NCD, NCD, NCD ALFANO PUNTA FORTE SULLA LOBBY DELLE SLOT
SUL REGALO ALLE SOCIETà€ DEI GIOCHI, CHE ADESSO PURE LETTA DICE DI VOLER CANCELLARE, CI SONO SOLO IMPRONTE DIGITALI DI ESPONENTI DEL CENTRODESTRA: ECCO COME È ANDATA
Nuovo Centro D’Azzardo. Ncd. Il partito di Angelino Alfano ma anche di Federica Chiavaroli, la cui mano ha inserito nel decreto salva-Roma il fatidico subemendamento 20 quater per punire i comuni che a loro volta puniscono il gioco, e poi di Claudio Azzollini, presidente della commissione Bilancio al Senato e indagato per truffa e associazione a delinquere per i lavori nel porto di Molfetta, e infine di Alberto Giorgetti, sottosegretario all’Economia con la preziosa delega ai giochi.
La filiera dell’ultimo, scandaloso favore alle concessionarie di slot machine è tutta nel partito degli scissionisti ex diversamente berlusconiani.
Una tenaglia che si è stretta dal governo (Giorgetti) e dalla commissione Bilancio di Palazzo Madama (Azzollini e e Chiavaroli).
Spiega una gola profonda della commissione al Fatto : “Nella nostra anticamera, per tradizione, bivaccano i lobbisti del gioco d’azzardo. Tutti i giochi, è il caso di dirlo, si fanno da noi e non escludo che alcuni miei colleghi siano a libro paga di queste società ”. Accuse e allusioni pesantissime.
Poi il sospetto finale: “Il partito di Alfano è appena nato e non hanno più Berlusconi che caccia i soldi”.
Renato Brunetta, capogruppo forzista alla Camera, la gira in un altro modo: “Perchè il Nuovo Centrodestra tifa per le slot? Fanno riferimento ai valori del Ppe o ad altri valori?”.
In realtà , sul gioco d’azzardo, tra i partiti il più pulito c’ha la rogna, come si dice a Roma. Il sottosegretario Giorgetti, per esempio, si occupava di slot anche quando era nel governo Berlusconi, in quota An.
Sotto la sua supervisione presero piede le videolottery, i win for life, i bingo online.
Nel marzo scorso, a Rimini, alla fiera degli apparecchi da gioco si spellarono le mani per Giorgetti: “I numeri della ludopatia sono sovrastimati rispetto alla realtà , state subendo una demonizzazione e una denigrazione senza precedenti”.
Centrodestra o larghe intese poco importa. Quando il gioco si fa duro Giorgetti è lì a sorvegliare.
Senza dimenticare che la fu An è un partito che ha dato tantissimo alla causa dei biscazzieri: il famigerato Corallo, oggi in disgrazia con Bplus, poteva contare su Amedeo Laboccetta e un fedelissimo finiano, Checchino Proietti.
In Parlamento la lobby delle dodici società del gioco (Cirsa, Codere, Cogetech, Gament, Gamtica, Gtech/Lottomatica, Hbg, Intralot, Nts Network, Net Win, Snai e Sisal) non si limita solo a dispensare finanziamenti legali ai partiti e a suggerire emendamenti cruciali ma è in grado di stroncare carriere.
Esemplare il caso di Raffaele Lauro, prefetto ed ex senatore del Pdl. Lauro, come ha raccontato il Fatto nel gennaio scorso, ha condotto una guerra solitaria contro le lobby delle slot.
La sua ultima sconfitta fu con Monti, un anno fa.
L’allora senatore del Pdl convinse il premier a varare norme antimafia per “la trasparenza proprietaria delle società concessionarie e dei gestori del gioco d’azzardo”.
Il provvedimento fu ritirato e Lauro non fu più ricandidato alle politiche di febbraio. Disse: “Sono stato escluso dalle liste con metodi gangsteristici. Hanno vinto le mafie del gioco”. Lauro venne convocato da Quagliariello, oggi ministro di Ncd all’epoca vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato, con questo motivo: “Berlusconi vuole parlarti a quattr’occhi”.
Ma B. non chiamò e Lauro chiese spiegazioni a Quagliariello, che gli disse: “Il problema sono le tue iniziative sul gioco d’azzardo. Alcune società minacciano di non fare più pubblicità su Mediaset”.
Chissà se lo stesso destino aspetta il povero senatore Riccardo Nencini, leader socialista alloggiato nel Pd.
Anche Nencini, un mese e mezzo fa, ha provato a far aprire gli occhi ai suoi colleghi sul gioco e sulla legge di stabilità : “Se aumentiamo la tassazione possiamo guadagnare 7 miliardi da impiegare nelle pensioni minime”.
Altra voce clamante nel deserto. Nencini è stato il primo ad accorgersi del subemendamento Chiavaroli, l’altro giorno in aula.
Un favore da 150 milioni di euro che sarebbe stato superfluo se il governo avesse avuto le palle d’acciaio di costringere le concessionarie alla sanatoria per evasione da 600 milioni.
Poi Renzi si è buttato sulla questione e ha parlato di “porcata”, dopo che il suo partito l’aveva votata. Imbarazzante.
Adesso lui e Letta hanno promesso di voler rimediare.
Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano“)
Leave a Reply