SALE IL DEFICIT E CALA LA CRESCITA, I TIMORI DI GIORGETTI SUL DEF: “L’EUROPA APRIRÀ UNA PROCEDURA”
MENO PIL E UNA STRADA IN SALITA
Meno Pil e una strada in salita per il governo Meloni alle prese con un debito da abbattere e nuove risorse da reperire. È quanto contenuto nel Def, il Documento di economia e finanza che molto probabilmente sarà approvato dal Consiglio dei ministri già entro il 10 aprile.
Quest’anno avrà «una conformazione leggermente diversa rispetto al passato, sicuramente più leggera» ha spiegato ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti parlando alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. In ogni caso prenderanno forma i numeri aggiornati sulla crescita e sui conti pubblici del nostro Paese. Questo mentre, con l’enorme indebitamente raggiunto nel 2023, sull’Italia incombe una procedura d’infrazione Ue. Nel Documento in lavorazione l’economia italiana, secondo indiscrezioni, cresce meno di quanto atteso. Sia per quest’anno sia per il prossimo.
Nel 2024 il Pil è visto aumentare dell’1% e non più dell’1, 2% come indicato in settembre. Per il 2025, Roma prevede invece una crescita dell’1, 25%, in calo rispetto al precedente obiettivo dell’1, 4%. Si tratta di numeri che risultano tuttavia più ottimistici rispetto a quelli diffusi da Banca d’Italia, dalla Commissione europea e dall’Ocse che per l’Italia vedono una crescita inferiore all’1% nel 2024 e intorno all’1, 2% nel 2025.
Nel Def in arrivo la sorpresa sarà rappresentata dal rapporto deficit/Pil che il governo vede per quest’anno sotto al 4, 5%, «vicinissimo» al 4, 3% stimato in ottobre e inferiore a quota 4% nel 2025.
Servirà arrivare almeno al 2026, secondo Bloomberg, per scendere sotto l’obiettivo del 3%. Un fattore di incertezza riguarda di sicuro l’utilizzo del Superbonus e dei bonus per la ristrutturazione degli immobili che hanno creato un enorme buco nei conti dello Stato nel 2022 e nel 2023. Proprio oggi si chiude il capitolo degli sconti in fattura e della cessione del credito per il 2023.
Questi incentivi hanno portato il rapporto deficit/Pil dello scorso anno al 7, 2%, superando ampiamente l’obiettivo del governo del 5, 3%, e minacciano di portare l’enorme debito pubblico italiano su un sentiero in salita rispetto al 137, 3% del Pil registrato nel 2023. Proprio al rapporto deficit/Pil è legato l’avvio della procedura Ue che scatta, secondo le regole di Bruxelles, sopra il limite del 3%.
Questo passo nei confronti di Roma è ormai «scontato». Lo ha detto ieri il ministro Giorgetti che ha spiegato che «la Commissione europea aprirà una procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia, della Francia e di altri dieci Paesi». Giorgetti, che ieri ha anche detto di non essere interessato al ruolo di commissario Ue, ha poi aggiunto che Roma è già in linea con i requisiti previsti dall’Ue sul piano di rientro per ridurre il deficit sotto il 3% del Pil nel tempo.
In ogni caso, la procedura d’infrazione rappresenterebbe un passaggio che, se avviato, imporrebbe all’Italia di ridurre il deficit strutturale di un minimo dello 0, 5% del Pil l’anno. Il risultato sarebbero nuove cure dimagranti e nuovi tagli alla spesa pubblica in un momento in cui il governo è impegnato a replicare misure come il taglio del cuneo e l’Irpef a tre aliquote.
Dal debito arriveranno gli ostacoli più insidiosi per il governo Meloni che nel frattempo è a caccia di 20 miliardi – almeno – che serviranno per la manovra d’autunno. Saranno indispensabili per rifinanziare le misure varate nei mesi scorsi e per evitare gli aumenti di tasse garantiti dal taglio del cuneo e dall’Irpef a tre aliquote. Per reperire le nuove risorse tornerà in ballo l’ipotesi di privatizzazioni.
(da la Stampa)
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