RENZI FA IL DURO MA LO SALVA IL CANGURO
VIETNAM SENATO: IN PEZZI LA MEDIAZIONE DI CHITI…. IL PD MINACCIA SEL: “FUORI DA TUTTE LE GIUNTE”
“A noi non interessa una settimana in più, ma la possibilità di un confronto nel merito degli emendamenti presentati. Al patto del Nazareno, convitato di pietra su cui bisognerebbe far chiarezza, va sostituito un patto tra tutti i senatori”.
Quando Loredana De Petris, la donna 6000 emendamenti, prende la parola nell’Aula di Palazzo Madama diventa chiaro a tutti che la proposta di mediazione di cui si è fatto portatore Vannino Chiti, nella veste di portavoce della dissidenza (voto finale nella prima settimana di settembre, subordinato al ritiro della maggior parte degli emendamenti e concentrazione della discussione solo su alcuni punti centrali) è fallita. La prima reazione tra i senatori, renziani e non, è sconcerto, perplessità , caos.
Ma man mano che la giornata va avanti, il quadro si fa chiaro.
“Oltre ad alcune questioni relative alla riforma costituzionale (come l’abbassamento delle firme richieste per il referendum confermativo e le modalità di elezione del presidente della Repubblica), noi volevamo l’abbassamento delle soglie dell’Italicum al 4%, sia per i partiti che si presentano da soli, che in coalizione”, spiega Ciccio Ferrara, deputato di Sel.
Ma quello che voleva soprattutto Sel erano garanzie, certezze.
E una sorta di agibilità politica: volevano che Vendola fosse ricevuto da Renzi, che la trattativa fosse visibile e chiara.
“Hanno chiesto esattamente quello che Renzi non poteva dare: pari dignità col Patto del Nazareno”, spiega un senatore dem.
Da questo punto di vista, la trattativa non è mai iniziata. Tanto che a molti comincia a sembrare un bluff.
Quella che il premier voleva, come diventa sempre più evidente, era una resa incondizionata, la rinuncia all’ostruzionismo più o meno gratis, in cambio di qualche concessione marginale.
Chiti lunedì era quasi riuscito a convincere tutta la dissidenza, ma poi Sel, che è un partito diviso, lacerato, già parzialmente scisso, è andato per conto suo.
E allora, ecco che Palazzo Chigi ha cominciato a sparare. Segnali, simboli, espliciti e impliciti. Renzi riceve la squadra di scherma. Riceve in regalo una sciabola. “Per le riforme potrebbe servirle”, dice il presidente della Ferderscherma, Giorgio Scarso con un assist al premier che ribatte: “Ogni riferimento al Senato è puramente casuale…”. A Palazzo Madama la seduta del pomeriggio inizia nel segno dell’ostruzionismo più feroce.
Si scorporano gli emendamenti, si discute su ogni cavillo, si dibatte in nome del voto segreto. E a un certo punto, si materializza Luca Lotti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, “braccio armato” di Renzi.
Anche qui, le immagini parlano chiaro: incontra Verdini, si ferma, lo saluta affettuosamente, gli dà quasi il cinque. Si fa vedere alla buvette con Dario Stefà no, il candidato naturale alle primarie pugliesi con Michele Emiliano.
Si cerca di continuare a decomporre Sel, a dividerla, a rompere il fronte di Vendola e Fratoianni.
Lotti dà l’ordine di uccidere: “La posizione di Sel preclude alleanze future”, dice.
E poi, “non possono dire che usiamo parole irricevibili e poi governiamo insieme tutte le Regioni… Eh, no. Non abbiamo mica l’anello al naso”.
Le minacce non sono neanche tanto velate: l’idea è di spingere Sel fuori dalle Giunte locali, e alla prossima tornata di Regionali, in primavera, lasciarli fuori dall’inizio. Intanto, in Aula, la maggioranza tiene, sugli emendamenti più insidiosi, quelli sull’elettività . “Andiamo avanti anche dopo l’8 agosto”, dice ancora Lotti.
Poi Renzi, su Facebook, mette in campo tutta la sua potenza: “Le sceneggiate dimostrano che alcuni senatori perdono tempo per paura di perdere la poltrona. La nostra determinazione è più forte dei loro giochetti. Andiamo avanti pronti a discutere con tutti ma non ci faremo mai ricattare da nessuno”.
Posizione chiarissima, anche se si naviga a vista. Fino a un certo punto, però.
Più passano le ore, più in Senato la percezione comune è che — magari con qualche giorno in più — la riforma sarà portata a casa. Anche grazie al canguro.
A sera, in effetti, tra voti e accorpamenti, risultano fatti fuori 1500 emendamenti. Molti, senza danno, di quelli più insidiosi sull’elettività .
Momenti di entusiasmo. Filippo Sensi, il portavoce del presidente del Consiglio, twitta: “Yes, we canguro”.
Renzi commenta: “Il ‘canguro’ funziona, siamo ad un quarto degli emendamenti”. Soddisfatti i fedelissimi, che “vedono” un’Italia tutta dalla parte del premier, contro l’ostruzionismo brutto e cattivo.
Nello stesso stile, continuano a evocare il voto, se qualcosa dovesse andare storto.
E domani Renzi in direzione farà l’ennesimo ultimatum al Pd.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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