RSA, LE ACCUSE AL GRUPPO CHE GESTISCE 108 STRUTTURE IN ITALIA
“CONTRATTO SCADUTO DA ANNI E STIPENDI MEDI DI 5 EURO L’ORA”
Ormai sembra una guerra al ribasso. Una battaglia tra sindacati e aziende ingaggiata sulla pelle dei lavoratori. E, a riservare più di una sorpresa negativa, è il mondo delle Rsa: ausiliari, operatori sociosanitari, infermieri. Tutte persone che si prendono cura quotidianamente degli anziani spesso per paghe bassissime. «C’è un importante gruppo internazionale che deliberatamente ha scelto di applicare per i propri lavoratori un contatto scaduto nel 2009. Tredici anni fa, senza adeguamenti salariali», è la denuncia arrivata a La Stampa. Nei giorni scorsi Cgil, Cisl e Uil si sono scagliati contro l’Anaste – Associazione nazionale strutture territoriali e per la Terza età – colpevole di aver firmato un contratto che hanno definito «pirata» con sindacati «non rappresentativi». Ora è il presidente dell’Anaste, Sebastiano Capurso, a sollevare questa «irregolarità». Nel mirino, il gruppo Kos, un colosso internazionale del settore che nel 2022 ha registrato ricavi per oltre 683 milioni di euro. Kos, che fa parte di Cir group, conta 159 strutture in totale di cui 108 Italia (13 in Piemonte, dove è esploso il caso). Ci lavorano oltre 13.300 persone, 8.600 in Italia (di cui 7.100 dipendenti) e oltre 900 in Piemonte. Ma il contratto utilizzato è, appunto, fermo al 2009 nonostante nel frattempo ci siano stati più rinnovi. «Il gruppo usa l’ultimo contratto che Anaste ha firmato con i sindacati confederali, quello valido dal 2006 al 2009, appunto. Da allora ci sono stati vari rinnovi che abbiamo firmato con altri sindacati e che hanno condizioni migliori ma loro non si sono mai adeguati. È un problema anche per noi, tanto che queste strutture non fanno più parte dell’Anaste. In questi casi – spiega Capurso – credo possa esserci un indebito arricchimento sulla base di un contratto scaduto»
A raccontare quanto si guadagna in queste Rsa è Giorgia Della Peruta, 22 anni, da un triennio oss nella residenza Anni Azzurri di Santena, in provincia di Torino. «Il mio stipendio mensile arriva a 1100 euro netti per un totale di 38 ore settimanali quando va bene», dice. «Spesso però ci chiedono di fare delle ore in più, ma ci vengono pagate solo quando ne hanno voglia. Ci sono alcuni colleghi che non fanno nemmeno la pausa pranzo, altrimenti non riuscirebbero a fare tutto il lavoro». Praticamente per chi ha un livello medio, 5 euro l’ora. Per i livelli bassi non si raggiungono nemmeno i 1000 euro.
Il gruppo Kos conferma la circostanza e prova a spiegare le sue ragioni: «è applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro per il settore socio assistenziale Anaste sottoscritto da Cgil, Cisl e Uil: l’azienda, recependo la richiesta sindacale, non ha inteso applicare successive versioni del contratto non sottoscritte dalle organizzazioni dei lavoratori rappresentative. Il settore socio assistenziale in cui il gruppo Kos opera registra comunemente un ritmo dilatato nella frequenza dei rinnovi dei numerosi contratti applicabili, con punte fino ai 15 anni di attesa, strettamente dipendenti dall’altrettanto lento ritmo di revisione delle tariffe corrisposte dal Ssn per i servizi prestati». Colpa delle Regioni, quindi, che non aumentano le rette versate per i servizi in convenzione. Poi il gruppo sottolinea la volontà di cambiare la situazione: «Appena preso atto della richiesta di Cgil, Cisl e Uil di non applicare la nuova versione del Ccnl firmata da altre sigle sindacali e della sopravvenuta impossibilità di addivenire al rinnovo del contratto Anaste applicato dal gruppo, l’azienda ha provveduto a comunicare la propria intenzione di intraprendere un autonomo programma di adeguamento contrattuale». Non specifica, però, di quanto sarà l’aumento e da quando partirà.
I contratti della Sanità privata sono una vera giungla. Al Cnel ne sono registrati 60 diversi, di cui appena otto sono i più rappresentativi e ancora meno quelli firmati dai sindacati confederali. Facile, in questo contesto, scegliere quello più conveniente. «Questo è un caso vergognoso – commenta il presidente del Cnel, Tiziano Treu – vuol dire che le retribuzioni non sono state adeguate. Sono salari bassi e sotto il livello del decoro». Ma è praticamente impossibile intervenire con i controlli. «Cosa possono fare i lavoratori? Rivolgersi alla magistratura. Possono fare causa perché questi contratti non sono adeguati».
(da la Stampa)
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