STRANIERO NON SIGNIFICA DELINQUENTE
LA CEI AMMONISCE: “OLTRE ALLA SICUREZZA, L’ITALIA PENSI A UN PACCHETTO INTEGRAZIONE”…BASTA EQUIPARARE GLI IMMIGRATI AI DELINQUENTI, SENZA FARE NULLA PER GARANTIRE LORO ANCHE I DIRITTI….FINI ESORTA: “LO STATO DEVE EDUCARE A SUPERARE I PREGIUDIZI, ANTICAMERA DEL RAZZISMO”
“E’ ora che l’Italia, in tema di immigrazione, oltre alla sicurezza, punti all’integrazione, perchè senza un pacchetto integrazione non ci potrà mai essere una vera politica migratoria”: a tirare le orecchie alla politica del governo italiano stavolta è il presidente della Commissione episcopale migrazioni, mons. Bruno Schettino, in occasione della presentazione del XIX Rapporto Caritas/migrantes sull’immigrazione nel nostro Paese.
“Da più di un anno sentiamo solo parlare di pacchetto sicurezza, rafforzando il malinteso dell’equiparazione tra gli immigrati e i delinquenti. Non si parla mai del pacchetto integrazione, di un’impostazione più equilibrata che non trascuri gli aspetti relativi alla sicurezza, ma li contemperi con la necessità di considerare gli immigrati come nuovi cittadini, portandoli a essere soggetti attivi e partecipi nella società che li ha accolti”.
La vera sicurezza nasce dall’integrazione, “dalla concezione del migrante come persona portatrice di diritti fondamentali inalienabili: le decisioni politiche trovano un limite nel rispetto della dignità delle persone”.
In Italia il problema, per speculazione politica, è stato posto solo in funzione della presunta sicurezza (nei fatti neanche poi garantita), mentre parlando di immigrazione regolare prevalgono di gran lunga i benefici che essa arreca, rispetto agli inconveniente che comporta.
Basti pensare ai milioni di immigrati che lavorano onestamente, alle badanti che assistono i nostri anziani, agli operai che fanno lavori che gli italiani non sono più disposti a fare, alle tasse che pagano allo Stato italiano, alle imprese che hanno creato.
“Non si tratta di un fenomeno eliminabile a piacere, la loro presenza è funzionale allo sviluppo del Paese, costituendo un puntello al nostro andamento demografico e alle carenze del mercato occupazionale”, ricorda mons Schettino.
I dati del nuovo Dossier Caritas ridimensionano poi l’allarme criminalità legato agli immigrati e fa vacillare il clichè degli “italiani brava gente”, a seguito dei ricorrenti atti di razzismo e intolleranza nei confronti degli immigrati.
Per queste ragioni, secondo la Cei “bisogna cambiare e favorire condizioni di vita più serene per noi stessi e per gli immigrati, agevolando un loro inserimento nella società “.
Un processo che comporta diritti e doveri, ma che “può passare anche attraverso le regolarizzazioni per chi lavora, la concessione della cittadinanza e maggiori aperture sul voto amministrativo”.
Nel corso della presentazione del rapporto, il presidente della Camera, Gianfranco Fin,i ha aggiunto che “in Italia non c’è razzismo, ma tanta xenofobia che è l’anticamera del razzismo: xenofobia significa paura dello straniero, c’è tanta ignoranza e serve un impegno delle Istituzioni per contrastare il pregiudizio, anticamera dell’ignoranza e della ripulsa”.
Ci sembrano parole di buon senso, ma, come tali, ovviamente non piacciono a chi fa le sue fortune politiche sfruttando e alimentando il razzismo latente negli esseri umani.
E in Italia si è sbagliato su due livelli.
Lo straniero che viene per delinquere deve essere fermato e rispedito a casa in 24 ore, chi lavora e vive onestamente va rispettato come tutti gli esseri umani.
Chi fa propaganda razzista e incita all’odio razziale, deve farsi almeno 3 anni di galera senza condizionale, sia esso ministro o semplice cittadino, soggetti scortesi o “gentilini”.
Si deve far capire a tutti che lo Stato non scherza, nè coi delinquenti stranieri nè con quelli nostrani.
Nessun partito deve permettersi di fare propaganza razzista, altrimenti deve essere sciolto in 24 ore e confiscati tutti i beni personali dei dirigenti.
In poco tempo si creerebbe un clima costruttivo di collaborazione.
Il problema è internazionale e va affrontato in Italia ad un tavolo che deve vedere impegnati maggioranza e opposizione, magistratura e organizzazioni umanitarie, media e istruzione.
Devono essere fissate regole e fatte rispettare.
Se un italiano è costretto a lavorare all’estero, deve rispettare le leggi del Paese che lo ospita, altrimenti è giusto che venga rispedito a casa.
Ma se si comporta onestamente deve avere garantiti anche dei diritti, non essere trattato come una bestia o additato come un criminale solo per il colore diverso della pelle o perchè alimentare l’odio fa comodo a qualche politico mentecatto che così si garantisce la poltrona.
In Italia si passa da un estremo all’altro facilmente, si trova sovente un capro espiatorio di comodo per mascherare le nostre carenze, ma così restiamo in fondo a tutte le classifiche.
Una destra moderna non vive per tutelare la fobia di qualche rincoglionito razzista, deve avere il coraggio della sfida e del confronto.
Aprirsi al mondo non vuol dire rinunciare alle proprie radici e ai propri valori, significa farli vivere nel futuro, cementarli nelle coscienze, esserne esempio vivente e tollerante.
Non si giudicano le persone dal colore della pelle, ma dal cervello, dal loro sentimento, dalla loro umanità , dal loro cuore.
A destra si deve imparare a crescere, non dobbiamo gestire un cimitero assicurandoci che siano matenute le distanze esatte tra i cipressi, dobbiamo creare un mondo di vivi, di anime coraggiose, di pensieri innovativi, di creazioni impossibili, di traguardi ambiziosi, di azioni anticonformiste, di uomini scomodi.
Osare sempre per andare oltre.
Leave a Reply