PARLA LAURA, LA 56ENNE MAMMA DI ALESSIO E SIMONE, CONDANNATI PER AVER UCCISO IL PADRE VIOLENTO: “ERO VESSATA, UMILIATA, MINACCIATA, INSULTATA E PICCHIATA ANCHE DAVANTI AI RAGAZZI”
”AVEVA UNA PISTOLA, UNA SERA CENAMMO CON L’ARMA SUL TAVOLO IN UN’ATMOSFERA DI TERRORE. LA SERA DELL’OMICIDIO LUI ANDÒ A CASA DEI RAGAZZI”
«Quando ho saputo che cosa avvenne quella sera del 10 agosto 2020? Qualche ora dopo, in piena notte. Mi telefonò un’amica: “Laura, il tuo ex marito è morto. È rimasto ucciso dopo una lite con i ragazzi. Non è chiaro cosa sia successo”. Trasecolai e pensai che mai avrei immaginato un epilogo così, semmai potevo ipotizzare il contrario: e cioè che Pasquale potesse uccidere i nostri figli. Tanto che averli lasciati soli per sette mesi mi stava straziando. Quando mi avvertirono, stavo lavorando: assistevo un anziano. E finito il turno, alle sette, ho lasciato la Sardegna per correre a Genova, dai ragazzi».
Laura , 56 anni, un diploma di segretaria d’azienda e un impiego da colf, è una donna energica. È la mamma di Alessio e Simone Scalamandré, di 30 e 22 anni, condannati lunedì dalla Corte d’Assise di Genova per aver ucciso il padre a martellate.
Il reato contestato è di omicidio volontario in concorso , aggravato dal vincolo di parentela.
Laura, si aspettava questa pena di 21 anni per il più grande e di 14 per il piccolo?
«No. E sono devastata. Ho atteso a casa l’esito della sentenza nel corso di una mattinata interminabile. Non pensavo a una condanna. Immaginavo che sarebbero state riconosciute le motivazioni che hanno indotto Alessio a difendersi dall’aggressione del padre. Eppure confido che la verità trionfi in Appello. Alessio e Simone nel mio cuore sono innocenti, sono vittime di mio marito esattamente come me».
Facciamo un passo indietro. Com’ è stata la vita con suo marito?
«Semplicemente un inferno. Ero vessata, umiliata, minacciata, insultata e picchiata anche davanti ai ragazzi, costretti più volte a intervenire per fermare la sua furia».
Lui aveva una pistola?
«Sì. E quando gli accennavo che le cose tra me e lui avrebbero dovuto cambiare, andava a prenderla, estraendola dalla cassaforte a muro in cui era custodita. Una sera la poggiò sul tavolo, e cenammo tutti e quattro in un’atmosfera di terrore, con la rivoltella davanti agli occhi. Altre volte erano stati Alessio e Simone a fermare il padre, disarmandolo quasi fisicamente con infinite suppliche: “Papà ma cosa fai? Non puoi risolvere le cose così…”. Allora Pasquale si calmava, i ragazzi gli volevano bene e lui lo sapeva».
Quando ha denunciato suo marito?
«Dopo il Capodanno 2019. Andammo a un veglione con amici. A mezzanotte lui provò a baciarmi, io mi scostai e s’ infuriò… Mi fu chiaro che dovevo salvarmi: e mi rivolsi al centro anti-violenze Mascherona e all’avvocata Nadia Calafato che ora difende Simone (mentre Alessio è assistito da Luca Rinaldi, ndr )».
Poi?
«Dopo il divieto di avvicinamento cambiai quattro volte domicilio, informando le forze dell’ordine. I ragazzi mi coprivano, ma lui mi ha sempre ritrovato, pedinando e minacciando le mie amiche. Così nel febbraio 2020 fui trasferita in un centro protetto in Sardegna».
Torniamo al 10 agosto…
«Pasquale andò a casa dei ragazzi, voleva sapere dove fossi e voleva obbligare Alessio a modificare le deposizioni contro di lui in vista del processo per maltrattamenti. Lo pressava… Al suo rifiuto, il padre è diventato una belva e Alessio si è difeso. Ripeto: i miei figli hanno visto anni di violenze, sono vittime come me».
(da il Corriere della Sera)
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