RIVIERA ROMAGNOLA A SECCO DI BAGNINI: “STIPENDI BASSI, CHI CE LO FA FARE?”
PER COPRIRE I VUOTI, I GESTORI ASSOLDANO PARENTI E FAMILIARI…MA DOVE SONO QUEGLI ITALIANI BISOGNOSI CHE ACCUSANO GLI STRANIERI DI PORTAR VIA LORO IL LAVORO?
L’estate già bussa alle porte, col primo weekend lungo della stagione e il tutto esaurito in tutti gli alberghi, eppure in Riviera romagnola mancano ancora all’appello migliaia di lavoratori stagionali: 3 mila solo in provincia di Rimini, circa 500 a Cesenatico, un altro paio di migliaia sparsi per le località balneari della regione.
Per la prima volta, il divertimentificio d’Italia si trova alle prese con un fenomeno che cozza con la crisi del mercato del lavoro, e invoca il ritorno di bagnini, camerieri e baristi allontanati da questi lidi da stagioni sempre più brevi, oltre che dalla maggiore appetibilità di impieghi provvisori in montagna, dove si lavora sia d’estate sia d’inverno.
A complicare le cose ci si è messa anche l’abolizione dei detestati voucher, che copriranno pure forme di sfruttamento vero e proprio, ma erano strumenti preziosi per figure professionali come queste.
Il presidente della cooperativa di bagnini Rimini Sud, Mauro Vanni, cerca di analizzare il fenomeno inedito: «Tempo fa, gli stagionali venivano dal nostro meridione, poi sono cominciati ad arrivare dall’Europa dell’Est, gente priva di preparazione specifica e di cultura dell’accoglienza, ma che serviva comunque a riempire i vuoti lasciati dai ragazzi delle nostre parti, figli dei gestori dei bagni, che avevano cominciato a fare altre cose».
Dice Vanni che non è neanche sempre questione di compensi bassi, non dappertutto — «qui si parte dai 1.500 euro al mese» —, ma di richiami allettanti provenienti da altri Paesi: «I giovani sono sempre più attratti dal Nord Europa, dove possono imparare l’inglese o un’altra lingua, e nel frattempo possono arrotondare lavorando come camerieri».
Di fronte a un’emorragia del genere, le aziende familiari della Romagna rimediano facendo ricorso alla manodopera più comoda che si conosca, quella reperibile in casa, cioè i parenti, più o meno stretti: «Le faccio l’esempio del mio stabilimento balneare, dove lavoriamo io, mia moglie e i miei tre figli. Sono loro ad aiutarci in casi come questi».
Apparentemente fila tutto liscio fra le interminabili distese di ombrelloni che si estendono da Comacchio giù fino a Cattolica, ma sotto la sabbia cova un problema cui solo la struttura familiare delle imprese turistiche romagnole sa porre rimedio, chiamando in aiuto parenti che si improvvisano stagionali.
Mattia invece ha scelto di restare, e da sei anni torna al bagno del Grand Hotel Cesenatico per lavorarci d’estate.
Sui motivi che tengono lontani dalla Riviera tanti giovani ha idee precise: «Il problema sono le cifre basse dei compensi, ecco perchè si preferisce andare all’estero, dove magari impari pure una lingua. Perchè ho scelto di rimanere qui? Diciamo che sono un abitudinario».
Stipendi troppo esigui, ma non solo: «È anche questione di professionalità , quando uno senza esperienza si accontenta di lavorare per 800 euro al mese, ecco che le cose si complicano per tutti gli altri, soprattutto per gli italiani».
Nel gioco al ribasso, gli italiani che, complice la crisi degli ultimi anni, erano tornati a farsi vivi rimpiazzando negli impieghi stagionali gli stranieri che avevano riempito i posti di bagnino e cameriere, hanno deciso di lasciare il campo per dirigersi verso altri lidi, più remunerativi: «Io d’inverno vado in Inghilterra, ma conosco molta gente che non viene più in Riviera d’estate e preferisce andare a lavorare in Nord Europa, oppure nelle località di montagna, dove la stagione è doppia, estate e inverno».
A risentire di più della carenza degli stagionali sono bagni, ristoranti, pizzerie e hotel di caratura piccola e media, l’ossatura stessa della macchina turistica romagnola.
Va un po’ meglio negli alberghi da 4 stelle in su, ma solo perchè i posti sono più appetibili per compenso.
Rimane la strana sensazione che l’ultima crisi, per quanto sanguinosa, almeno qui non abbia colpito tanto a fondo da far scattare la corsa a qualsiasi lavoro, per provvisorio e stagionale che sia, lasciando vacanti migliaia di posti.
(da “La Stampa”)
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