PROCESSO STATO MAFIA, MONDO POLITICO IN IMBARAZZO PER LA CHIAMATA A TESTIMONE DI NAPOLITANO
NEBBIA SUL RISIKO DELLA SUCCESSIONE AL COLLE
E adesso la nebbia avvolge il grande risiko che porterà all’elezione del successore di Napolitano.
Più volte negli ultimi giorni Silvio Berlusconi aveva raccolto “segnali di una crescente stanchezza” di Giorgio Napolitano, un’insofferenza privata per un impegno gravoso vissuto alla soglia del novant’anni che si mescola con l’insofferenza politica di chi chiede un’accelerazione sulla legge elettorale per poi “mollare”.
Ecco perchè la notizia che sarà ascoltato come teste in un processo di mafia, notizia enorme in condizioni normali, viene vissuta come “drammatica”.
Perchè è la prima volta nella storia della Repubblica che accade, con un presidente nel pieno delle sue funzioni e nonostante le guarentigie della carica.
È la prima volta che accade in un giorno simbolico, quello dell’inaugurazione del nuovo Csm.
Ed è la prima volta che accade alla vigilia della successione al Quirinale, la vera posta in gioco dell’autunno politico, come è emerso anche dal fondo di De Bortoli sul Corriere.
È un denso silenzio, che rimbalza tra palazzo Grazioli e il Nazareno, il vero metro dell’incertezza. Della nebbia.
Giorgio Tonini è un renziano che ha una consuetudine col Quirinale.
All’HuffPost dice: “Questa iniziativa la politica non la deve commentare. Semmai si può dire solo che dimostra quanto fosse infondata la tesi che al Quirinale c’è un monarca assoluto. È talmente assoluto che va a testimoniare in un tribunale”.
Proprio la portata innanzitutto simbolica di quello che rischia di apparire il “processo al re” è oggetto di una fitta rete di contatti tra Quirinale, Nazareno e palazzo Grazioli. “Preoccupazione” è la parola che riferisce Gianni Letta a Berlusconi.
Che riguarda certo l’aspetto mediatico, ma non solo. Perchè questo aspetto mediatico impatta sulla “stanchezza” del capo dello Stato.
Che dovrà affrontare comunque un interrogatorio da una corte che Berlusconi più volte ha definito un “plotone di esecuzione” ma che anche i professori vicini al Colle considerano piuttosto sbrigativa nei modi.
Lo si è visto non solo con Mancino, ma anche con De Mita.
Ecco, la domanda, rimbalzata nelle stanze politiche che contano: “Quale sarà la tenuta del capo dello Stato e quali saranno le conseguenze?”.
Nessuno osa immaginare che ci possa essere un passaggio successivo, un coinvolgimento di Napolitano non come teste ma come indagato. Ma è chiaro che il passaggio è delicato.
E avvolge nella nebbia il Great Game sulla sua successione. È come se la notizia avesse fatto saltare ogni automatismo.
Ed è magra la consolazione di Berlusconi che, quando ha riunito i suoi a palazzo Grazioli, a partire da Giovanni Toti e da Deborah Bergamini, ha sottolineato il contrappasso che ha colpito l’alto inquilino del Colle.
Per la serie: quando lo dicevo io che una parte della magistratura è pericolosa neanche il Quirinale non è mai intervenuto. E ora, per dirla con il vecchio detto, chi di giustizia ferisce…
Magra perchè il gusto della vendetta rischia di non essere “politicamente” appagante. Perchè Napolitano è al tempo stesso puntello e ostacolo del patto del Nazareno. Puntello perchè comunque perno dell’equilibro in Italia e in Europa.
“Ostacolo” nel senso che comunque esercita un ruolo di contenimento rispetto a una certa interpretazione disinvolta (e sbilanciata su Berlusconi) che viene fatta con disinvoltura talvolta anche dal premier.
“Napolitano indebolito, ammesso che sia indebolito non significa automaticamente Nazareno rafforzato” ragionano in ambienti democratici.
Perchè la notizia “straordinaria” piomba in un contesto “straordinario”.
L’Italia quasi commissariata, il fantasma della troika, un semestre europeo gestito senza risultati brillanti.
Dietro il silenzio che accompagna la notizia non c’è solo la prudenza tattica, l’attesa che il quadro sia più chiaro.
C’è anche una certa paura.
(da “Huffingtonpost“)
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