LE CARTE SVELANO IL BLUFF DELLA PROCURA DI RAGUSA CONTRO LA MARE JONIO: NESSUNA PROVA DI UN ACCORDO PREVENTIVO CON LA MAERSK PER IL PAGAMENTO DEL TRASBORDO DI MIGRANTI
E LA ROTTA SEGUITA DALLA NAVE L’11 SETTEMBRE SMENTISCE LA TRATTATIVA… SI EVIDENZIA IL FATTO CHE MEDITERRANEA AVESSE DEI DEBITI: CHI FA SALVATAGGI IN MARE E’ OVVIO CHE LI ABBIA, SOLO GLI EVASORI NON NE HANNO
Quali elementi hanno raccolto gli inquirenti di Ragusa a sostegno dell’accusa per la piattaforma civica Mediterranea, ossia aver accettato il trasbordo dei 27 migranti dalla Maersk Etienne solo dietro la promessa di un pagamento in denaro?
E cosa emerge da tre mesi di intercettazioni dei telefoni di Alessandro Metz e Beppe Caccia (armatori della società Idra social shipping, che possiede il rimorchiatore Mare Jonio) e di quello del comandante Pietro Marrone, che era al timone della nave italiana lo scorso 11 settembre?
La lettura delle 41 pagine del decreto di perquisizione e sequestro del 25 febbraio, disposto dai pubblici ministeri Fabio D’Anna e Santo Fornasier, e della corposa memoria difensiva presentata al Riesame dagli avvocati degli otto indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (il Tribunale ha confermato il sequestro dei cellulari e dei computer, rigettando l’istanza), consente di avere un primo quadro.
Che va oltre gli stralci di conversazione finiti sui giornali, ma che, decontestualizzati, poco dicono sulla solidità dell’inchiesta siciliana. Con ordine, dunque.
L’accordo preventivo coi danesi (senza prove)
Il trasbordo dei 27 naufraghi avviene l’11 settembre in zona Search and Rescue di competenza maltese, dopo 38 giorni di stallo durante i quali alla petroliera danese Maersk Etienne è stata negata l’autorizzazione allo sbarco.
La Mare Jonio salpa da Licata il 10 settembre. Secondo la procura, la partenza è preceduta da due giorni di trattative tra il capomissione Beppe Caccia e manager della Maersk sulla cifra del compenso. Due mesi e mezzo dopo (il 30 novembre) sul contro della Idra vengono bonificati 125.000 euro bonificati.
Le intercettazioni, però, cominciano solo a partire dal 19 settembre, quindi gli inquirenti non hanno prove dirette dell’ipotizzato do ut des.
Vanno per deduzione, basandola su tre circostanze: 1) l’analisi dei tabulati mostra che l’8 settembre intercorrono diverse telefonate tra l’utenza di Caccia e un numero danese, “del quale però – ammettono i pm – non è stato individuato l’utilizzatore”; 2) un sms tra Caccia e Tommy Thomassen, direttore tecnico del Reparto Tankers Maersk datato 10 settembre; 3) un tentativo di chiamata tra i due, della durata di 4 secondi, registrato l’11 settembre “in significativa concomitanza con la partenza della Mare Jonio dal porto di Licata”.
Tre elementi che, tuttavia, non reggono all’evidenza dei fatti.
Intanto il fantomatico numero non identificato non appartiene all’enturage della Maersk, ma a Maria Skipper Schwenn, direttrice esecutiva della Danish Shipping, associazione di armatori danesi in quei giorni promotrice di appelli alle autorità per sbloccare il caso Etienne che stava procurando un grave danno economico alla compagnia.
Caccia – come gli avvocati Serena Romano e Fabio Lanfranca documentano nella memoria difensiva – l’8 settembre ha inviato una mail a Schwenn informandola che a breve sarebbero partiti da Licata per una missione in mare e che era loro intenzione modificare la rotta per “portare acqua e rifornimenti” ai naufraghi e all’equipaggio della Etienne.
Le successive otto telefonate sono in entrata: non è Caccia che chiama, ma è Schwenn che telefona “al fine di concordare le modalità del supporto alla Maersk e veicolare un contatto”, sostengono i legali.
Nè si può pensare che l’sms del 10 settembre contenga i termini di una trattativa economica, visto che si tratta di una notifica dell’operatore telefonico.
Infine, il successivo tentativo di chiamata dell’11 settembre a Tommy Thomassen della Maersk non avviene affatto “in significativa concomitanza con la partenza della Mare Jonio da Licata”, essendo il rimorchiatore salpato il giorno prima.
Come si evince dal giornale di bordo. E come gli stessi inquirenti scrivono in altre parti del decreto.
Il cambio di rotta e la versione della Maersk
I magistrati di Ragusa sono convinti che quanto la Mare Jonio lascia le coste siciliane, Caccia abbia già in tasca il patto economico. Se cosi fosse, però, a logica la nave di Mediterranea avrebbe dovuto puntare subito la prua verso sud-est, in direzione della petroliera. Invece punta a sud, verso Lampedusa.
Dal tracciato si nota che il cambio di rotta avviene intorno alle nove di sera, dopo che il comandante della Etienne, Janus Auken, rispondendo a una mail di Caccia, ha chiesto se a bordo della Mare Jonio avessero personale medico qualificato per verificare lo stato di salute dei naufraghi.
La compagnia danese, i cui manager non risultano indagati, nè – curiosamente, sono stati sentiti dai pm, conferma la ricostruzione.
“Si trattava di una situazione umanitaria e vogliamo chiarire che nè prima nè durante l’operazione si è parlato di un compenso economico. Mesi dopo abbiamo deciso di dare un contributo a Mediterranea per coprire i costi che avevano dovuto sostenere in seguito all’operazione. Ciò è stato fatto con la somma di 125.000 euro”. Un bonifico bancario la cui causale non lascia margini di interpretazione: “Services of assistence provided in international waters – september 2020”.
Gli inquirenti mettono in dubbio anche il reale “stato di necessità ” in cui versavano i naufraghi, così come lo ha certificato nei report medici la dottoressa Agnese Colpani dopo la visita a bordo Etienne. Non sono accuse “nuove”, per così dire: sono state mosse anche nell’ambito di altre indagini che hanno coinvolto imbarcazioni delle ong e quasi sempre sono finite in niente.
Ciò che invece è del tutto inedita è l’attenzione investigativa posta sul bilancio di Idra, come se non fosse normale che chi opera salvataggi in mare lo fa in perdita, confidando sui contributi di chi ne condivide le finalità . Se tutte le organizzazione benefiche fossero sospettate di commettere reati perchè salvano persone dalla povertà , non si salverebbe neanche la Caritas.
Da quando hanno messo in acqua la Mare Jonio, infatti, hanno accumulato un milione di euro di debiti. Mantenere la Mare Jonio in mare costa circa 120 mila euro al mese. Mediterranea sul proprio sito web ha pubblicato tutte le spese sostenute con i 125 mila euro della Maersk.
(da La Repubblica)
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