NEL “PORTO SICURO” DI TRIPOLI DELLE BALLE SALVINIANE SI COMBATTE, AL SERRAJ NON PUO’ RECARSI A NEW YORK PERCHE’ SE SI MUOVE RISCHIA DI ESSERE UCCISO
SOLO UNO STATO RAZZISTA PUO’ RICONSEGNARE I PROFUGHI A UN PAESE DOVE PERSINO IL PRESIDENTE NON PUO’ USCIRE DAL BUNKER DOVE STA NASCOSTO… NEI LAGER STUPRI E SEVIZIE PERSINO NEI CONFRONTI DI BAMBINI : SONO SULLA COSCIENZA DEI POLITICI RAZZISTI INFAMI
Un primo ministro costretto ad annullare la sua partecipazione all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, per motivi di sicurezza: se esce dal suo bunker e prova a raggiungere l’aeroporto rischia la vita.
Un inviato speciale delle Nazioni Unite che pur sapendo che al Palazzo di Vetro uno dei temi centrali delle assise sarà proprio la crisi libica, dovrà rinunciare a parteciparvi per le stesse ragioni di al-Serraj; motivi di sicurezza. Prigionieri a Tripoli.
Il cessate il fuoco in Libia “è incrinato da continui ritorni di scontri con vittime”, rimarca il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, intervenendo, ieri sera, alla festa del Lavoro di Articolo Uno e LeU a Roma.
Per l’Italia, ha aggiunto, “l’interesse principale è la stabilizzazione della Libia” e in questo senso “parliamo con il governo riconosciuto dalla comunità internazionale, ma bisogna parlare anche con gli altri”.
Tripoli è tornata ad essere un campo di battaglia: le violenze che da venerdì interessano la zona di Trek al Matar, dove si trova la strada che porto all’aeroporto di Mitiga, hanno costretto al-Serraj ad annullare la sua partecipazione all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e a concentrare le forze rimastegli fedeli a presidio dell’area di Tripoli dove sono concentrati il palazzo presidenziale e gli altri uffici governativi. .
Il presidente dell’Alto Consiglio di Stato libico, Khalid al Mishri, ha incontrato l’altra sera a Tunisi gli ambasciatori di Regno Unito, Paesi Bassi, Canada e Cina, oltre ad un rappresentante della Banca mondiale.
Secondo quanto riferito dall’ufficio stampa del Consiglio di Stato “i colloqui si sono concentrati sulla situazione della sicurezza in Libia e sui recenti sviluppi politici nel paese, oltre che sul programma di riforme economiche adottato dal governo di accordo nazionale”.
Un’istituzione che, in maniera specifica, si presta da “contraltare” alla Camera dei rappresentanti di Tobruk, il parlamento monocamerale libico che si riunisce in Cirenaica. Ed è, secondo la “road map” tracciata dall’inviato delle Nazioni Unite, Ghassan Salamè, quell’organo fondamentale per far in modo che i membri delle due istituzioni si adoperino a trovare un’intesa per modificare l’accordo politico attuale e arrivare ad elezioni parlamentari e presidenziali.
Nel sud di Tripoli non c’è più tregua: i pesanti combattimenti tra la Settima brigata e le Forze speciali di deterrenza (Rada) vanno avanti ormai da due giorni. Il bilancio è di almeno 111 morti e 33 feriti.
La Settima brigata accusa le forze Rada di aver attaccato le sue postazioni nella zona sud, sulla strada dell’aeroporto, e chiedere al Governo di accordo nazionale di intervenire per fare rispettare la tregua. Il maresciallo Khalifa Haftar, capo delle forze armate che controllano la Cirenaica, è pronto a intervenire anche in Tripolitania per “portare ordine”.
Nel frattempo, oltre 450 famiglie hanno lasciato il sud di Tripoli e sono state accolte in alcune scuole allestite a Tagiura, nell’est.
La Mezzaluna rossa e le autorità sanitarie di Tripoli hanno invitato i civili che abitano nell’area degli scontri a restare nelle proprie case.
A renderlo noto è l’agenzia di stampa ufficiale Lana, secondo cui i residenti sono stati invitati a non lasciare le proprie abitazioni “fino all’arrivo delle squadre di emergenza”.
Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), quasi 20mila persone risultano sfollate nella capitale libica in seguito agli scontri cominciati il 26 agosto nel sud della città , che hanno provocato almeno 96 morti (compresi oltre 30 civili) e 444 feriti.
Il maresciallo Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito nazionale libico, ha negato qualsiasi collegamento tra le proprie forze e i gruppi armati in conflitto nella capitale ma non ha escluso un intervento futuro.
La marcia su Tripoli – ha raccontato durante un incontro con alcuni leader tribali – avverrà in “modo tempestivo e a tempo debito”, sottolineando che tutti i gruppi armati saranno perseguiti “secondo la legge”. La situazione sta sempre più precipitando, al punto che Onu di adottare misure “più ferme ed efficaci” per proteggere la popolazione civile.
Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha lanciato l’allarme per le crescenti violazioni del cessate il fuoco in Libia.
Facendo appello a tutte le parti coinvolte nel conflitto per il rispetto della tregua annunciata il 4 settembre, Guterres ha chiesto lo stop di “ogni azione che potrebbe aumentare le sofferenze dei civili”.
“Chi viola il diritto internazionale deve essere chiamato a risponderne”, ha detto il portavoce Stephane Dujarric. La situazione dei serbatoi di stoccaggio del petrolio in Libia è “catastrofica e pericolosa” perchè i serbatoi vengono spesso utilizzati dalle milizie rivali per nascondersi e vengono distrutti.
L’avvertimento arriva dal presidente della Noc, la National Oil Corporation, Mustafa Sanalla, che in un video illustra le condizioni dovute ai continui combattimenti nel Paese.
Risultano operativi solo tre serbatoi di stoccaggio del petrolio, ha detto, mentre altre tre sono stati danneggiati. “La guerra del 2014 ha danneggiato nove serbatoi su 15 e in questi giorni ne abbiamo persi altri tre, e solo tre sono rimasti”, ha dichiarato il , precisando che la capacità operativa è ora pari solo al venti per cento. Sanalla ha quindi rivolto un appello alle milizie rivali, perchè smettano di combattere e non usino i serbatoi di petrolio per ripararsi.
L’inviato dell’Onu, in sintonia con le posizioni italiane, sottolinea che le elezioni sono un passaggio cruciale per la stabilizzazione della Libia, lanciando così un messaggio di apertura ad Haftar e ai suoi sostenitori, interni ed esterni.
Lo stesso Haftar, come rivelato da HuffPost, nell’incontro di Bengasi con il capo della diplomazia italiana, ha mantenuto su questo il punto, “con me ho l’85 dei libici”, ma ha aperto sulla possibilità di uno slittamento, a patto che la data definitiva e vincolante fosse indicata, magari nella stessa Conferenza sulla Libia che l’Italia vorrebbe convocare, probabilmente in Sicilia, a metà novembre (sedi possibili Sciacca o Taormina)
Ma se la data dovesse slittare di qualche mese — primavera 2019 — gli uomini del generale che controllano il parlamento di Tobruk, indicano ad HuffPost due condizioni irrinunciabili: 1) che a gestire la fase di transizione sia un comitato di garanzia nazionale e non l’attuale esecutivo a guida Sarraj; 2) che l’approvazione della Costituzione sia successiva al voto.
Più che da militare, l’Haftar che ha incontrato Moavero “parlava come un presidente in pectore, conciliante, aperto a farsi carico delle preoccupazioni italiane”, confida ad HuffPost una fonte diplomatica bene informata. perchè in ballo non ci sono “solo” gli affari (una torta, tra petrolio e ricostruzione, calcolata in oltre 130 miliardi di euro), ma anche sicurezza e migranti.
E una tragedia umanitaria che è sempre più apocalittica. Sono “atrocità indicibili” quelle a cui vengono sottoposti migranti e rifugiati che vivono a Tripoli. Lo denuncia l’Unhcr, l’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite. I pesanti scontri nella capitale della Libia hanno portato a un “drastico deterioramento” della situazione sia dei migranti che vivono nelle aree urbane, sia dei richiedenti asilo in stato di detenzione.
L’Unhcr riferisce di stupri, rapimenti e torture, perpetrate anche a danno di bambini. Una donna ha raccontato che criminali sconosciuti hanno rapito suo marito, l’hanno violentata e hanno torturato suo figlio di un anno. Il bambino – stando al racconto della donna – sarebbe stato denudato e molestato sessualmente dai criminali.
Molti rifugiati erano detenuti in aree vicine agli scontri e a rischio di essere colpiti dai razzi. “Migliaia sono fuggiti dai centri di detenzione, in un disperato tentativo di salvare le loro vite”, riferisce l’agenzia, che da sempre “si oppone alla detenzione di rifugiati e richiedenti asilo” ma è presente ovunque si trovino per fornire loro assistenza
L’Unhcr chiede con fermezza che vengano messe in atto alternative alla detenzione, compreso l’uso immediato della struttura di raccolta e partenza a Tripoli, che fungerà da piattaforma per raggiungere la sicurezza in paesi terzi e che sarà gestita dal Ministero degli interni libico e dall’Agenzia Onu.
La struttura, già pronta per l’uso, può ospitare 1.000 rifugiati, vulnerabili e richiedenti. L’Unhcr chiede inoltre “una forte azione istituzionale per colpire i trafficanti responsabili”.
Quella delle torture ai danni di donne e bambini non è l’unica denuncia che ha fatto l’Alto Commissario Onu per i rifugiati. (Unhcr). Ha fatto sapere anche di avere “affidabili informazioni” sul fatto che scafisti e trafficanti di esseri umani si spaccino per agenti delle Nazioni Unite in Libia.
In questo modo riescono ad arrivare più facilmente ai migranti. L’Unhcr sostiene che ciò avvenga in diverse parti del Paese nordafricano.
“Questi criminali sono stati individuati a punti di sbarco e ai crocevia dei traffici, sono stati visti con giubbotti e oggetti con le insegne simili a quelle dell’Alto Commissariato”, ha dichiarato l’Agenzia attraverso un comunicato.
Le informazioni in questione arrivano in parte da “rifugiati che dicono di essere stati venduti a trafficanti in Libia e sottoposti a maltrattamenti e torture, a volte dopo essere stati intercettati in mare”.
(da “Huffingtonpost”)
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