“LE PORTE TAGLIAFUOCO HANNO FUNZIONATO, E’ IL VENTO CHE CI HA FREGATO”
CINQUE ORE DI INTERROGATORIO DEL COMANDANTE GIACOMAZZI
“Nella prima ora, tra le tre e mezzo e le quattro del mattino (del 28 dicembre, ndr), abbiamo cercato di controllare l’incendio ma il vento forte ce lo ha impedito. Le porte tagliafuoco della nave hanno tenuto, sono 160, altrimenti, proprio per il vento, le fiamme si sarebbero mangiate tutto il traghetto in poco tempo”.
Sono le due mezzo del mattino del 31 dicembre. Il comandante Argilio Giacomazzi è appena sceso dalla San Giorgio dopo tre giorni in balia di mare forza 8 e fiamme e subito, con vestiti di fortuna offerti dal personale della capitaneria di Porto, si mette a sedere davanti al procuratore di Bari Giuseppe Volpe, il sostituto Ettore Cardinali e due ufficiali della Capitaneria di porto per ricostruire i tre giorni più brutti della sua lunga carriera. È un comandante esperto, Giacomazzi, 62 anni, a fine carriera, e nella sua lunga vita in mare gli era già capitato di fronteggiare situazioni di emergenza.
L’esperienza, mettiamoci pure anche un po’ di fortuna, gli hanno sempre consentito di avere ragione di bufere, mare mosso, avarie. Nulla di paragonabile, però, a quello che si è scatenato la notte tra il 27 e il 28 dicembre poche ore dopo la partenza da Igoumenitsa. Un mix di vento a 50 nodi, tempesta, onde e bufera con mare forza 8 assolutamente eccezionale.
L’interrogatorio è durato 5 ore
“Il verbale è secretato — dice l’avvocato Alfredo Lonoce del foro di Lecce — quello che posso aggiungere, come ha detto Giacomazzi, è che da parte nostra c’è la massima collaborazione per ricostruire l’accaduto. Abbiamo messo a disposizione i documenti sopravvissuti. Ma soprattutto la scatola nera del traghetto saprà essere la più fedele testimone di quei tre giorni.Soprattutto delle prime ore. Certo — mette le mani avanti l’avvocato — è importante che la magistratura italiana possa ispezionare il relitto prima che la scena possa essere ulteriormente inquinata”.
La tappa forzata, causa maltempo, del Norman Atlantic, nel porto albanese di Valona non depone esattamente in questo senso.
Il traghetto, in ogni caso, è sotto sequestro dell’autorità giudiziaria italiana. L’interrogatorio finisce alle sette e mezzo del mattino. Il clima è stato sereno. “Grande rispetto per la difesa e per l’indagato”, ringrazia l’avvocato Lonoce.
Giacomazzi può finalmente tornare a casa. Non era scontato: indagato per omicidio, disastro e lesioni colpose, la procura di Bari avrebbe anche potuto decidere di trattenerlo con un provvedimento di fermo.
Si vede che almeno per ora la procura si ritiene soddisfatta per gli elementi messi a disposizione. Quella che segue è la ricostruzione parziale di alcuni dei passaggi chiave dell’interrogatorio.
L’ALLARME
Quella della navigazione è una materia molto complessa oltre che tecnica.
Per questo il procuratore Volpe ha voluto accanto a sè due ufficiali delle Capitanerie di porto. Il Norman Atlantic ha lasciato il porto di Igoumenitsa a mezzanotte e mezza di sabato sera. Il may day, il segnale di richiesta di aiuto, è partito alle 4 e mezzo del mattino di domenica quando il traghetto era ancora in acque greche ma le autorità elleniche non hanno mosso un dito perdendo così le prime ore preziose per evitare che la situazione, come poi è successo, potesse degenerare.
Il primo allarme sul Norman, “quello riservato all’equipaggio” scatta quindi intorno alle 3 e mezzo del mattino.
Anche il comandante è convinto che l’incendio sia partito dalla zona garage. Ma in questo sarà essere precisa la scatola nera.
“Nei primi 45 minuti non è stato dato l’allarme ai passeggeri perchè — ha ricostruito Giacomazzi — eravamo convinti di poter tenere la situazione sotto controllo ed evitare il panico a bordo”.
Spesso i sensori antincendio sono molto sensibili, scattano anche solo per un sigaretta. Ma non era così. “Abbiamo azionato i sistemi antincendio, entrambi, lo spinkler (specie di docce che sputano acqua dal soffitto, ndr) e la fuamite, la schiuma sparata per mangiare e sottrarre ossigeno alle fiamme. Ma non è stato sufficiente. A quel punto, allora, abbiamo lanciato il may day e dato l’allarme ai passeggeri”.
LE PORTE TAGLIAFUOCO
Il comandante su questo punto non ha avuto dubbi. “Il sistema — ha detto – ha tenuto altrimenti, con il vento a 50 nodi, di quella nave non sarebbe rimasto più nulla in poche ore”.
Le fiamme e il calore, infatti, avrebbero “camminato” non attraverso le porte ma dai soffitti e dalle pareti esterne del traghetto.
Anche le immagini della Marina Militare sembrano confermare questa dinamica. E la verifica a Patrasso il 19 dicembre che ha denunciato sei mancanze tecniche?
Giacomazzi su questo punto non ha avuto dubbi: “Il controllo del registro navale greco ha osservato alcune deficiencies che sono state subito riparate. Circa la porta tagliafuoco, la n.112, il problema riguardava la cerniera che era sporca e dava problemi nel funzionamento. È stata subito sistemata. Ripeto: le porte tagliafuoco hanno fatto tutte il loro dovere. È il vento che ci ha fregato”.
PERCHà‰ LE SCIALUPPE NON HANNO FUNZIONATO
A parte che, viste le condizioni meteo-marine, forse è stato anche meglio così, il comandante Giacomazzi ha precisato che “due scialuppe sono state distrutte dalle fiamme, inutilizzabili dopo poco”.
Le scialuppe possono essere attivate con un sistema remoto elettrico ma anche, ovviamente, a mano “con il freno di bordo”. Il sistema è passato subito in modalità manuale ma chi ci si è buttato sopra, preso dal panico, non ha saputo azionarle.
E’ un passaggio, questo, su cui Giacomazzi e il suo avvocato hanno insistito molto perchè, a proposito dell’accusa di omicidio, l’unica vittima che c’è stata a bordo è il signore greco che avrebbe rifiutato le procedure e s’è buttato sulla scialuppa restando però incastrato.
IL CARICO DELLA NAVE
Il comandante è responsabile “del corretto bilanciamento dei pesi e dei mezzi a bordo della nave”.
Su questo Giacomazzi ha spiegato di “aver disposto in modo bilanciato la sistemazione dei mezzi nel vano garage”. Quindi, secondo il comandante, i 128 camion, le 90 auto, i 2 autobus e la moto erano un peso congruo rispetto alla stazza del Norman.
Il comandante non sarebbe però responsabile (il condizionale è d’obbligo) dei cosiddetti “controlli di caricazione”, cioè della qualità delle merci introdotte, che dipendono invece dal noleggiatore del traghetto, la compagnia greca Anek Lines, e dal Primo ufficiale della nave.
L’eventuale presenza di clandestini sui camion, di cui Giacomazzi non ha mai avuto alcuna informazione, almeno nei primi momenti del disastro, è questione di cui lui in ogni caso non sarebbe responsabile.
IL NUMERO DEI PASSEGGERI
Durante l’interrogatorio sono stati consegnati tutti i documenti sopravvissuti. Anche la lista passeggeri. L’interrogatorio non è stato al momento utile per capire quanta gente era veramente a bordo del Norman Atlantic.
LA MESSA IN SICUREZZA DEI PASSEGGERI
Dalle prime testimonianze pare che l’equipaggio non si sia preoccupato secondo il regolamento della messa in sicurezza dei passeggeri. Su questa domanda Giacomazzi si è limitato a far presente che “gli uomini dell’equipaggio sono stati tutti fin dal primo minuto impegnati su quattro fronti: squadra antincendio; squadra controllo fiamme; una squadra alla lance di salvataggio e un’altra impegnata per il controllo della stabilità della nave”.
Che era il problema più grave: se i pesi nei quattro ponti della zona garage si fossero disarmonizzati, magari perchè i mezzi si erano staccati dalle catene di ancoraggio, il traghetto si poteva inclinare. E sarebbe stata la fine per tutti.
Il Normam invece ha tenuto la linea di galleggiamento. “E questo, signor giudice, con la messa in salvo dei passeggeri — ha concluso il Comandante — è stato il mio unico obiettivo finchè ho tenuto i piedi sulla mia nave”.
Alle sette e mezzo del mattino Giacomazzi è stato fatto uscire da un porta secondaria.
Per andare finalmente a casa. “Una reale ispezione sul traghetto, con relativa perizia, potrà rispondere a tante domande con assoluta certezza” è sicuro l’avvocato Lonoce.
C. Fusani
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