SILVIO FA AMMUINA SUL NAZARENO: RICOMPATTA IL PARTITO CON UN FINTO MANDATO A TRATTARE CON RENZI
MA IN REALTA’ L’ACCORDO C’E’ GIA’… E FITTO DIVENTA DI FATTO IL NUMERO DUE DI FORZA ITALIA
La grande ammuina va in scena quando Silvio Berlusconi prende la parola di fronte al parlamentino del suo partito.
Chiamato a prendere decisioni irrevocabili sul “patto” con Renzi, che mezzo partito considera la dolce morte che il Cavaliere offre al premier per stare nel gioco che conta: il Great game del Quirinale.
Per convincere i suoi, Berlusconi “paga”. Per arrivare al tavolo con un partito unito, il prezzo del Nazareno è il controllo del partito e un’opposizione più dura al governo sull’economia.
Accoglie cioè la ragioni del ribelle Raffele Fitto.
È con lui la trattativa interna condotta sin da quando l’ex governatore pugliese si siede a tavola a palazzo Grazioli, con i commensali che contano, ovvero Denis Verdini, Gianni Letta e Niccolò Ghedini.
In quella sede si realizza la svolta. Per non avere una fronda interna che ormai supera i 35 parlamentari — più di un terzo di Forza Italia — Berlusconi assicura a Fitto la sterzata di opposizione sull’economia, che sarà messa nero su bianco nel documento approvato qualche ora dopo dall’ufficio di presidenza.
La prova che stavolta si fa sul serio è l’ex premier fa suoi tutti gli emendamenti alla legge di stabilità presentati da Fitto e da Daniele Capezzone, le cui competenze sui dossier economici tra l’altro sono sempre state apprezzate a palazzo Grazioli.
Ma la “svolta” vera è sulla “gestione” del partito.
Ai suoi l’ex premier parla di “rifondazione di Forza Italia con Raffaele Fitto”.
Parole che suonano come un riconoscimento al “ribelle” che, nella stessa sala, fu bollato la volta scorsa come “un vecchio democristiano” e un “parroco di Lecce”.
È attorno a una sorta di “co-gestione” del partito che a pranzo è stato siglato il patto. Nel senso che l’ex premier si è impegnato non solo a coinvolgere Fitto nella scelta dei coordinatori regionali del Sud e nell’organizzazione dei congressi, ma soprattutto si è impegnato a farlo sedere al tavolo delle liste.
È questo il punto cruciale, la rassicurazione più importante proprio nel momento in cui l’accordo sulla nuova legge elettorale prevede i capilista bloccati, ovvero nominati come nel Porcellum.
Fitto, parola di Berlusconi, parteciperà alla spartizione dei nominati azzurri.
Questo è il prezzo dell’unità , per evitare che il Nazareno trovi in Parlamento il Vietnam tra le truppe azzurre.
Proprio la parola “unità “, viene enfatizzata nella dichiarazione di fine giornata, e prima che il premier inizi la registrazione di Porta a Porta:
“Non posso che esprimere – dice Berlusconi – grande soddisfazione per la rinnovata unità del partito. Ringrazio tutti i componenti per il loro voto all’unanimita’ con il quale mi hanno dato anche pieno mandato a trattare con il presidente Renzi sulle riforme”.
Una trattativa (con Renzi) su cui va in scena l’ammuina perfetta.
Col Cavaliere che, nel corso del suo intervento, alza un po’ l’asticella, ma stando attento a non rompere: “Si al confronto — dice – no ai diktat”. Alla fine viene approvato un documento molto blando, che dà a Berlusconi ampi margini di manovra nel faccia a faccia Renzi che fonti azzurre confermano per domani. Margini per forzare, ma anche per accettare una resa totale. Questo il passaggio cruciale del documento consegnato dal Parlamentino di Forza Italia a Berlusconi per “trattare” con Renzi:
“Confermiamo la nostra volontà di collaborare alla scrittura della legge elettorale e delle riforme istituzionali, ma ovviamente senza subire diktat o imposizioni di alcun tipo. Le nostre posizioni a favore di un chiaro bipolarismo sottolinea sono note, così come sono note le nostre proposte su ognuno dei punti tuttora aperti. Se alcune modifiche prospettate nelle ultime ore dalla maggioranza dovessero effettivamente concretizzarsi si porrebbe a rischio la semplificazione del sistema politico e la effettiva governabilità del paese, modificando unilateralmente lo spirito e l`essenza degli accordi intercorsi.”
Significa che Berlusconi è pronto a dire di sì al premio di lista — anzi lo ha già detto attraverso gli ambasciatori – ma vuole un segnale che venga alzata la soglia del 3 per cento per i piccoli.
È il copione concordato da Verdini e palazzo Chigi in questi giorni.
Perchè l’ex premier ha bisogno di stare nella trattativa del Nazareno senza dare l’impressione di subire i diktat e incassando qualcosa.
Sul 4 per cento l’accordo è nei fatti: proprio mentre Renzi ha scritto 3 nel documento di maggioranza sapeva che l’avrebbe alzare al 4 per chiudere con Berlusconi.
Così come sapeva che avrebbe dovuto aumentare il numero dei collegi per aumentare, in tal modo, il numero dei nominati.
L’ammuina prevede che si andrà avanti così, intrecciando legge elettorale e trattativa sul Quirinale, cambiando un po’ lo spartito rispetto agli ultimi mesi.
Meno complicità — o “innamoramento” per parafrasare D’Alema — e confronto su ogni questione.
A partire, ovviamente, dal Quirinale.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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