LITE SUI VERTICI: BERLUSCONI STRIGLIA I BIG, MA SALE LA FRONDA
TROPPI GLI SCONTENTI DELLA NOMINA DI TOTI: CON FITTO E LA VECCHIA GUARDIA SONO SCINTILLE
«Io chiudo un accordo storico con Renzi, mi intesto le riforme, mi riapproprio del mio ruolo di protagonista della politica e questi litigano per incarichi e poltrone».
È quasi fuori di sè Silvio Berlusconi, a fine giornata.
Da Palazzo Grazioli è appena uscita una delegazione di dirigenti guidata da Raffaele Fitto e composta da Maurizio Gasparri, Altero Matteoli, Saverio Romano, Gianfranco Rotondi, Daniele Capezzone. E sono scintille, ancora una volta, nello studio al primo piano.
La mattinata il Cavaliere l’aveva trascorsa al fianco di Denis Verdini, in contatto telefonico col quartier generale dei democratici per chiudere la partita sulla riforma elettorale con Matteo Renzi e Maria Elena Boschi.
Telefonata a più riprese, poi l’intesa finale sulla soglia al 37.
Berlusconi al termine è soddisfatto, canta vittoria: «Tutti i piccoli, a destra, se vorranno sopravvivere dovranno unirsi e allearsi con noi» è la facile profezia.
Ma già in quelle ore, a rovinargli la mattinata, la nuova intervista con cui Fitto, a Repubblica, si lancia all’attacco del nuovo «consigliere politico» Giovanni Toti, sollecitando a Berlusconi la nomina dell’ufficio di presidenza previsto dallo statuto del partito.
A ruota, nel giro di poche ore, decine di parlamentari intervengono in sostegno del collega pugliese.
Capezzone, Romano, Rotondi, Sisto, Martinelli. Altri fedelissimi come Michaela Biancofiore quasi insorgono: «Basta lealisti e areatori (riferimento a chi come Toti invoca “aria fresca”,ndr)siamo tutti berlusconiani ».
Ma la miccia ormai è innescata con la notizia che lo stesso Toti sarebbe stato ospite in serata a Porta a Porta.
Consacrazione finale al ruolo di vertice al quale il capo lo ha destinato.
«Quasi quasi chiuderei il portone e non li farei entrare» confida Berlusconi velenoso a Verdini e a altri, dopo aver incassato l’accordo sulla riforma e aver saputo che quelli sarebbero venuti a trascinarlo negli affari di partito che ormai lo annoiano e lo indispongono alquanto.
Il confronto con Fitto, Capezzone e gli altri dura due ore e mezzo e si accende presto. Gasparri e Matteoli rivendicano un riconoscimento per la loro area di provenienza (ex An).
Ma è soprattutto l’ex governatore pugliese, con gli altri, ad alzare il tiro.
Portano al padrone di casa una rassegna stampa completa delle uscite di Toti, gli ribadiscono che «parla come se fosse lui il capo», che non può dettare la linea.
Il Cavaliere minimizza: «Ma no, è solo un consigliere, non gli ho affidato alcun ruolo politico, è solo uno dei miei uomini più fidati a Mediaset che mi sta dando una mano ». Loro ripetono che non si può «bistrattare l’intera classe dirigente, come se non fossimo stati al tuo fianco in questi anni».
Chiedono che tutto questo venga riconosciuto attraverso la nomina a breve dell’ufficio di presidenza che dovrebbe affiancare il leader. E non piuttosto del comitato ristretto pensato a quanto sembra da Berlusconi, da affidare magari alla guida di Toti.
Il capo a quel punto si inalbera e taglia corto: «Nominerò l’ufficio di presidenza presto, forse nelle prossime ore» ma la chiude lì.
Finito il “corpo a corpo” coi parlamentari confesserà che lui invece quel comitato lo ha davvero in testa: «Non voglio rottamare nessuno, ma bisogna rinnovare, come stiamo iniziando a fare».
Sullo sfondo c’è il timore della vecchia guardia che il pallino delle candidature passi proprio a quel comitato e a Toti.
La partita si gioca lì, sul terreno più delicato. A Berlusconi i «ricatti» non piacciono.
E quella visita, dirà poi, in quel senso l’ha interpretata. Una pistola posta sul tavolo in un momento assai delicato.
Fitto è a capo di almeno 17 deputati, poi ci sono gli altri. Nessuno minaccia di andar via. Ma la settimana prossima la legge elettorale si vota in aula e a scrutinio segreto in alcuni passaggi.
In tanti in Forza Italia avrebbero gradito le preferenze, al posto del listino bloccato. Berlusconi sull’intesa si gioca parecchio.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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