STAVOLTA RENZI NON HA TORTO: “SUL RECOVERY SI CAMBIA O VOTIAMO CONTRO”. SALTA IL CONSIGLIO DEI MINISTRI
ANCHE IL PD E’ CRITICO… UN GOVERNO NON PUO’ DELEGARE A 300 PRESUNTI ESPERTI E 6 MANAGER LA GESTIONE DELLE RISORSE, NEGLI ALTRI PAESI EUROPEI I GOVERNI SI ASSUMONO LE RESPONSABILITA’
Se è saltato il consiglio dei ministri è perchè hanno capito che quello di Renzi non è un “penultimatum” a favor di stampa ma un “ultimatum” a favor di Conte.
E che, detta in sintesi, a questo punto o il premier torna indietro ridiscutendo tutto — il piano, l’allocazione delle risorse, i compiti e la natura della cabina di regia — oppure il rischio di andare a sbattere è concreto.
Perchè, ha spiegato Renzi ai suoi, “o toglie dalla manovra la norma sulla cabina di regia e anche il progetto di fondazione sui servizi segreti o votiamo contro la manovra”.
È per questo che, in un crescendo dichiaratorio, ha detto ai microfoni del Tg2 che, per come si è messa “teme la rottura”, parole che rendono complicata una frenata se a palazzo Chigi non si deciderà di accogliere la richiesta. Scenario per cuori forti, in piena sessione di bilancio, nel pieno di una pandemia, col paese chiuso in casa a Natale.
La verità è che Renzi ha azzeccato la mossa, comprendendo che siamo a uno snodo: i tempi, le modalità , il terreno. E non è un caso che, proprio attorno all’iniziativa, si registri un clima nuovo, proprio nella sinistra.
Bettini invita a prenderlo sul serio, ecco perchè, prima di arrivare a questo punto, aveva suggerito una discussione profonda sull’assetto di governo; in pochi lo attaccano come una volta, contano le parole che in altri tempi gli venivano dette su “stabilità ”, “responsabilità ” e “irresponsabilità ” che, stavolta, invece restano bloccate nelle ugole dei dichiaratori.
E in parecchi sussurrano dentro il Pd che “anche se lo dice Renzi è vero”, inviandogli messaggi di condivisione, che celano un malessere che cova al fondo su una linea che non è linea: c’è la pandemia, non c’è l’alternativa a questo governo e, anche se fa cose discutibili che se le avesse fatte la destra si sarebbe urlato all’allarme democratico, si deve essere usi ad ubbidir tacendo.
In fondo, magari in modo meno guascone, più riflessivo, meno irriverente ma, insomma, il concetto di fondo non sarebbe stato un’eresia se lo avesse detto qualche alto in grado al Nazareno. E invece lo dice Renzi, proprio lui: “Così non si può andare avanti con una misura che sostituisce il governo con una task force, la seduta del Parlamento con una diretta su Facebook, noi abbiamo mandato via Salvini per non dargli i pieni poteri, ma non è che li diamo a Conte”.
Effettivamente che gli vuoi dire, se non che ha trovato un terreno perfetto che gli consente di parlare non di rimpasto, poltrone, alchimie, ma di una questione di dignità delle istituzioni. E infatti, sulle chat di Italia Viva, ha messo nero su bianco questa regola di ingaggio: “Chi parla di rimpasto, lo asfalto”.
Gliel’hanno servita su un piatto d’argento. Era stato il premier ad assicurare un ampio dibattito parlamentare sul più grande piano di ricostruzione dal dopoguerra e invece ha recapitato una bozza all’una di notte ai ministri.
Si è pure inventato una struttura che esautora il governo, prevedendo poteri in deroga per un gruppo di manager non si sa scelti come, con meccanismi di assunzione fuori dal controllo della Corte dei conti: “È una roba— ha spiegato Renzi ai suoi – fuori dal mondo. Ero anche andato a trovarlo per aiutarlo per una ripartenza su un nuovo assetto, erano tutti d’accordo e la risposta quale è stata? Due interviste per prendermi per i fondelli e una struttura che non sta nè in cielo nè in terra.”.
E ora in una situazione che è un classico muro contro muro, qualcuno ci perde la faccia. Difficile che, a questo punto, Renzi si accontenti di quattro poltrone dentro la cabina di regia. Così giura a chi gli chiede lumi: “Su questa cosa si va fino in fondo, è una linea Maginot. Servono i tecnici? E allora andiamo su un governo tecnico. Io la faccia non ce la perdo”.
Se però Conte sarà costretto a stralciare la norma dalla finanziaria, accettando un dibattito e una norma ad hoc sulla cabina di regia non si sarà consumata solo una dimostrazione di forza nel governo, ma sarà andata in scena anche una lezione nei confronti del Pd. E cioè che si può stare al governo anche senza calare le braghe.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply