ZELENSKY RISCHIA TUTTO: HA SILURATO DAL VERTICE DELLE FORZE ARMATE IL GENERALE ZALUZHNY (LA CUI POPOLARITÀ È SUPERIORE A QUELLA DEL PRESIDENTE SOPRATTUTTO TRA I SOLDATI), AL SUO POSTO È STATO CHIAMATO OLEKSANDR SYRSKY
LA DESTITUZIONE DI ZALUZHNY E’ DOVUTA ALLE DIVERGENZE CON ZELENSKY SU COME CONDURRE IL CONFLITTO: IL GENERALE NON CREDE CHE LA SCONFITTA DEI RUSSI SI POSSA RAGGIUNGERE QUEST’ANNO, AVEVA CHIESTO PIÙ TECNOLOGIA, UNA CAPACITÀ INDUSTRIALE AUTONOMA, UN ADDESTRAMENTO MIGLIORE E LA MOBILITAZIONE DI MEZZO MILIONE DI PERSONE, POTENZIANDO I RANGHI E PREPARANDO LA RISCOSSA PER IL 2025…ZELENSKY L’HA ACCUSATO DI “NON CREDERE NELLA VITTORIA”
L’ordine è infine arrivato: il generale Valery Zaluzhny è stato rimosso ieri sera dal vertice delle forze armate. È la prima spaccatura nelle istituzioni ucraine dall’inizio dell’invasione.
La popolarità di Zaluzhny nei sondaggi è infatti superiore a quella di Zelensky e soprattutto tra i soldati la destituzione sta animando reazioni perplesse. Al suo posto è stato chiamato Oleksandr Syrsky, numero uno dell’esercito, che nella primavera 2022 ha condotto in maniera brillante le campagne per la liberazione di Kiev e Karkhiv dall’assedio russo.
Il nuovo comandante è da sempre in sintonia con Zelensky ed è in buoni rapporti con i colleghi della Nato, ma non gode della stima delle truppe: gli contestano un approccio “sovietico” che non si cura delle perdite sul campo. La tensione che si respira a Kiev è testimoniata dal lungo elenco di alti ufficiali, ben sette, citati da Zelensky nell’annunciare il passaggio di consegne e sottolineare così il controllo delle forze armate: «Voglio che la visione della guerra sia la stessa per i nostri uomini che combattono a Robotyne e ad Avdiivka e per il quartiere generale. Il 2024 ci darà il successo solo se ci saranno cambiamenti incisivi». In pratica, pretende una svolta rapida.
Zaluzhny invece non crede che la sconfitta dei russi si possa raggiungere quest’anno. Ha scritto in due recenti articoli sull’ Economist e sulla Cnn che c’è bisogno di una riforma drastica, introducendo più tecnologia, tattiche dinamiche, una capacità industriale autonoma e un addestramento migliore, trasformazioni che richiedono tempi lunghi: continuando ad accettare la guerra di logoramento imposta dal Cremlino, non ci sono speranze perché la supremazia delle risorse di Mosca finirà per prevalere.
Per questo aveva invocato la mobilitazione di mezzo milione di persone, potenziando i ranghi e preparando la riscossa per il 2025. Zelensky l’ha accusato di «non credere nella vittoria». L’analisi di entrambi parte dal fallimento dell’offensiva estiva, che doveva liberare Mariupol e spingersi fino ai confini della Crimea ma si è arenata dopo pochi chilometri davanti ai poderosi bastioni della “Linea Surovikin”. La presidenza considera Zaluzhny responsabile della disfatta e gli contesta di avere evitato un assalto frontale. Il generale ritiene che la preparazione fosse inadeguata e sia stata la volontà politica a spingere per anticipare l’attacco: una lezione che secondo lui non va ripetuta.
Non è stato l’unico attrito. Nell’autunno 2022 il comandante era contrario alla difesa ad oltranza di Bakhmut, priva di rilievo strategico, ma si scontrò proprio con l’attuale successore Syrsky che ebbe l’appoggio del presidente: la città è caduta mesi dopo, con un’inutile sacrificio di soldati. Una diatriba simile sarebbe avvenuto nelle scorse ore sulle sorti di Avdiivka, ormai circondata dai russi. Ma su tutto il fronte le brigate di Mosca stanno avanzando, con situazioni critiche in almeno tre punti.
Sugli ucraini pesa la carenza di munizioni per l’artiglieria, provocata dallo stop alle forniture americane imposto nel Congresso Usa dai Repubblicani, e anche il logoramento dei reparti che non ricevono più rinforzi da mesi. Proprio ieri un lungo reportage del Washington Post ha dato voce agli ufficiali in trincea, che sono rimasti con un terzo degli organici e non possono far riposare i reduci: «Siamo esausti nel fisico e nel morale».
Finora Zelensky ha bloccato la mobilitazione dei giovani tra i 25 e i 27 anni, un provvedimento assai poco popolare in una nazione che ha oltre un milione di uomini in armi: l’ha definita «immotivata».
(da La Repubblica)
Leave a Reply