eri nessuno, ti devi dimettere». Lui tenta di difendersi: «Non vogliamo nè rubare soldi nè portarci a casa più soldi».
Troppo tardi, la delegittimazione è partita già al mattino, con uno degli esponenti del direttorio — Luigi Di Maio che a Radio 2-4dice: «C’è chi sa comprare bene e chi si vende per poco».
Seguito dalla senatrice Paola Taverna: «testoline vuote vendute per quattro soldi».
E da Carla Ruocco: «Gli avranno dato qualcosa, secondo voi lo fanno gratis?».
Così, Rizzetto è costretto a ripiegare verso la Camera, inseguito dagli attivisti e scortato dalla polizia.
Quasi a conferma del clima irrespirabile che gli “scissionisti” avevano denunciato in conferenza stampa.
Leggendo un discorso scritto, con la voce rotta dall’emozione, Mara Mucci aveva parlato di «violenza verbale in un clima cupo fatto di sospetti e intrighi».
A guardarla, tra gli altri, il vicecapogruppo pd Ettore Rosato e il fittiano Rocco Palese, da giorni letteralmente incollato ai 5 stelle.
Oltre a molti senatori già fuoriusciti e al falco Federico D’Incà , fermo sulla porta. «Non accettiamo le decisioni di un direttorio nominato dall’alto e un blog dove si ratificano scelte decise altrove — ha detto la deputata di Imola — tra non capire e rimanere in silenzio abbiamo scelto di ribellarci ancora una volta».
I militanti della sua città chiedono che si dimetta, così come fanno i friulani per Rizzetto e Prodani.
Insieme a loro, sono usciti Tancredi Turco, Samuele Segoni, Eleonora Bechis, Gessica Rostellato, Marco Baldassarre, Sebastiano Barbanti (alla fine in lacrime).
Mentre il senatore Francesco Molinari formalizzerà il suo addio dopo l’elezione del capo dello Stato.
Volevano partecipare in modo trasparente all’elezione del presidente, i deputati di “Alternativa libera” — si chiameranno così — per questo avevano deciso di andare alle consultazioni al Nazareno. Li ha bloccati una rabbia montata in rete e in Parlamento.
Grillo e Casaleggio — da parte loro — lasciano filtrare «sollievo» per i nuovi addii.
Per i diarchi, i fuoriusciti erano solo «una spina nel fianco ».
Carlo Sibilia — altra voce del direttorio spiega a Repubblica: «Io non accuso nessuno, il Movimento è per tanti, ma non per tutti. Devi lavorare di più, per la metà dei soldi, continuamente attaccato dai media. È chiaro che si sono inventati un casus belli, ma avevano il nome, l’invito da Renzi: era già tutto deciso».
Quanto alle motivazioni: «Non reggono. Cos’ha espresso la notte dell’onestà se non bellezza? Il movimento va bene, i sondaggi vanno bene, la deriva autoritaria è pura fantasia».
Reazioni del tutto diverse dall’autocritica che auspica un esponente di spicco del Movimento come il sindaco di Parma Federico Pizzarotti.
Il primo cittadino — parlando con i suoi — chiarisce di non aver fomentato alcuna scissione: «Sono persone con cui parlo, non li ho incitati a fare alcunchè».
E però: «Se continua a uscire della gente è perchè a Roma non si risolvono i problemi. Questa continua emorragia va fermata».
Il ragionamento è semplice: non si può più dire che sia una questione di soldi, può valere per qualche persona, non per 40.
«Se se ne vanno è chiaro che il tema è più ampio, che ci sono dei problemi che è ora di affrontare ».
Per ora, l’unico modo in cui i vertici intendono farlo è la strategia. Non è un caso che abbiano deciso proprio ieri di fare congiunta e quirinarie (passaggi la cui mancanza era stata criticata dai dissidenti).
Sul nome di Prodi restano divisi, ma ieri i contatti con Sel erano frenetici e ormai ostentati (il grillino Cecconi che parla con il loro capogruppo Scotto, Nichi Vendola che chiama Pier Luigi Bersani).
Alla mail inviata ai parlamentari pd da Grillo e Casaleggio hanno risposto solo in sei (per paradosso molti non l’hanno neanche vista, «la mail della Camera è piena di spam», racconta un democratico).
Quattro di questi — pubblicati sul blog — hanno scelto Prodi.
Il nome del professore resta in campo, insieme ad altri tre la cui scelta — forse — sarà lasciata all’assemblea.
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply