VINCERE PERDENDO E’ LA GRANDE NOVITA’ DELLE AMINISTRATIVE: CHE BELLO, HO PERSO SOLO 243.000 VOTI
SUCCEDE AL PD CHE HA VISTO SPARIRE, RISPETTO ALLE COMUNALI 2008, BEN 291.000 VOTI E ALLE POLITICHE DI FEBBRAIO 243.000 VOTI… SUCCEDE AL PDL CHE NE PERDE RISPETTAVAMENTE 458.000 E 163.000
Vincere perdendo è la grande novità delle amministrative 2013.
Succede al Pd, che rispetto alle Comunali del 2008 ha visto sparire 295 mila voti, cioè il 43% del suo elettorato.
Un dato che fa il paio con le politiche dello scorso febbraio nei 16 comuni capoluogo andati alle urne: meno 243 mila voti, bruciato il 38% delle schede ottenute da Bersani.
Molto ma molto peggio va nel Pdl.
Dissolti 458 mila voti rispetto alle gloriose elezioni 2008 (con un 65% di delusi) e 163 mila rispetto alle urne di febbraio 2013, sempre sul campione dei capoluoghi.
Tracollo infine per la Lega Nord, che ha perso la metà del consenso in cinque anni, e percentuali da sballo per le formazioni di destra mentre in controtendenza stanno le formazioni di sinistra (Sel, Rc, Arcobaleno).
Tutte le analisi sul voto si precipitano a spiegare l’origine di questi numeri da tregenda.
Innanzitutto l’anno 2008 è un termine di paragone imperfetto: lì le elezioni comunali erano associate alle politiche, peraltro molto accese, e perciò più partecipate.
Se il paragone si fa tra i risultati di oggi e quelli delle consultazioni amministrative successive al 2008, cioè i Comuni andati a votare tra il 2009 e il 2012, il calo della partecipazione si attenua con gradualità .
Spiega il Cise, centro studi elettorali della università Luiss: “Considerando i 16 comuni capoluogo al voto, l’affluenza è stata del 56,2%, con una perdita di 19,2 punti rispetto alla tornata precedente. Anche allargando lo sguardo fino a comprendere l’insieme dei 92 comuni superiori ai 15.000 abitanti la sostanza non cambia: 60,5% di affluenza e un calo di 16,2 punti. Alle amministrative dell’anno scorso, nei 26 comuni capoluogo al voto la diminuzione dell’affluenza fu esattamente la stessa dello scorso weekend (8,2 punti) e la partecipazione complessiva fu del 63,5%. Andando ancora più indietro, nella tornata amministrativa del 2011 (quella che coinvolgeva città come Milano, Napoli e altri 21 capoluoghi), la partecipazione fu del 65,3%”.
Dunque il calo ha colpito l’Italia dei partiti con le cifre più drammatiche (meno 20 per cento a Roma, meno 24 a Pisa, meno 19 a Sondrio) solo guardando parecchio indietro. Ma la colpa dei brutti risultati dipende soprattutto dalla voragine romana: la capitale ha segnato il record negativo dell’affluenza con il 52,8 per cento, un valore pesante da reggere sull’intero corpo votante e che ha punito severamente sia il Pd che il Pdl.
“Il dato dell’astensione resta l’elemento principe in questa tornata – conferma Gianluca Passarelli, ricercatore dell’Istituro Cattaneo -. Una disaffezione che ha incanalato una serie di elementi diversi: la stanchezza generale verso i partiti, le urne così ravvicinate tra politiche, regionali e comunali, la delusione per Grillo che in questi primi mesi di attività parlamentare s’è dimostrato poco duttile. Mettiamoci pure un governo di larghe intese che di sicuro non spinge gli elettori a esprimersi con decisione, ed ecco il risultato di queste ore”.
L’istituto ha cercato di capire in dettaglio come si siano mossi i flussi analizzando quattro città campione (Barletta, Treviso, Brescia e Ancona): anche in provincia vincono astensione e ritorno alle origini.
Una delusione cui non scampa il Movimento 5 Stelle, che pur migliorando la performance sul territorio rispetto alle primissime apparizioni, perde 415mila voti guardando alle politiche (sempre nei 16 comuni capoluogo).
E svuota ulteriormente il bacino elettorale: “Di certo una parte degli elettori un tempo Pd s’erano trasferiti nel Movimento ma hanno deciso stavolta di disertare il voto, oppure di rientrare nel Pd – continua Passarelli -. Ora immaginare che cosa accadrà al ballottaggio è difficile, ma di certo conterà molto l’elemento locale: un conto è dare il proprio voto di protesta a Grillo per il parlamento, il palazzo del potere, Roma lontana; altro discorso è scegliere la persona che amministra il tuo comune, il tuo quartiere, le decisioni più spicce ma più rilevanti nella vita quotidiana”.
Chiara Paolin
(da “il Fatto Quotidiano“)
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