L’OPERAIA BERGAMASCA CON 9 MILIONI DI EURO IN SVIZZERA: “NON HANNO TROVATO IL MALLOPPO”
LE RISORSE DERIVATE DAI REATI DEL MARITO DECEDUTO… ORA AVREBBE POTUTO GODERE DEL CONDONO FISCALE DEL GOVERNO
Ad Arcene (Bassa Bergamasca) ancora oggi qualcuno si chiede come facesse Pio Giuseppe Previtali, muratore cottimista, a permettersi le Ferrari e quella reggia.
Ora, le carte del tribunale svelano come prima della sua morte, con tre imprese di cui era amministratore, avesse accumulato, tra fatture false e distrazioni, un giro d’affari di 97 miliardi di lire.
Tra il 1991 e il 1998, ne aveva messo al sicuro una parte a Lugano, i soldi (o per lo meno una parte dei soldi) per i quali ora il pm Nicola Preteroti ha ottenuto il sequestro preventivo ai fini della confisca.
I difensori della moglie Carmen Testa sono sicuri che, in questa battaglia in punta di diritto e senza casi precedenti «ci sia spazio per ribaltare la tesi della Procura – afferma l’avvocato Gabriele Casartelli –. Siamo convinti delle nostre argomentazioni e in parte soddisfatti del risultato al Riesame. Sulla Cassazione stiamo valutando».
Sul caso la Guardia di finanza ci lavora da marzo, da una parte con accertamenti patrimoniali, dall’altra con intercettazioni e sequestri per dimostrare, prima di tutto, come Testa sapesse bene in che modo il marito si fosse arricchito.
«Hanno provato la sua disonestà , però il malloppo non l’hanno trovato», dice al telefono, il 30 maggio 2018, al compagno Rodolfo Arpa, tra i carabinieri del Ros finiti nello scandalo delle operazioni antidroga manipolate.
Sotto accusa, a partire dal ’97, il raggruppamento operativo speciale guidato dal generale Giampaolo Ganzer.
Da richieste di condanne in primo grado fino a 27 anni il processo si è concluso in Cassazione con l’annullamento per prescrizione. Tutti assolti, Arpa compreso (qui non è indagato). «Ma no, diciamo che lei li ha avuti in regalo anni fa… glieli ha regalati suo marito anni fa, basta», il suggerimento che Testa, sempre ad Arpa, confida di avere ricevuto da un avvocato sui soldi svizzeri.
Nel corso di un’altra telefonata tra i due, prima dell’interrogatorio del 14 giugno 2018 con il pm, Testa «temeva l’indagine in corso proprio per quanto riguardava l’aspetto della provenienza della somma oggetto di voluntary», rileva il gip.
«In quel periodo portavo nel baule della macchina mio marito per fargli vedere i figli», altra telefonata con Arpa, a dimostrazione (per l’accusa) della complicità con Previtali.
Ci sono inoltre i documenti sulle società coinvolte nella bancarotta ritrovati dai finanzieri in un’intercapedine della stanza della nonna, la madre di Testa, nella villa di Arcene. È la stessa sessantenne a svelare il nascondiglio parlando con la figlia Laura l’11 giugno. Eppure, dai discorsi con Arpa si intuisce che sospettavano di essere intercettati.
Dunque sapeva, Testa. E, anche per i giudici del Riesame, lei che sulla carta era operaia, non avrebbe mai potuto mettere da parte da sola tutti quei soldi.
Il gruzzolo svizzero, calcola la Finanza, è pari a circa il 15.000% dei 66 mila euro di reddito annuo medio dichiarati tra il 1998 e il 2010. Una bella sproporzione.
(da “il Corriere della Sera)
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