MONTI: “SULLE PENSIONI HO SOFFERTO, MA ERANO A RISCHIO I PAGAMENTI DEGLI STIPENDI STATALI E DELLE PENSIONI”
PER LE MODIFICHE ESISTONO POCHI MARGINI: “GLI ITALIANI CAPIRANNO”… “PER DECENNI LA POLITICA HA GUARDATO SOLO AL CONSENSO E NON AL FUTURO DELLE NUOVE GENERAZIONI”
«Il motto di mia madre era: alla larga dalla politica! Ma a un certo punto è stata la politica a venire da me».
Seduto davanti a Bruno Vespa, Mario Monti affronta per la prima volta da premier le luci di un salotto tv.
Spesso tagliente, non si commuove come la Fornero, eppure persino l’algido professore confessa un momento di «difficoltà » quando si parla dei tagli alle pensioni: «Devo essere sincero, quando abbiamo capito che bisognava chiamare a contribuire anche i pensionati ci siamo sentiti molto in difficoltà e ci siamo convinti che era il caso di chiamare a contribuire anche chi aveva usufruito dello scudo fiscale».
E tuttavia Monti non si pente di nulla, anzi ammette che la manovra è quasi inemendabile. «Il parlamento è sovrano, ci mancherebbe, ma il tempo è poco e il margine di flessibilità pochissimo».
Non bisogna infatti dimenticare che fino a pochi giorni fa «c’era il rischio molto concreto che lo Stato non potesse più pagare gli stipendi pubblici e le pensioni. L’esempio di quello che poteva accadere è la Grecia. Guardando l’andamento dello spread si poteva vedere la Grecia a tre mesi di distanza ».
Questo a causa di mercati «imbizzarriti», che si sono trasformati in «bestie feroci» che vanno ora «domate» riformando l’eurozona.
Certo, ora i sindacati annunciano lo sciopero, i partiti chiedono modifiche. Ma il premier non sembra disposto a tornare sui suoi passi. «Le proteste le capisco, le reazioni sono giustificate», dice.
Salvo aggiungere che «in passato si è scioperato per molto meno » e comunque «gli italiani capiranno le nostre scelte, spero che si capirà in che condizioni era l’Italia prima che ci venisse affidato l’incarico».
La medicina è amara, tuttavia «meglio così che se ci fossimo continuati a cullare nell’illusione che si potesse andare avanti in questo modo».
Oltretutto «l’equità » della manovra, che viene sempre richiamata in questi giorni, per Monti andrebbe valutata anche pensando alle future generazioni: «Se i giovani non trovano lavoro è anche perchè finora il mondo politico ha sempre caricato sulle spalle di chi ancora non era nato il peso di un enorme debito pubblico».
Quando parla di politica il “tecnico” Monti usa pochi riguardi verso chi lo ha preceduto. «Il vero costo della politica non è quello delle auto blu o degli apparati. Oggi infatti stiamo pagando il costo di decenni in cui la politica ha guardato solo agli immediati interessi elettorali dei partiti e non alle future generazioni. È questa la marcia che vogliamo cambiare».
Per dimostrare che il “tecnico” non si cura del consenso, Monti fa spallucce quando Vespa gli fa notare che ha perso 9 punti percentuali di fiducia. «Solo nove? Allora dovevo farla più dura».
Per tagliare i costi della politica, un punto sul quale è stato criticato per l’eccessiva timidezza, il premier annuncia quindi la creazione di «una task force, aperta ai giornalisti esperti di queste tematiche, per procedere a ritmo spedito».
Riguardo all’agenda dei prossimi mesi, Monti conferma l’imminente apertura del «cantiere» del lavoro. Di fatto annunciando l’intenzione di abolire l’articolo 18.
La concertazione «sarà essenziale », ma «è chiaro che certe riforme devono essere fatte attraverso la modifica dello Statuto.
Oggi il tema è combinare meglio la flessibilità da parte delle imprese, con una sicurezza legata non al mantenimento di “quel” posto di lavoro, ma alla sicurezza del lavoratore ».
È il concetto di flex-security danese, di cui in Italia è alfiere il senatore Pd Pietro Ichino.
Durante i 40 minuti di diretta, Monti si difende anche dalle critiche per aver accettato l’invito di Porta a Porta: «Io sono qui – esordisce – non per far piacere a lei ma per dare risposte ai cittadini».
Si spengono le luci, Monti si allontana mentre Passera e Grilli si accomodano sulle poltroncine bianche di Vespa.
«Adesso, se permettete – dice in ascensore – mi vado a godere i miei ministri in televisione».
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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