L’INFERNO DELLE PRIGIONI LIBICHE, L’ENNESIMO VIDEO DI DENUNCIA
200 PROFUGHI STIPATI IN POCHE CELLE DOVE DIVIDONO IL PAVIMENTO… E NOI PAGHIAMO GLI AGUZZINI
“Ecco le immagini dell’inferno”. E’ un migrante proveniente dal Marocco a raccontare dall’interno una prigione libica attraverso un video pubblicato su Faceboo.
Si vedono una trentina di uomini stretti in una stanza, stipati a terra e sui letti a castello. “Ci sono 260 marocchini qui a Zuara, liberano gli egiziani, gli algerini, ma noi restiamo qui”, racconto l’uomo che filma.
Lo smartphone inquadra un uomo in piedi su una brandina per cercare aria da una feritoia, poi l’obiettivo si sposta su un bagno di pochi metri in condizioni disumane. “Mi rivolgo al Re per salvare questi ragazzi. Questa è la pena di morte”, continua l’uomo.
Il grido d’aiuto rimbalzato sui social, sulle pagine delle comunità marocchine, ed è arrivato fino a Rabat, il regno è accusato di non fare abbastanza per far uscire dalla prigione i propri connazionali.
E varca anche i confini africani accendendo ancora una volta i riflettori sulle condizioni dei migranti in Libia, dopo il servizio della Cnn che ha documentato la compravendita di subsahariani, indignando l’opinione pubblica mondiale.
“C’è gente che ha malattie croniche e non ha assistenza medica”, continua l’uomo che più volte si rivolge al re del Marocco, Mohammed VI. Non si sa quando il video sia stato girato, ma è stato pubblicato su Facebook il 17 novembre, anche se più fonti garantiscono sia stato realizzato recentemente.
I migranti, dice la voce nel filmato, sono lì da sei mesi, prima dell’accordo Italia-Libia che ha frenato le partenze verso la Sicilia.
Del destino dei marocchini in Libia si è occupato il settimanale marocchino Telquel, che è riuscito a raggiungere al telefono alcuni migranti e i loro familiari.
Sarebbero arrivati in Libia, dall’Algeria, per poi cercare di attraversare il Mediterraneo, ma a Zuara sarebbero stati intercettati da trafficanti di essere umani. “Questi giovani sognavano un avvenire migliore e invece i loro sogni vengono distrutti”, dice il migrante dalla prigione di Zuara. Prima di spegnere lo smartphone e sperare in un intervento del regno marocchino.
(da agenzie)
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