NON LE PAGANO UNA FATTURA E LA LOMBARDI SE NE VA
SI DIMETTE DA PRESIDENTE DOPO CHE IL GRUPPO M5S “BOCCIA ”LA PARCELLA DEL PORTAVOCE
L’assemblea sgrana gli occhi: no, quei 10 mila euro a Caris Vanghetti non glieli diamo.
Così, interdetta dalla decisione dei deputati che hanno voltato le spalle al suo fidato collaboratore degli esordi, Roberta Lombardi ha deciso di dimettersi.
Non è più la presidente del gruppo. Il suo turno da portavoce è finito già a giugno, in favore di Riccardo Nuti.
Fino a marzo dell’anno prossimo, però, avrebbe dovuto rimanere titolare di firma su contratti e impegni di spesa (ora lo sarà lo stesso Nuti).
E proprio su una fattura finisce la carriera della capogruppo Lombardi.
Torniamo a quei primi giorni di legislatura quando la truppa di 109 cittadini sbarca a Montecitorio.
Sono giorni concitati: riunioni infinite alla Sala della Regina, continui colloqui per i collaboratori, incontri blindati negli hotel della Capitale, commessi trasformati in guardiaspalle, rischio gaffe ad ogni passo inTransatlantico.
Lo staff della comunicazione (competenza esclusiva di Grillo e Casaleggio) deve ancora arrivare.
Così, è Caris Vanghetti — 38 anni, già giornalista de L’ultima Parola — a governare il traffico delle prime ore a palazzo.
Lo ha scelto Roberta Lombardi in persona, che ha avuto modo di conoscerlo nel meetup romano.
Dura fino all’arrivo dei prescelti dai fondatori, Claudio Messora e Nicola Biondo.
Poi, Vanghetti torna a casa. E ora presenta il conto.
Per giustificare i 10 mila euro di compensi per“attività di ufficio stampa e relazioni istituzionali” allega alla fattura una lista di 54 punti.
Alcuni sorprendenti.
Staff e piattaforma Curriculum e Rete, pietre fondanti del metodo Casaleggio.
Chissà se a Milano sanno che in quei giorni di marzo, a Roma, c’è una persona che si sta occupando di “mettere a punto un sistema di democrazia partecipata attraverso i siti di Camera e Senato”, di “trovare liste di potenziali collaboratori”, di partecipare a “incontri per la selezione di personale a partire dal 18 febbraio” (sette giorni prima delle elezioni).
Stanze e poltrone
Vanghetti non tralascia nulla.Trova “i posti in aula per i deputati”, “le sale per le nostre riunioni ogni volta che ci riunivamo”, fa “incontri con uffici Camera per avere gli uffici del gruppo”. Organizza la “visita ai carabinieri feriti nell’attentato davanti a palazzo Chigi”.
Scopre la “disciplina di pass e parcheggi”.
E scova perfino una “stanza per l’allattamento della deputata Lupo”.
Gli ottimi rapporti nei corridoi di Montecitorio lo portano a ottenere “il Def in formato definitivo prima che fosse firmato dal capo dello Stato”.
Studi e riforme oltre che relazioni e conferenze, da pagare ci sono analisi e proposte: al “dossier sul reddito di cittadinanza”alle “pensioni d’oro”, dalle“proposte dei saggi” f ino al Def con “l’evidenziazione del problema che (…) i soldi sarebbero andati alle banche”.
Post e incontri
Altro che Beppe: in quei mesi, due post li ha scritti Vanghetti.
E per conto del gruppo ha mantenuto “rapporti con la Fiom” e incontrato “la Guardia di finanza”.
Ma soprattutto ha avuto “incontri costanti con il Quirinale per tutto il periodo precedente la fiducia al governo Letta”e tenuto “rapporti con le altre forze politiche in occasione dell’elezione del capo dello Stato”.
E noi che pensavamo che la Lombardi, nel Movimento, stesse con i“talebani”.
Paola Zanca
(da “il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply