SMACCHIARE IL CANGURO: GUAI A CRITICARE IL COLLE
L’INTERVISTA DI GHERARDO COLOMBO E LE TRAGICOMICHE DIFESE D’UFFICIO DELLA STAMPA-ZERBINO
Il guaio, per Renzi e l’allegra compagnia di ventura che sta cercando di scassare il Parlamento per scassinare la Costituzione, è che sopravvivono in Italia alcuni putribondi figuri che la Costituzione l’hanno letta, e persino capita.
Giuristi, intellettuali disorganici, artisti, semplici cittadini che stanno contribuendo al successo dell’appello del Fatto, giunto a 200mila firme in due settimane.
L’altroieri ha aderito Gherardo Colombo, ex pm, ora presidente della Garzanti e membro indipendente del Cda Rai, impegnato da anni in un giro delle scuole e dei teatri per spiegare la Costituzione.
Nell’intervista a Silvia Truzzi, Colombo si è permesso — con il suo ragionare pacato, rispettoso e argomentato — di appellarsi al presidente della Repubblica, che ha giurato non una, ma due volte sulla Costituzione: quella del 1948, non un’altra.
E ha osato ricordare il percorso ideologico di Giorgio Napolitano, che fino ai 20 anni fu fascista, poi comunista dal novembre ’45 (quando fu proprio sicuro che Mussolini fosse morto), stalinista e filosovietico nel ’56 con l’imbarazzante elogio dei carri armati dell’Armata rossa che schiacciavano nel sangue la rivolta d’Ugheria, ma anche nel 1964 quando esaltò l’espulsione e l’esilio di Solgenitsin e nel 1969 quando partecipò all’espulsione dei compagni del Manifesto che osavano criticare Mosca per la repressione della Primavera di Praga, e infine divenne filocraxiano nei primi anni 80, attaccando frontalmente Berlinguer, reo di insistere troppo sulla “questione morale”.
Colombo ricorda le radici del “centralismo democratico” e del “primato della politica” (cioè del partito e poi dei partiti), per spiegare l’appoggio del Colle al disegno antidemocratico Senato & Italicum e alle tagliole & canguri antidemocratici imposti da Grasso al Senato.
E le reazioni da destra, centro e sinistra è un piccolo trattato su com’è ridotta la democrazia in Italia: la miglior conferma alle tesi di Colombo.
Sul Corriere, il corazziere Paolo Franchi freme di sdegno perchè Colombo “da magistrato ai tempi di Mani Pulite proponeva a se stesso e ai suoi colleghi di ‘rovesciare l’Italia come un calzino’. I risultati sono sotto gli occhi di tutti”.
Forse confonde Colombo con Davigo, che peraltro non propose mai di “rovesciare l’Italia come un calzino”: fu accusato di volerlo fare da Giuliano Ferrara.
Il fatto poi che la corruzione sia sopravvissuta all’inchiesta su Tangentopoli non è certo colpa del pool di Milano (“i risultati sotto gli occhi di tutti”): a meno che Franchi non ritenga che la sopravvivenza della mafia sia colpa del pool di Falcone e Borsellino.
Non contento, Franchi si avventura poi nella difesa del passato più indifendibile di Napolitano, dando a Colombo del “cocomeraio” che fa “un’immangiabile marmellata di marcia su Roma, Stalin, Ungheria” e accusando Silvia Truzzi di non avergli domandato che c’entri tutto ciò con la riforma costituzionale.
Se sapesse leggere, il corazziere scoprirebbe che la nostra giornalista quella domanda l’ha fatta, e Colombo ha risposto.
Se poi a Franchi la risposta non garba, affari suoi. Ma non si comprende cosa voglia, anzi lo si comprende benissimo: vorrebbe che ci allineassimo al giornalismo italiota, che censura i fatti per non disturbare il manovratore.
Come Massimo Bordin del Foglio, che dipinge Colombo come un rampollo dell’“èlite milanese che negli anni 60-70 trovava posto dietro i ritratti di Stalin portati in processione da Capanna”: forse lo confonde col suo direttore Ferrara, lui sì ex comunista togliattiano.
Il meglio però lo dà il fu Giornale, che registra una ridicola nota del Quirinale: “La storia del presidente parla da sola” (appunto).
E riprende le tragicomiche difese d’ufficio dei pidini, letteralmente sgomenti dalla comparsa di un uomo libero. Miguel Gotor invita Colombo a “rileggersi la biografia di Napolitano” (ri-appunto). E tale Stella Bianchi trova “impossibile che quelle frasi inaccettabili vengano da un uomo delle istituzioni”.
Giusto: un uomo delle istituzioni dovrebbe usare la propria libertà di parola solo per incensare chi comanda.
Resta da capire la differenza fra le istituzioni e Cosa Nostra.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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