LE IMPRESE NON SCAPPANO PIU’ ALL’ESTERO: NON CONVIENE PIU’
INVERSIONE DI TENDENZA CERTIFICATA DA UNO STUDIO BANCA INTESA: LA DELOCALIZZAZIONE NON SI E’ RIVELATA VANTAGGIOSA ….IL RAPPORTO QUALITA’-COSTO FA RITORNARE GLI ITALIANI DALLA ROMANIA… LA ELECTROLUX APRE A SOLARO UN NUOVO IMPIANTO PER 1.000 OPERAI
Lunedi scorso a Solaro (Mi) è stata inaugurata la nuova piattaforma produttiva per lavastoviglie del gruppo Electrolux: lavoro garantito per 1.160 dipendenti (1.000 operai), produzione di circa 1 milione di pezzi, di cui il 15% destinato al mercato italiano e il resto all’esportazione.
E’ un piccolo segnale, ma significativo: si tratta di un investimento di 40 milioni di euro per produrre un modello innovativo di lavastoviglie.
In Italia si comincia ad assistere a sporadici fenomeni di delocalizzazione inversa.
Si comincia a capire che uno stabilimento nel nostro Paese è sinonimo di “made in Italy” e questo comunque rappresenta un valore in sè.
Che una multinazionale come l’Electrolux decida, in questo momento congiunturale, di scommettere proprio su Solaro, invece che su uno sperduto paesino dell’India o della Romania, con un incontestabile risparmio economico e meno problematiche burocratiche, è sicuramente un buon segnale che non va trascurato.
Il fenomeno è più diffuso di quello che sembri: l’Ufficio Studi di Banca Intesa ha infatti monitorato il fenomeno del ritorno dall’estero all’Italia.
La delocalizzazione ha fatto il suo tempo e si è arrestata: per alcune iniziative imprenditoriali, la delocalizzazione si è rivelata tutt’altro che vantaggiosa.
Un processo si è fermato, dopo gli anni di Timisoara, quando le imprese del Nord trovavano più vantaggioso spostarsi in Romania, dove il costo del lavoro rappresentava un valore frazionale e la burocrazia locale faceva di tutto per attirare capitali e investimenti.
Oggi, complice l’ingresso della Romania in Europa e il livellamento degli stipendi verso l’alto, da Timisoara gli italiani vanno via e tornano a casa.
Alla base della scelta, secondo lo studio di Banca Intesa, la valutazione del rapporto costo-qualità , una più attenta selezione dei fornitori (e la loro prossimità ) e anche la delusione per molti investimenti andati male. Significativo il caso recente della Dainese, produttrice delle tute per moto, che aveva annunciato lo smantellamento dell’impianto di Vicenza e il suo trasferimento in Tunisia.
Salvo poi affrettarsi a comunicare che le tute per i campioni del mondo continueranno a essere prodotte in Italia.
Il made in Italy evidentemente ha più valore di certe operazioni al risparmio. Un elemento su cui tante industrie italiane finalmente cominciano a riflettere.
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