“PATTO CON LA MAFIA, IL CEDIMENTO DELLA SINISTRA”
L’INCHIESTA DI CALTANISSETTA: “CI FU UNA DOPPIA MORALE, STAGIONE INGLORIOSA PER LE ISTITUZIONI”… NELLE 300 PAGINE DELL’ACCUSA, RICOSTRUITE LE OMBRE DI QUELLA STAGIONE
Tra mancate proroghe e decreti revocati, nella stagione delle bombe del ’93, il ministero della Giustizia cancella 520 provvedimenti di 41 bis, quasi il 50% di quelli deliberati l’anno precedente.
C’è da chiedersi, scrive la Procura di Caltanissetta, “se questo non sia stato il prezzo della trattativa pagato dallo Stato per far cessare le stragi”.
Ecco perchè, scrivono il procuratore nisseno Sergio Lari, gli aggiunti Nico Gozzo e Amedeo Bertone, i pm Nicola Marino, Gabriele Paci e Stefano Luciani, nella richiesta di custodia cautelare che riassume tre anni di indagine sulla strage di via D’Amelio, quella della trattativa è stata una “stagione ingloriosa per lo Stato italiano”.
In quella richiesta gli inquirenti ricostruiscono, in oltre trecento pagine, tutte le ombre sugli apparati delle istituzioni impegnati a fermare il tritolo, nei mesi della campagna stragista contro il patrimonio artistico.
E se a differenza dei colleghi di Palermo, i pm nisseni non giungono a conclusioni penalmente rilevanti, chiedendo di archiviare le posizioni dei protagonisti istituzionali del dialogo con Cosa Nostra (come ha rivelato il procuratore Pietro Grasso nell’intervista al Fatto Quotidiano del 19 giugno scorso), mostrano di avere le idee chiare nella ricostruzione delle loro carte sull’identità politica di chi ha trattato.
“Questa trattativa — spiegano i pm di Caltanissetta — era stata letta da Cosa Nostra come un segnale di grande debolezza della controparte statale”, che “almeno nella prima parte della trattativa, pare appartenere a quella che Giovanni Brusca definisce la sinistra, in essa ricomprendendo la sinistra Dc e la sinistra vera e propria, proprio quella che apparentemente aveva più volte difeso le inchieste del dottor Falcone e del dottor Borsellino”.
Ma anche quella sinistra che, come ha detto l’ex Guardasigilli Claudio Martelli, “in una sua parte aveva frapposto importanti ostacoli alla conversione del decreto dell’8 giugno ’92 (l’introduzione del 41 bis, ndr) e prima ancora all’istituzione della Procura nazionale Antimafia”.
Ed è a questo punto che i pm di Caltanissetta precisano che “nessuna responsabilità penale è stata accertata a carico di personalità politiche e istituzionali in quella che può definirsi la strategia stragista di Cosa Nostra nel ’92”.
L’altra certezza raggiunta dalla procura nissena è che Paolo Borsellino abbia saputo della trattativa e che la sua posizione in merito “sia stata interpretata, o riportata da qualcuno anche in maniera colposa, in modo da farlo ritenere un ostacolo o un muro da abbattere per poter arrivare ad una conclusione soddisfacente per Cosa Nostra della trattativa”.
Ecco, secondo i pm nisseni, la ragione della memoria a orologeria.
Nessuno dei protagonisti di quei giorni, nè gli ex ministri Nicola Mancino, Giovanni Conso, Claudio Martelli, nè i funzionari del Dap Nicolò Amato, Adalberto Capriotti, Edoardo Fazzioli, Francesco Di Maggio, Andrea Calabria, nè gli ex presidenti del consiglio Giuliano Amato e Carlo Azeglio Ciampi, nè il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, ha piacere di ammettere di essere stato “testimone silente di comportamenti che, seppure posti in essere da altre persone, possano aver spinto Cosa Nostra ad accelerare l’eliminazione di Borsellino”.
La Procura di Lari disegna, insomma, il volto ambiguo di uno Stato dalla “doppia morale”.
Se da una parte le istituzioni “a parole, e sui quotidiani, dispensavano lezioni di antimafia… nel chiuso delle stanze di alcuni membri del governo e di alcuni alti dirigenti della pubblica amministrazione si discusse approfonditamente cosa fare del regime del 41 bis, o meglio di come disfarsene a poco a poco, senza che la cosa venisse percepita all’esterno”.
Davanti alle esplicite richieste provenienti dalle carceri di attenuare il regime di detenzione dura, e dopo l’uccisione di alcuni agenti carcerari, la situazione dei detenuti mafiosi viene rappresentata come “esplosiva”, al punto da temere che potesse “infiammare” anche l’ordine pubblico all’esterno.
Per questo motivo, a solo un anno dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio, sottolinea la procura di Caltanissetta “lo Stato, nella specie alcuni dei suoi uomini più importanti, pensa di arretrare di fronte alla offensiva mafiosa”.
Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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