PERCHE’ E’ POSSIBILE CONVIVERE CON GLI ORSI, SENZA ABBATTERLI E SENZA CHE MINACCINO L’UOMO
L’ORSO NON ATTACCA L’UOMO, SALVO CHE NON SIA SPAVENTATO, BASTEREBBE SEGUIRE I CONSIGLI DEGLI ESPERTI
Il pianeta non è dell’essere umano. È popolato da una moltitudine di forme di vita che hanno tutte il medesimo diritto di esistere, di continuare a perpetrare la propria specie.
Ma gli ambienti naturali sono sempre più antropizzati, un elemento che riduce gli spazi vitali per la fauna selvatica e, di concerto, aumenta le probabilità di incontro con gli animali.
Questo aspetto, naturalmente, richiede una gestione adeguata e precisa dei territori condivisi, così come una frequentazione accorta degli stessi, a maggior ragione quando sono presenti specie potenzialmente pericolose per la nostra incolumità.
Per inciso, non esistono animali cattivi, ma alcuni, per puro istinto, possono mettere in atto comportamenti aggressivi verso le persone se vengono spaventati all’improvviso, se si sentono minacciati, o se hanno qualcosa da proteggere, come i cuccioli o una fonte di cibo .
(ad esempio una carcassa). In Italia gli animali che possono rappresentare un problema in tal senso sono gli orsi, nello specifico l’orso bruno (Ursus arctos) che vive sulle Alpi e l’orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus) del Parco Nazionale del Lazio, Abruzzo e Molise, una sottospecie della prima endemica del Bel Paese. In misura minore anche i lupi, ma concentriamoci sui plantigradi.
In questi giorni il tema della convivenza con gli orsi è balzato agli onori della cronaca nazionale a seguito della morte del ventiseienne Andrea Papi, un runner ucciso da un orso in un bosco di Caldes nella Val di Sole (Trentino Alto Adige). La conferma è arrivata dai riscontri ambientali ma soprattutto dall’autopsia condotta sul suo cadavere. Il giovane è stato ucciso mentre era ancora vivo. Non ha avuto un malore e il suo corpo non è stato martoriato da un animale dopo essere deceduto, come evidenziato dalle indagini necroscopiche. Le reali ragioni di questa aggressione mortale probabilmente non le conosceremo mai, tuttavia, come evidenziato da alcuni esperti, è possibile che il runner si sia trovato l’orso davanti all’improvviso mentre correva, magari dietro una curva cieca, finendo a tu per tu col plantigrado che si è sentito spaventato e in pericolo. Questo potrebbe avrebbe innescato la sua reazione aggressiva. A quel punto, ma non è possibile averne certezza, il ragazzo potrebbe aver tentato la fuga e / o un disperato combattimento contro l’orso, come suggeriscono la scena in cui è stato ritrovato il cadavere e la scoperta di un bastone insanguinato, forse usato come estrema arma di difesa. Ma come specificato, non ve n’è certezza.
Come spiegato dal Parco Nazionale dello Stelvio, l’orso bruno non è un animale pericoloso, ma a causa della grande mole e della forza fisica può diventarlo in rare e particolari condizioni: quando è ferito; se si tratta di una femmina con i cuccioli; se viene sorpreso su una carcassa o altre fonti di cibo; se viene disturbato nella tana o nei suoi pressi; se è presente un cane (che va assolutamente tenuto al guinzaglio); se viene sorpreso all’improvviso e spaventato. Quest’ultimo caso è verosimilmente quello che meglio si allinea a quanto potrebbe essere accaduto allo sfortunato giovane in Trentino. In genere gli orsi hanno paura dell’uomo e si allontano, ma possono mettere in atto comportamenti difensivi / aggressivi quando si sentono minacciati, se non hanno una via di fuga. Il comportamento da tenere quando si avvista un orso è quello di allontanarsi dall’animale lentamente, parlando con voce alta ma calma, senza voltare le spalle e soprattutto senza darsi alla fuga (un’azione che potrebbe renderci una preda agli occhi del plantigrado). È sempre importante farsi sentire negli ambienti in cui vivono gli orsi e andarci da soli è potenzialmente più pericoloso che andare in compagnia.
Quando è chiaro che l’orso sta per attaccarci, non dobbiamo farci prendere dal panico e provare a combattere con l’animale. Non avremmo alcuna speranza a causa della sua forza e dell’agilità. Anche provare a scalare un albero non servirebbe a nulla, dato che questi animali sono abilissimi nel farlo. La raccomandazione degli esperti è sdraiarsi a terra a faccia in giù con le mani (o lo zaino) sulla nuca, senza gridare o provare a fuggire, per quanto terrificanti possano essere quei momenti. L’orso, infatti, dopo aver dato eventuali colpi di avvertimento potrebbe allontanarsi, avendo appurato che non siamo una minaccia. Questo comportamento viene ben insegnato in Slovenia (dove gli orsi sono numerosi) sin dalla tenera età. La LAV ricorda che quando ci avventuriamo su un sentiero, siamo noi che stiamo entrando nel territorio della fauna selvatica e va fatto col massimo rispetto, “nella consapevolezza che sono i nostri comportamenti a determinare le reazioni di qualsiasi animale selvatico”.
Chi frequenta ambienti in cui vivono gli orsi dovrebbe essere sempre ben informato sui comportamenti da tenere, perché l’approccio personale con questi animali può fare davvero la differenza tra la vita e la morte in caso di incontro. Tuttavia, naturalmente, la convivenza tra orsi e persone non può essere delegata al solo modus operandi dei singoli. I territori condivisi vanno gestiti affinché si riducano sia le probabilità di incontro sia la possibilità che gli animali possano diventare più confidenti, frequentando le aree antropizzate. È una condizione che di base catalizza in modo significativo il rischio di potenziali incidenti. Nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM), ad esempio, il regolamento del 2020 firmato dal direttore Luciano Sammarone prevede significative limitazioni alle libertà di spostamento delle persone, che in alcune aree del parco possono muoversi solo ed esclusivamente all’interno dei sentieri. In altre non si può andare nemmeno con il cane al guinzaglio, con la bicicletta o a cavallo, proprio per limitare al massimo i disturbi esterni alla fauna selvatica e scongiurare potenziali incontri pericolosi, anche con l’orso marsicano, del quale sono presenti una sessantina di esemplari.
Per quanto concerne il Trentino, fino a circa 25 anni fa gli orsi erano quasi estinti, così vi furono le prime reintroduzioni – di esemplari dalla vicina Slovenia – nell’ambito del progetto Life Ursus nel Parco Adamello Brenta. Da allora gli animali si sono moltiplicati e oggi c’è una popolazione di un centinaio di esemplari adulti, con un incremento del 10 percento circa su base annua (negli ultimi anni). Nel Parco Naturale Adamello Brenta, tuttavia, non ci sono limitazioni all’accesso come al PNALM, sebbene anche qui viene data grandissima importanza ai comportamenti personali da tenere in caso di incontro con la fauna selvatica. Come spiegato dal dottor Sammarione al Corriere della Sera, una differenza sostanziale tra il PNALM e la situazione in Trentino è il differente grado di antropizzazione delle due realtà: “L’unità di abitanti per km quadrato è due, tre volte la nostra e le persone che frequentano la montagna sono molte di più per cui aumenta anche la possibilità di incontrare gli orsi”, ha spiegato il direttore del parco del centro Italia.
In Abruzzo, evidenzia Sammarione, si effettua un monitoraggio costante della popolazione degli orsi marsicani, alcuni dei quali sono dotati di radiocollare. Sono inoltre presenti indennizzi per i pastori che subiscono perdite di capi (ad esempio pecore) e a tutti vengono fornite le misure preventive per evitare danni, come i recinti elettrificati e i pollai anti intrusione. Sono soluzioni che hanno agevolato la convivenza con i plantigradi e non si parla certamente di abbattimenti, come invece avviene da tempo in Trentino. Sammarione sottolinea che in Nord America ci sono grizzly grandi anche cinque volte gli orsi che abbiamo in Italia, eppure le persone continuano a frequentare i parchi. Qui, semplicemente, le autorità precludono l’accesso a determinati sentieri e percorsi frequentati dagli animali, favorendo la convivenza. Legambiente ricorda che “la convivenza tra l’uomo e i grandi predatori, come l’orso e il lupo, è una delle grandi sfide da affrontare seriamente a partire dalle aree più problematiche”. Non si nasconde il problema, ma non è necessario imbracciare i fucili per risolverlo. “In Appennino – prosegue Legambiente – tra gli strumenti suggeriti e adottati rivolti agli allevatori ci sono: i cani da guardia, le recinzioni fisse ed elettrificate, la presenza continua del pastore, i dissuasori acustici e ottici, i procedimenti per i risarcimenti economici gestiti online o esperimenti come il gregge del parco che permette di avere subito disponibile la pecora predata riducendo le perdite aziendali”. Sono tutte misure che riducono il rischio di incidenti e di arrivare fino alle estreme conseguenze di possibili abbattimenti. Ricordiamo fra l’altro che tale misura non può essere presa da una Provincia, ma serve comunque un parere dell’ISPRA e la decisione finale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, trattandosi di animali rigorosamente protetti.
In Italia le aree protette sono comunque ridotte e potrebbe essere complesso attuare delle limitazioni ai movimenti, considerando che gli animali, fra l’altro, si spostano dove desiderano per la ricerca di partner e cibo. In un’intervista a Repubblica il biologo Luigi Boitani ha sottolineato che vanno prese delle decisioni politiche per la gestione dei grandi carnivori in Italia, “facendosi guidare dalla scienza”. “Vanno gestiti numeri, distribuzione e nostre attività, senza posizioni isteriche”, ha chiosato il divulgatore scientifico. Legambiente ricorda che la gestione di specie come il lupo o l’orso dimostrano che “per difendere la biodiversità quello che serve è il supporto della scienza e una grande capacità nella gestione della complessità territoriale e istituzionale, ma anche un nuovo patto di collaborazione tra parchi e comunità locali, da cui è indispensabile ripartire con obiettivi chiari e condivisi”. La condanna a morte di un orso “rappresenta sempre una sconfitta sia per l’uomo sia per il lavoro di gestione e di tutela”.
(da Fanpage)
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