SALVINI E I TEMPI LONTANI DEL PAPEETE: IL LEGHISTA TORNA IN ROMAGNA IN UNA “FESTA” SOMMESSA, STAVOLTA BASTANO TRENTA SEDIE IN PLATEA
NELLA LEGA CRESCONO I TIMORI PER LE MOSSE DEL “PARTITO” DI VANNACCI
Cervia bella addio. Matteo Salvini è tornato ieri sera sulla riviera romagnola, là dove nel 2019 si consumò la saga sfortunata del Papeete: l’inizio della discesa al culmine della salita, la fine del governo a due mesi dal 34% alle Europee. Ma quella che lo attende è un’altra Cervia.
Come l’anno scorso, alla disco beach dell’amico ed ex europarlamentare Massimo Casanova, il segretario leghista neanche mette piede, i luoghi sono gli stessi ma sembra un altro mondo. Del resto, Casanova stesso ha rinunciato a candidarsi a Bruxelles visto che la sfida era impossibile. Di nuovo c’è che gli alleati di sempre, i balneari che qui contano tantissimo e che la Lega da quasi vent’anni aveva organizzato come una perfetta macchina di propaganda, sono sul piede di guerra.
Perché il governo «non è in grado di gestire il problema delle concessioni balneari». E lo dice Antonio Capacchione, il presidente di Sib Confcommercio. C’è chi vuole illudersi, «forse nel consiglio dei ministri di domani…», ma nessuno davvero ci crede più. E così, venerdì ci sarà un primo sciopero simbolico di due ore. Che senza fatti nuovi, poco probabili, diventeranno quattro ore il 19 agosto e sei (o otto) il 29 agosto. Poi, ciascuno dei gestori dovrà fare da solo i conti con i rischi che corre con le gare che dovrebbero aprirsi il prossimo gennaio, aperte a tutta Europa. «Prima – sbuffa un bagnino di Rimini rimasto leghista – Fratelli d’Italia ci ha cannibalizzato promettendo il rinnovo delle concessioni per cent’anni a chiunque. Ora, sono scomparsi tutti».
E così, quella di Salvini ieri sera è stata una toccata e fuga, come del resto già l’anno scorso. Il comizio sotto la torre San Michele sul porto canale è preceduto dall’aperitivo con gli imprenditori locali al Mare Pineta resort, ma il clima è proprio un altro. Anche la festa leghista sotto alla Torre San Michele, sul porto canale, non è più quella di un tempo. Intanto, non c’è nessuno dell’esercito di parlamentari e amministratori di un tempo. Certo, le due Camere devono votare gli ultimi decreti della serie da record degli ultimi quaranta giorni. Eppure proprio non c’è nessuno, oltre ai ministri e ai governatori che sono sul palco della festa. Persino il vice di Salvini Andrea Crippa, che con le sue camicie candide e il mojito personalizzato, di queste feste era stato uno dei protagonisti oggi resta a Roma: «Devo lavorare».
Normale che il segretario romagnolo, già sottosegretario alla Giustizia Jacopo Morrone, abbia cambiato l’assetto della festa: di fronte al palchetto, a parte quando parla Salvini, le seggioline sono soltanto una trentina, mentre i tavoli occupano spazi che prima erano dedicati agli spettatori. Va detto: quella che non cambia è la cucina straordinaria, davvero al di fuori degli standard delle feste di partito, con i manicaretti della leggendaria Ombretta che fan passare la voglia di buttarla in politica.
Nell’estate in cui gli aerei impazziscono fino al culmine del 19 luglio («troppi turisti» dice Salvini), i treni si ingolfano («Ho chiesto ai tecnici») e tra Roma e Milano in alcuni giorni ci mettono cinque ore e mezza invece della tradizionali tre (ma è previsto negli orari), tutto si è fatto complicato e quella che era «una casa» diventa una tappa qualunque nei perpetui tour del ministro vice premier.
Ma poi, quanti scricchiolii fastidiosi. Che farà il generale Vannacci? Il fatto che il comitato «Il mondo al Contrario» abbia cominciato a tesserare i suoi sostenitori (da tempo, dicono loro) crea tra i leghisti una spiacevole sensazione di smottamento. Anche se per Crippa «era tutto concordato». Il generale eurodeputato dispone di un voto leghista su quattro, le sue intenzioni non sono chiare ma nessuno è disposto a scommettere di non ritrovarsi, un bel giorno, un neo partito che taglierà ai salviniani l’erba sotto ai piedi. La Cervia di una volta, forse, era meglio.
(da agenzie)
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