RENZI GIOCA PER SE’, LA REPLICA DEI BERSANIANI: “SEI COME BERLUSCONI”
FIORONI: “DANNO BUONI CONSIGLI QUELLI CHE HANNO SMESSO DA POCO DI DARE CATTIVI ESEMPI”
Come spesso capita nel centrosinistra, è l’ex dc Beppe Fioroni, ala cattolica del Pd, a sviscerare il vero nodo della nuova guerra tra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi. Fioroni cita Fabrizio De Andrè e dice: “La linea di Matteo? Come cantava De Andrè ‘danno buoni consigli quelli che hanno smesso da poco di dare cattivi esempi’. Cercare di far saltare la scelta di un presidente condiviso con diktat come ‘o governissimo o voto’, tirare sempre l’idea dell’inciucio è un atteggiamento irresponsabile, se questa fosse la tentazione”.
Il senso è questo: le ultime uscite del sindaco di Firenze, prima “la politica sta perdendo tempo”, poi “accordo con il Pdl o voto subito, basta con umiliazioni dai grillini”, vengono decifrate da bersaniani e non come il tentativo di Renzi di entrare a piedi uniti nella trattativa tra il segretario e Berlusconi per un nome condiviso al Quirinale.
Non a caso, il timing della sua offensiva è stato calcolato dopo l’apertura del leader democrat al Cavaliere sulla successione a Giorgio Napolitano.
Il Rottamatore vuol contare in questa partita e si fa anche l’ipotesi che possa far parte dei grandi elettori toscani e guidare la sua pattuglia di cinquanta parlamentari nelle votazioni che cominceranno il 18 aprile.
Cinquanta teste che potrebbero amputare la minaccia bersaniana di far eleggere, dal quarto scrutinio in poi, il capo dello Stato “da una sola parte”, cioè il centrosinistra. Non solo.
L’ansia un po’ scomposta di Renzi, che ha pure causato la reazione furibonda di Napolitano sulla perdita di tempo, “non è vero” ha replicato il presidente della Repubblica, l’ansia, dicevamo, trova una ragione anche nella strategia del segretario del Pd.
In pratica, Bersani non molla e punta ancora al governo di minoranza e con un nuovo capo dello Stato, non più in semestre bianco come Napolitano e con pieni poteri di scioglimento del Parlamento, è convinto di farcela.
In questo modo, al prossimo giro di consultazioni, con la pistola dello scioglimento anticipato sul tavolo, verranno fuori bluff e timori degli altri partiti.
Il fidatissimo Davide Zoggia lo spiega apertamente: “Noi siamo molto fiduciosi sulla possibilità che nasca il governo del cambiamento”.
Zoggia sconfessa e massacra Renzi, e con lui tanti altri bersaniani che paragonano sic et simpliciter il sindaco di Firenze al Cavaliere.
Dice: “Berlusconi ripete ossessivamente che o si va col Pdl o si va al voto. Se Renzi si vuole accomodare e fare il governo con il Pdl non è la linea scelta dal partito”.
La linea di frattura nel Pd, apertasi con lo scontro alle primarie, dipende quindi dal grande gioco del Quirinale.
E se davvero Bersani dovesse varare il suo esecutivo di minoranza, l’onere della tanto evocata scissione, ipotesi di nuovo gettonatissima, toccherebbe a Renzi, il quale ha puntato le sue fiches sul voto anticipato nella finestra estiva, tra fine giugno e inizio luglio.
Gli scenari che ruotano attorno a lui sono diversi e in ogni caso i fedelissimi del segretario del Pd dicono: “Se va via, prenderebbe la metà dei voti che invece avrebbe con il centrosinistra”.
Viceversa, se a perdere sarà Bersani, la guerra condurrà all’implosione del Pd.
Alcune componenti, tipo i “giovani tuchi”, considerano impossibile la convivenza con Renzi nello stesso partito.
Ma per delineare un quadro più realistico è necessario appunto attendere la partita per il Colle.
Ieri Bersani ha visto Monti per affrontare la questione del metodo sul nome condiviso. Il leader democrat avrebbe avuto anche la sensazione che l’attuale premier non abbia del tutto abbandonato il sogno di andare al Quirinale (promessa che lo stesso Bersani fece a Monti qualora fosse rimasto riserva della Repubblica senza salire in politica). La prossima settimana dovrebbe poi esserci l’atteso faccia a faccia con il Cavaliere. Stando ai boatos bipartisan, il candidato più quotato al momento resta Franco Marini, altro cattolico del Pd e che l’ex ministro berlusconiano Rotondi voterebbe sin dal primo scrutinio.
Poi il solito Amato. Quasi nulle, invece, le speranze per D’Alema, il cui nome viene fatto a ripetizione per bruciarlo.
Bersani assicura che adesso ricercherà solo il metodo.
Per i nomi c’è tempo.
Anche perchè, ha confidato, “bisognerà tenere conto della nuova fase del paese”
.È il metodo Grasso, che potrebbe portare ovunque.
Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano“)
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