PALE, CANE, SONDE E TURBINE: ECCO COME SONO STATI SALVATI I SUPERSTITI DELL’HOTEL
“UNA DELLE OPERAZIONI PIU’ DIFFICILI DELLA MIA VITA”
Una delle operazioni più incredibili e difficili della sua vita. Così Marco Bini, vice brigadiere del Soccorso alpino della Guardia di finanza, che ha recuperato le persone ritrovate ancora vive all’hotel Rigopiano, confermando quello che molti suoi colleghi spiegavano già ieri: mai perdere la speranza, continuare a cercare e “buttare il cuore oltre l’ostacolo”, come diceva il capo della Protezione civile.
I primi superstiti sono state ritrovate oggi nella tarda mattinata, nel vano cucina di un albergo che era stato completamente stravolto dalla slavina di mercoledì scorso: si faceva fatica a capire in quale settore e a quale altezza dell’edificio ci si trovava.
I sei “stanno bene, erano in buone condizioni – racconta Bini – non credevano ai loro occhi, ed è stato bellissimo: più che le parole, ha contato la gioia dei loro volti”.
Per trovarli, i soccorritori hanno provato e provato. Hanno urlato. Hanno sguinzagliato i cani, ma la risposta era il silenzio. La neve attutiva suoni e rumori.
Secondo Bini, i sopravvissuti sapevano che qualcuno li cercava, ma non riuscivano a farsi sentire.
E’ stato anche osservato del fumo, ma non è chiaro se avessero acceso un fuoco o se fosse un principio di incendio, osservato anche in altri settori del Rigopiano.
In ogni caso, il vice brigadiere spiega che con le fiamme si rischia di esaurire velocemente l’ossigeno, in una bolla d’aria simile.
Difficilmente, poi, questo fuoco avrebbe scaldato. Epperò, continua a spiegare Bini, paradossalmente la neve – con un effetto igloo – aiuta a mantenere un ambiente relativamente caldo, a patto di creare una “sacca d’aria”.
“In passato abbiamo salvato persone vittime di una slavina senza macerie, che erano all’interno di una sacca e vi erano rimasti per tre ore”, dice.
“Un disastro indescrivibile con due scenari diversi: la valanga, che affrontiamo sempre, e una catastrofe naturale come un terremoto”.
A descrivere l’orrore è Walter Milan, portavoce del Soccorso alpino e dalle prime ore sul campo per coordinare i soccorsi.
Sguardo preoccupato, racconta il tipo di delicato intervento sostenuto dal Cnsas: “Noi come Soccorso alpino interveniamo in questo contesto molto difficile in cui ci vogliono tante persone e tanto tempo per esaminare in maniera metodica la valanga – ha spiegato – Noi dobbiamo controllare centimetro per centimetro, dividiamo la valanga in porzioni molto piccole con spaghi e paletti e sondiamo per essere certi che in quel punto non c’è nessuno”.
Lo scenario trovato nei pressi del resort di lusso, d’altronde, era dal punto vista ‘fisico’ assai complesso: “La valanga è molto importante e ha un fronte di oltre 30 metri: scivolando verso valle ha creato degli accumuli, con ‘onde’ alte fino a 5 metri”.
Ovviamente è stato fondamentale il lavoro anche dei Vigili del fuoco e della Protezione civile, che ha operato con grossi autocarri e speciali sonde per captare segnali di vita sotto la spessa coltre di neve e ghiaccio.
Di grande importanza dal punto di vista tecnico l’apporto di maxi-turbine (alcune capaci di perforare il muro bianco ad una velocità di 700 metri l’ora) e delle frese.
Ma i tantissimi soccorritori (oggi tra tutti gli enti erano almeno in sessanta in quota) hanno scavato senza sosta da quasi 48 ore anche con la pala, sfidando temperature ben sotto lo zero.
Gli elicotteri ha svolto invece un duplice ruolo: da una lato hanno portato gradualmente le squadre in cima all’hotel Rigopiano, dall’altro hanno trasportato in sicurezza i sopravvissuti (quasi una decina al momento) nei centri ospedalieri, in primis quello di Pescara.
(da “La Stampa”)
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