TRUMP CONTINUA CON COMPLOTTI E FALSITA’, I SUOI PREOCCUPATI: “PARLI DI POLITICA INVECE DI INSULTARE KAMALA”
UNO DEI PEGGIORI CRIMINALI DELLA STORIA AMERICANA PUO’ AVERE UN SEGUITO SOLO DI DELINQUENTI COME LUI
Consiglieri e finanziatori della campagna gli avevano chiesto di condurre la battaglia elettorale sui contenuti. Ma Donald Trump, dopo un paio d’incursioni sull’aumento dei prezzi e su un’inesistente impennata del crimine (in netto calo nelle 69 maggiori città Usa), è tornato al vecchio copione: attacchi a Kamala sull’aspetto fisico, sull’identità razziale, sul quoziente di intelligenza.
Qui, alla convention democratica di Chicago, Barack Obama si toglie i guanti, lo attacca con una durezza estrema, fino all’insulto e il suo ex capo di gabinetto alla Casa Bianca spiega che Trump ora paga il profondo risentimento del leader democratico nato quando, nel 2011, The Donald lo accusò di aver falsificato il certificato di nascita per nascondere la sua ineleggibilità.
Il senatore Lindsey Graham, alleato di Trump, lo avverte: «Se imposti il dibattito sulla politica vinci, se fai il provocatore e lo showman stavolta puoi perdere».
Gli fa eco Nikki Haley: focalizzati sui contenuti, smetti di misurare la folla dei comizi della Harris. E Howard Kurz, commentatore della Fox, nota che insulti, volgarità e attacchi incomprensibili (come quello su una misteriosa «regulatory jihad» della «camerata Kamala»), possono fargli più male che bene. Ma poi conclude, sconsolato, che si può solo «lasciare Trump libero di essere Trump».
È quello che Donald rivendica: «Fatemi fare a modo mio, chi mi spinge a cambiare non è arrivato alla Casa Bianca, io sì». Del resto My Way di Frank Sinatra è la colonna sonora preferita dei suoi comizi.
E ora, per rendere i suoi attacchi ancora più taglienti richiama nel suo team Corey Lewandowski, il mastino della campagna elettorale 2016. Ecco, allora, che con la controffensiva lanciata in Pennsylvania e Michigan durante la convention democratica, Trump torna ad attaccare non solo l’aspetto di Harris («Sono più attraente io. Avete visto come appare sulla copertina di Newsweek? Io non la riconoscevo, mi sembrava Sofia Loren») ma anche la sua identità. Prima falsa nera, ora straniera: «Vi siete chiesti da dove viene?» Parole che sembrano preparare un ritorno all’obiezione sull’eleggibilità di Kamala formulata da Trump già quattro anni fa e finita nel nulla (lei è nata in California).
Ma The Donald, forte della sua capacità di fiutare i punti deboli degli avversari, non si è fatto mai problemi a ignorare l’evidenza, a colpire costruendo falsità. E dopo aver accusato Kamala di aver usato l’AI per costruire immagini di folle inesistenti a un suo comizio (ed essere stato sbugiardato), diffonde lui stesso sulle reti sociali deep fake costruiti con l’AI nei quali Kamala parla davanti a un’assemblea di comunisti. E poi donne (inesistenti) che inneggiano a Trump (i sondaggi attribuiscono alla Harris un vantaggio di 14 punti nell’elettorato femminile).
Intanto finisce nel mirino anche il suo vice, Tim Walz, reo di essere stato troppe volte in Cina (negli anni ’90) dopo aver insegnato lì per un anno: la Commissione Oversight della Camera (a guida repubblicana, ha tentato invano di arrivare all’impeachment di Biden) ha lanciato un’inchiesta sulla «lunga e affettuosa relazione di Walz con la Cina comunista».
Usa. Per capire cosa aspetta Walz nella rovente vigilia del voto, basta accendere la Fox che dà voce alle teorie cospirative: «È un agente in sonno dei cinesi».
(da agenzie)
Leave a Reply