VERONA, DUE RISORSE ARIANE MINORENNI BRUCIANO CLOCHARD CHE DORMIVA IN AUTO
IL CORPO DELL’UOMO TROVATO CARBONIZZATO… “VOLEVAMO FARGLI UNO SCHERZO”, MA LO PERSEGUITAVANO DA TEMPO
«Volevamo solo fargli uno scherzo». Gli occhi impauriti sono quelli di un bambino che dimostra perfino meno dei suoi tredici anni. Di fronte al magistrato Stefano Aresu è spaventato ma non piange, come non si rendesse conto fino in fondo in che razza di guaio si è cacciato: sospettato assieme a un amico di 17 anni per l’omicidio di un clochard marocchino, arso vivo nell’abitacolo della vettura abbandonata a Zevio, nel Veronese, che da qualche tempo era diventata la sua casa.
L’inchiesta
Le indagini sono ancora in corso e quindi anche quella che suona come una confessione, vista l’età del ragazzino, viene presa con le pinze dai carabinieri. Fonti investigative si limitano a confermare che per la morte di Ahmed Fdil, 64 anni, trovato carbonizzato il 13 dicembre alle 20 di sera, «ci sono degli indiziati a piede libero». Nient’altro.
Il racconto fatto dal minore in queste ore viene analizzato e confrontato con le testimonianze della gente del posto, che da tempo vedeva un gruppetto di adolescenti «tormentare» per noia il marocchino, che in Italia viveva da quasi trent’anni e che era finito a vivere per strada dopo che la fabbrica nella quale lavorava come operaio specializzato l’aveva inserito nell’elenco dei dipendenti in esubero.
L’incendio
Quella sera, i vigili del fuoco erano stati chiamati per spegnere le fiamme che avvolgevano la Fiat Bravo con all’interno Fdil. Lui avrebbe anche tentato di liberarsi, visto che il suo corpo era in parte riverso all’esterno, all’altezza della portiera anteriore destra. Ma non ce l’ha fatta. Inizialmente si pensava a una tragica fatalità . Il clochard fumava molto, nel paesino di Zevio l’avevano soprannominato «Il Baffo» e lo descrivevano «sempre con la cicca in bocca».
Quindi l’ipotesi dell’incidente: il marocchino che si addormenta con la sigaretta tra le mani, magari dopo aver bevuto troppo, il mozzicone che cade sulle coperte e i tessuti che prendono fuoco, scatenando l’inferno.
Le voci
Ma già nei giorni successivi, tra la gente hanno cominciato a circolare strane voci. Alcuni testimoni, e i connazionali della vittima, raccontavano di alcuni adolescenti che avevano preso di mira Ahmed Fdil con scherzi di vario genere. «Quei ragazzini, saranno stati due o tre, lo perseguitavano», racconta Sonia, che abita a due passi dal luogo del rogo. «Li ho visti che lo pedinavano, rimanendo rasente ai muri. E poi il rumore dei petardi che gli tiravano contro…. Anche quella sera ho sentito un botto, e quando mi sono affacciata alla finestra ho scorto le fiamme intorno all’auto». A distanza di quasi un mese, a poche centinaia di metri dal piazzale in cui si è consumata la tragedia, sull’asfalto ci sono ancora i resti di cartone delle «miccette» esplose.
La coppia di testimoni
Diversi residenti indicano con insistenza l’abitazione di una coppia: «Loro avevano affrontato quei teppistelli faccia a faccia, dicendo che dovevano piantarla di molestare Il Baffo. Ma non è bastato…». La coppia, due professionisti, non vuole esporsi: quello che avevano da dire, probabilmente, l’hanno già riferito ai carabinieri.
Utili alle indagini sarebbero le foto e i video forniti proprio dai primi soccorritori intervenuti sul posto, alcuni dei quali mostrano l’auto in fiamme. Ma a spostare l’attenzione sui ragazzini sono le testimonianze di chi, al momento del rogo, ha sentito lo scoppio. Una delle ipotesi, ancora tutta da verificare, è che i ragazzini possano aver lanciato dei petardi nell’auto nella quale dormiva il marocchino e che la fiammata abbia innescato l’incendio.
Il patto del silenzio
Il tredicenne, sentito dagli investigatori, avrebbe invece raccontato di aver dato fuoco, assieme all’amico, a della carta assorbente per poi lanciarla attraverso il finestrino. Infine la fuga e il «patto di sangue» tra i due adolescenti: non rivelare mai a nessuno quanto accaduto quella sera. Ma le bugie sono crollate sotto le domande del pm di Verona che, dopo aver raccolto la testimonianza del tredicenne, ha immediatamente inviato il fascicolo – compreso della relazione dei vigili del fuoco – alla procura per i minorenni di Venezia, che dovrà decidere come procedere nei confronti dei ragazzini. Entrambi restano a piede libero. E il tredicenne, vista l’età , non è neanche imputabile.
(da agenzie)
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