SANTANCHE’ NEI GUAI: NELLA CAUSA PROMOSSA DAI PICCOLI AZIONISTI DI “VISIBILIA” SPUNTANO OTTO MILIONI E MEZZO DI EURO IN AUMENTI DI CAPITALE, ENTRATI NELLA SOCIETÀ, DEI QUALI NON SI HANNO TRACCIE
I SOLDI SONO ARRIVATI DA DUE “FONDI” ESTERI, BASATI A DUBAI E DELLA STESSA PROPRIETÀ… IL RUOLO DI “NEGMA”, MOLTO ATTRATTO DALLE SOCIETÀ DELLA SANTANCHÉ, E I CONTI IN ROSSO DELLA SOCIETÀ DELLA SENATRICE DI “FRATELLI D’ITALIA”
Otto milioni e mezzo di euro in aumenti di capitale entrati nella società dei quali non si ha una traccia precisa.
Spunta questo dato nella causa promossa da alcuni piccoli azionisti di Visibilia Editore che hanno citato al tribunale delle imprese di Milano gli amministratori della società di Daniela Santanchè sospettando “gravi irregolarità nella gestione” a loro danno.
Un contenzioso che è diventato una battaglia di trasparenza per la gestione nel quale è finito anche l’ex collegio sindacale presieduto dal noto commercialista milanese Massimo Gabelli.
Proprio mentre la senatrice di Fratelli d’Italia si prepara ad affrontare le elezioni del 25 settembre che potrebbero consacrare il suo partito come prima forza politica del Paese anche nel nord Italia, i giudici milanesi iniziano a prendere le misure di un contenzioso che potrebbe rivelare molte sorprese.
Il collegio presieduto da Amina Simonetti, in attesa che si entri nel vivo di questa causa, ha nominato una ventina di giorni fa come curatore speciale per la società Massimo Fabiani.
Ex magistrato e stimato professore universitario, Fabiani dovrà rappresentare in questo giudizio Visibilia al posto degli amministratori e per farlo dovrà cercare di capire cosa è successo negli ultimi anni nella gestione della società di così grave da costringere i soci al ricorso in tribunale dopo aver inutilmente cercato spiegazioni dagli amministratori e dal collegio sindacale.
Bilanci in rosso
Peraltro gli azionisti hanno dovuto ingoiare nel 2021 l’ennesimo fallimentare bilancio, chiuso con 3,5 milioni di euro di perdite su 4 milioni di ricavi. Un rosso, dovuto molto a inattese svalutazioni degli asset, che ha divorato quasi tutto il patrimonio netto e che ha portato anche la società di revisione Bdo Italia a non certificare il bilancio. Documento nel quale si legge che l’azienda ha accumulato un debito tributario già scaduto per 1,7 milioni di euro, che va a sommarsi a debiti previdenziali per 450 mila euro. I debiti totali, invece, si avvicinano a 7 milioni di euro.
In questa situazione, che non si fatica a definire pesante, si innesta il nodo dei soldi derivanti dai continui aumenti di capitale realizzati negli ultimi anni, anche attraverso la conversione in azioni di obbligazioni che hanno questa facoltà. I soci di minoranza li hanno ricostruiti in una relazione depositata agli atti: a partire dal 2016 sono entrati quasi 8,5 milioni di euro nella società grazie anche a questi bond sottoscritti, con inizio nel 2017, da due misteriosi “fondi” esteri, basati e Dubai e riferibili alla stessa proprietà.
Lo shopping italiano di Negma
Il primo è Bracknor Investment, con cui Visibilia che aveva chiuso un contratto di investimento da 3 milioni di euro poi passato a Negma Group, che ha accresciuto l’impegno fino a 5 milioni. Negma negli ultimi anni è diventato un importante investitore nella borsa italiana, attratto molto dalle società dove la Santanchè aveva un ruolo apicale come Bioera e Ki Group, ad esempio, oltre a Visibilia.
Tutte società che navigano in cattive acque dove il fondo sta operando con lo stesso schema e che si sommano ad altri nomi di piccole aziende, sempre quotate a Milano, quali Prismi, Askoll Eva, Fidia, ed ePrice, di cui un’importante controllata è appena stata dichiarata fallita dai giudici di Milano. Curiosa questa volontà di puntare spesso su aziende che non attraversano un buon momento.
Tornando a Visibilia editore, i soci si chiedono che fine abbiano fatto questi soldi se poi i debiti hanno continuato a salire e anche le tasse non sono state pagate. In un corposo memoriale inviato alla Consob di cui Dossier ha dato notizia in esclusiva qualche giorno fa, questo gruppo di azionisti molto arrabbiati per la gestione sollevano una serie di dubbi. Uno di questi merita particolare attenzione. Si tratta dei prestiti tra le varie società dalla galassia editoriale della senatrice, che comprende anche Visibilia Editore Holding e Visibilia Concessionaria.
La segnalazione alla Consob
“Tutte aziende riconducibili” a Santanchè scrivono i soci alla Consob, che sono a monte della catena di controllo della società quotata. “Dai bilanci depositati” si legge nel memoriale, “non solo risulta che la Visibilia Editore ha finanziato le sue controllanti, ma addirittura che valuta i crediti verso le stesse a rischio di difficile recupero”.
La Santanchè in una lettera a sua firma datata dicembre 2020, che Dossier ha potuto visionare, aveva invece negato che fossero stati erogati finanziamenti a queste due società, che avrebbero poi utilizzato questi soldi per acquistare azioni di nuova emissione, in palese contrasto con il codice civile. Saranno i giudici a dover capire meglio cosa è successo.
“La circostanza che sia la Visibilia Editore che le sue controllanti sono tutte riconducibile alla senatrice Santanchè, persona politicamente esposta, avrebbero dovuto comportare una vigilanza più accorta e stringente dell’ordinario” dicono gli azionisti alla Consob con un chiaro accento polemico.
C’è da dire che nel mercato dov’è quotata la società – Euronext Growth Milan (ex Aim) – per espressa volontà del Parlamento Consob non vigili sui bilanci, come negli altri mercati di Borsa, ma solo sulla regolarità degli scambi. E quindi sarà il giudice civile, e magari la procura, a dover verificare se il comportamento degli amministratori nella gestione del denaro entrato grazie agli aumenti di capitale sia stato gestito in modo oculato.
A proposito della regolarità degli scambi, il secondo grande problema sollevato dai soci, assistiti dall’avvocato Antonio Piantadosi, è quello dell’effetto sul valore dei titoli di Visibilia Editore nella conversione in azioni delle obbligazioni acquistate negli ultimi anni da Negma. Senza entrare in inutili tecnicismi che distoglierebbero dall’attenzione, il risultato di queste conversioni è stato quello di far crollare letteralmente il valore titolo che già soffriva dei risultati negativi dell’attività editoriale.
Di chi sono i soldi?
Un bagno di sangue per chi ha investito negli scorsi anni, dovuto probabilmente al fatto che questi titoli non erano mantenuti nella proprietà di Negma una volta acquisiti, ma erano immessi sul mercato in grandi quantità, anche a prezzi che hanno lasciato dubbiosi i soci. I quali hanno pensato bene di chiedere lumi in passato su questo fondo ottenendo ben poche risposte. Negma, come riportato nelle scorse settimane da Dossier, ha una sede fisica a Dubai. Ma l’ex collegio sindacale aveva indicato come sede le British Virgin Islands (Bvi), paradiso fiscale offshore caraibico molto opaco. Un rilievo che sempre Dossier ha potuto riscontrare in autonomia e carte alla mano.
Anche Dossier ha fatto qualche approfondimento a proposito. Tempo fa, come già scritto, avevamo rivelato che la sede italiana di Negma in realtà non esiste. Quantomeno nell’indirizzo indicato nel sito internet, cui corrisponde una sede di un coworking dove da più di un anno la società non sarebbe presente. Negma, che presenta essa stessa come un “fondo” che investe a livello internazionale e così è spesso rilanciata dalla stampa, in realtà non sarebbe nemmeno un fondo d’investimento in senso proprio del termine.
E non è un dettaglio da poco. Negli elenchi della Financial service commission delle Isole Vergini Britanniche, l’ente che controlla e autorizza i fondi, non c’è traccia di Negma e nemmeno di Bracknor, l’altro “fondo” che l’ha preceduto e che risulta riferibile sempre alla stessa persona.
Anche in Italia Negma non ha ottenuto nessuna autorizzazione da Banca d’Italia, nemmeno come intermediario finanziario. Eppure, sostengono i soci, quando ha sottoscritto le obbligazioni Visibilia Editore ha preteso il pagamento di una commissione del 5%, come se fosse un intermediario. A che titolo sarebbero dovuti questi soldi se non può agire da intermediario?
Negma è davvero un fondo?
Se quindi non è un fondo (e la questione è ancora aperta perchè potrebbe essere registrato altrove nel mondo, ma al momento non è possibile verificarlo) allora è una semplice società. La differenza non è da poco: anche nelle Isole Vergini Britanniche i fondi sono soggetti a una vigilanza sull’origine del denaro che vi confluisce in gestione. Si può sapere a chi appartiene. Questo è molto difficile da capire per le società, le “limited company” come sarebbe in realtà Negma, che proprio in questi paradisi trovano ampia protezione da occhi indiscreti come hanno dimostrato i tanti scandali del passato come i Panama Papers e i Pandora Papers.
Dossier ha individuato una banca italiana, piuttosto importante e quotata in Borsa, dove è acceso un conto corrente di Visibilia Editore che riceve il denaro da Negma quando quest’ultima acquista le obbligazioni. Denaro in arrivo dall’estero che deve essere sottoposto ad “adeguata verifica” come impongono gli standard normativi internazionali “anti riciclaggio” cui l’Italia si è adeguata con leggi ad hoc. Nel caso vi siano dubbi le banche italiane devono inviare una specifica segnalazione all’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia.
Abbiamo chiesto dunque alla banca stessa se la filiera dei controlli riguardo le persone politicamente esposte (quale è Daniela Santanchè) fosse stata rispettata. Ci è stato risposto che l’informazione non può essere rilasciata, vista l’esistenza di una privacy molto rigorosa.
(da Milanotoday)
Leave a Reply