NIBALI, COME UN UOMO PIEGA LA STORIA AL SUO VOLERE
DATO PER SPACCIATO, IN 48 ORE IL SICILIANO TORNA A VOLARE ED ENTRA NELLA LEGGENDA DEL CICLISMO
La differenza sostanziale è un’altra. E’ la biologia, è il passaporto, è la fatica.
Il momento magico che accade solo ad un certo punto e dura davvero un momento. La differenza la fa lo sguardo, l’occhiata fugace che calcola in un secondo millenni di storia della tecnica e della tecnologia.
Il rapporto, il cielo e l’asfalto che adesso si squaglia e adesso si gela. Il dettaglio, l’audacia, il senso stretto delle cose.
Tirare in salita, volare in discesa, spingere aria nei polmoni e sospirare per sospirare, come in un amplesso. Vivere e morire quando i due termini prendono lo stesso significato, dolce e amaro, cadere, rialzarsi per costringersi ad esistere.
La letteratura è un capriccio sdraiato in terra sul ritmo del ciclismo.
Ce l’eravamo scordata questa cosa, sospirata malamente nelle spine della memoria, piano piano, come una metafora maldestra che si recita davanti al mare all’innamorata. Oggi un uomo, definitosi tale da se stesso nel momento della caduta, ce l’ha ricordata. C’è un uomo nel mare che vale più di mille lire.
Un uomo che ha la faccia del colore della maglia che indossa.
Un meridionale, uno che ha aggiustato l’accento in Toscana, ma che ha i geni siciliani, quindi africani, un uomo che sa volare, e che è ciò che l’Italia è, un pezzo di Mediterraneo che unisce e non divide.
Perchè oggi Vincenzo Nibali ha vinto un Giro d’Italia con una prestazione epica, degna della migliore tradizione letteraria di scuola greca. Iliade, Odissea, e mettiamoci anche El Cid e Don Chisciotte.
Dato per spacciato da tutti, e per tutti si intende tutti, ha saputo pungere e piegare la storia al suo volere, al volere suo e di un altro uomo che ne ha viste di tutti i colori, Michele Scarponi, il Sancho Panza che chiunque vorrebbe avere al proprio fianco nella vita e nello sport, che in questo caso è la stessa cosa.
La metafora comincia a prendere corpo, si ingrossa come il fegato dei tifosi cosiddetti “CanNibali”, Come Quando Fuori Piange un uomo.
Chi non segue il ciclismo, perchè lo trova noioso, statico, individuale, privo di emozioni non ha il senso della terra sotto ai suoi piedi, non è ancora, e dico ancora perchè c’è tempo per tutti, in grado di interpretare la vita, poichè ha fretta, non ha ancora capito come interpretare i dettagli.
Dettagli che in sole quarantott’ore si sono dipanati in questo Giro d’Italia.
Tre giorni fa Nibali era un perdente, forse a fine carriera, spacciato e derelitto. Poi fa l’impresa, dai quasi cinque minuti che perdeva nella classifica generale riesce a rimontare, a Risul, e, nella tappa di montagna che avrebbe dovuto consacrare in rosa un olandese o un colombiano, le dà a tutti.
Ancora, cos’è il ciclismo? Uno sport che ha fatto della lotta al doping una missione, con regole che nemmeno il nazismo avrebbe saputo imporre, ed è per questo che i dopati escono fuori, ad impararla questa lezione.
Uno sport di letteratura; magiche sono le pagine di grandi scrittori che si ispirano alle fatiche dei ciclisti.
Ancora, il ciclismo fa la storia, ce lo siamo scordati Bartali che vince un Tour de France praticamente compromesso, dopo la disperata telefonata di Togliatti dal letto di ospedale per evitare la guerra civile in Italia?
E sempre lo stesso “Ginettaccio” che nascondeva i documenti falsi nella canna sotto il sellino per gli ebrei che cercavano una via di fuga?
I gesti. Michele Scarponi si immola per il suo capitano facendo una fatica da operaio vero, da lavoratore, come nemmeno Stachanov avrebbe potuto fare.
Il vincitore che non fa in tempo a posare gli scarpini rigidi sul bitume che va ad abbracciare i genitori di colui contro il quale ha appena vinto, Chaves.
Lo stesso uomo che, il giorno prima, piangeva come un bambino dopo l’impresa che lo ha coronato il più grande ciclista italiano di tutti i tempi e, per noi amanti di Pantani, non è facile ammetterlo, ma il Pirata è senza meno d’accordo.
Abbiamo vissuto un piccolo pezzo di storia oggi, e quando la storia la vivi in prima persona ha un sapore diverso. Puoi anche chiamarla presente.
Mi ha chiamato tanta gente oggi, forse perchè fra “i miei” ero l’unico inossidabile a credere nel miracolo laico di Nibali; la cosa più bella me l’ha detta Luigi, un calciofilo, il quale mi ha salutato dicendomi: “hai ragione tu, il ciclismo è lo sport più bello del mondo”.
Vincenzo Libonati
(da “Huffingtonpost“)
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