Dicembre 2nd, 2010 Riccardo Fucile
IL PM CAPALDO, CAPO DELLA DIA, ACQUISISCE IL LIBRO NEL QUALE UN PENTITO RACCONTA GLI AFFARI DEL BOSS CON UN POLITICO LEGHISTA ALLORA EMERGENTE, DIVENTATO POI MINISTRO… IL COLLABORATORE DI GIUSTIZIA E’ STATO DICHIARATO ATTENDIBILE E HA CONTRIBUITO FINORA ALL’ARRESTO DI CENTINAIA DI AFFILIATI
Un libro-confessione, “Metastasi”, un pentito di mafia che sceglie di rendere pubblico quello che sa, perchè l’ha promesso alla moglie morente nel 2009. Nasce un atto d’accusa, a firma dei giornalisti Gianluigi Nuzzi e Claudio Antonelli.
E due giorni fa il libro è stato acquisito dalla procura della Capitale, perchè contiene «molte importanti notizie», sulle quali il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, capo della Distrettuale antimafia, ha deciso di avviare le indagini.
A scegliere di parlare è Giuseppe Di Bella, per 25 anni uomo di fiducia di Franco Coco Trovato, feroce narcotrafficante e boss di primo piano della ‘ndrangheta del Nord Italia, che ha sempre agito tra il milanese e il lecchese e che dal 1992 è in carcere per scontare l’ergastolo.
Il collaboratore di giustizia, considerato attendibile, descrive di come la ‘ndrangheta avesse allungato sempre di più le mani sugli affari del Nord. Parla di un ex ministro della Lega che nel libro è chiamato “Gamma”, e di due noti imprenditori della zona, “Alfa” e “Beta”, che avrebbero facilitato la scalata del boss calabrese in Padania, condividendo con lui affari e interessi.
Di Bella parla del politico “Gamma” e dei diversi incontri che Francesco Coco Trovato ha avuto con lui, dell’appoggio delle ‘ndrine locali al partito dell’indipendenza della Padania e della sua contrarietà a questo tipo di legame: «Proprio a loro che non potevo sopportare per via di quel ritornello contro i terroni che non hanno voglia di lavorare, comunque feci la mia parte», dice Di Bella che non sopportava quell’accordo tra il polentone e il terrone a base di “voti e bionde”.
Ma il libro di Nuzzi fa molto di più e racconta di estorsioni, di traffici di stupefacenti, usura e controllo vero e proprio del territorio come quando racconta di via Belfiore, dove c’era il bar omonimo nel quale si tenevano le riunioni e si prendevano le decisioni o del Wall Street, preferito dal boss Coco Trovato.
Ci sono dentro quattro delitti irrisolti, i presunti rapporti tra Giulio Andreotti e Brusca, la morte di Gianni Versace e i presunti contatti tra i capi clan e il fratello Santo.
Del politico leghista viene detto praticamente tutto, e cioè che è un ormai storico e affermato esponente del Carroccio, ma che nel 1990, quando era ancora un leader emergente, rincorreva i voti del narcotraffico.
Il boss lo avrebbe incontrato un pomeriggio di vent’anni fa a Lecco, proprio alla vigilia del grande boom del partito del Senatùr.
Da quel giorno Trovato disse ai suoi: «Votate Lega e fate buon pubblicità », dando il via al sodalizio.
In casa Lega l’allarme è già scattato. Umberto Bossi e i suoi fedelissimi hanno approntato un crisis management per evitare che il caso si abbatta come un ciclone sul partito.
Le nuove dichiarazioni di Di Bella, che già nel 2002 dopo 29 verbali ha contribuito a fare arrestare centinaia di persone, sono sulla scrivania del procuratore aggiunto Capaldo, mentre sia il Carroccio sia i Versace hanno smentito qualsiasi ipotesi di connivenze e collusioni.
“Metastasi” recupera le origini, dagli acquisti di armi dai partigiani ai rapporti con le Br, offre chiavi di interpretazione inedite.
Come quella della morte di Gianni Versace.
È stato davvero Cunanan ad ammazzare lo stilista a Miami o forse è stata un’esecuzione, come sostiene il Buscetta della ‘ndrangheta, Filippo Barreca? E sempre Di Bella svela di aver ricevuto l’incarico di recuperare le ceneri dello stilista in un giallo ancora da risolvere.
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Dicembre 2nd, 2010 Riccardo Fucile
FINI: “BERLUSCONI SI DIMETTA PRIMA DEL 14″…LA DECISIONE DOPO UN INCONTRO TRA FINI, CASINI E RUTELLI E UNA RIUNIONE DI FUTURO E LIBERTA’: “SIAMO A QUOTA 317 FIRME”… LE CONDIZIONI DI FINI E LA MEDIAZIONE DI LETTA
Il terzo polo esce allo scoperto e mette in chiaro la mozione comune per la sfiducia al
governo Berlusconi.
Dopo oltre due ore nello studio del presidente della Camera, l’esito del vertice tra Gianfranco Fini, Pier Ferdinando Casini, Francesco Rutelli ai quali dopo un’ora si sono aggiunti anche Raffaele Lombardo (Mpa) e Italo Tanoni (Libdem) la mozione a firma Udc, Fli, Api, Mpa e Libdem è cosa fatta.
Siamo a quota 317, sommando le firme della nuova mozione di sfiducia, alla mozione già presentata da Pd e Idv” dice il capogruppo Fli, Italo Bocchino. “L’esecutivo è inadeguato, Berlusconi si dimetta” si legge in un comunicato. Una mossa che Silvio Berlusconi giudica “irresponsabile”.
Ma Gianfranco Fini taglia corto: “Le firme dimostrano che la fiducia non c’è, mi auguro che non si arrivi al 14”.
L’affondo del presidente della Camera è netto. “La mozione non è un atto irresponsabile. Il voto anticipato lo escludo ma se dovesse accadere Berlusconi non vince”
Dalla maggioranza Ignazio La Russa alza un muro. ‘Escludo che Berlusconi possa dimettersi prima del 14″ .
A favore della mozione si è già detto anche Di Pietro: “L’Idv ribadisce che appoggerà qualsiasi partito presenti una mozione di sfiducia, purchè sfiduci Berlusconi”, ha detto.
Dello stesso avviso anche Giorgio La Malfa, deputato del Pri eletto nel Pdl: “Firmerò e voterò la mozione di sfiducia al governo Berlusconi”, annuncia l’esponente repubblicano aggiungendo che anche “l’onorevole Paolo Guzzanti del gruppo misto voterà la sfiducia al governo”.
Ai 36 deputati di Futuro e Libertà (escluso Gianfranco Fini presidente della Camera) si aggiungono i 35 voti dell’Udc di Pier Ferdinando Casini, i 6 dell’Api di Francesco Rutelli, i 5 dell’Mpa guidati dal governatore Raffaele Lombardo e i 3 Liberaldemocratici di Italo Tanoni (complessivamente sono 85).
A questi, poi, sommando i due deputati del gruppo misto, che hanno dichiarato di votare la sfiducia, si arriva a un totale di 87.
Cerchiamo di aggiungere qualche notizia che dimostra il clima di “resa dei conti” tra gli schieramenti in campo.
Gli uomini più vicini al premier hanno cercato nelle scorse ore di convincerlo ad trattare con Fini.
Gianni Letta lo ha avvisato a muso duro: “Devi trattare, Napoltano non darà mai le elezioni e la crisi economica non permette al Paese di andare al voto”.
Berlusconi ha ribadito: “Non tratto con Fini” e ha continua a vaneggiare: “Griderò al complotto, altro che due milioni, scenderanno in piazza tutti gli italiani”. Pare che neanche l’intervento di Confalonieri che pensa alle aziende sia servito a qualcosa.
Fini ha accellerato anche dopo che un sondaggio ( che dà Futuro e Libertà all’8,2%) ha rilevato che l’80% degli elettori di Fli vuole che il partito voti la sfiducia e solo 8% preferirebbe un’astensione.
Le condizioni che Fini ha posto sono le seguenti:
1) dimissioni del premier prima del 14 dicembre, poi andrebbe bene un governo presieduto da Gianni Letta
2) ridimensionamento della Lega
3) commissariamento di Tremonti che non può più decidere di testa sua
4) nuova legge elettorale con premio di maggioranza solo se una coalizione raggiunge il 45% dei consensi
5) nuovo programma di governo con priorità diverse
6) nuovo esecutivo con Casini agli Esteri, Urso allo Sviluppo economico, fuori Matteoli e soprattutto La Russa
Berlusconi vuole garanzie: se si dimette va sotto processo con la relativa mannaia della interdizione dai pubblici uffici.
Per quello spera fino all’ultimo di salvare la pelle con qualche assenza pilotata, magari tra i radicali e il gruppo misto.
Ma ormai è sempre più solo: la sua arroganza non paga più.
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Dicembre 2nd, 2010 Riccardo Fucile
IN UN FILE RISERVATO DELL’AMBASCIATA USA A ROMA LE PREOCCUPAZIONI DEL SENATORE PDL CANTONI E DI GIANNI LETTA: “RISULTATI DEGLI ESAMI DISASTROSI, E’ DEBOLE FISICAMENTE E POLITICAMENTE, FA TARDI LA SERA, SPESSO NON RIPOSA”
Le notti insonni e i festini pesano sulla salute del premier e preoccupano i suoi alleati più stretti.
Queste le ultime rivelazioni contenute nei documenti di Wikileaks diffusi dal Guardian online.
Lo dice, in uno dei file rivelati da WikiLeaks, un uomo vicino al presidente del Consiglio: Giampiero Cantoni, presidente della commissione Difesa del Senato italiano.
Le rivelazioni sono contenute in un cable riservato inviato dall’ambasciata Usa di Roma al dipartimento di Stato nel 2009, dopo che Cantoni aveva confidato il suo allarme a un funzionario americano.
Circostanza smentita all’Ansa dallo stesso Cantoni: “Non ho mai rilasciato, nè tantomeno commentato nè con funzionari generici, nè con ex ambasciatori americani, affermazioni come quelle riportate nei file riservati e rivelati da WikiLeaks circa la salute del premier”.
Il documento tuttavia lo cita: gli esami medici, dice il senatore Pdl alla fonte in ambasciata, “sono risultati disastrosi (a complete mess)”, e svela che “siamo tutti preoccupati per la sua salute”.
Nella conversazione con il funzionario dell’ambasciata, Cantoni ricorda poi che il premier italiano è svenuto tre volte in pubblico negli ultimi anni, e “il fatto che faccia tanto tardi la notte, e l’inclinazione ai festini, implicano che non si riposa abbastanza”.
Il file rivela poi un episodio personale: l’ambasciatore David Thorne chiama il premier per la prima volta dopo essersi insediato e “Berlusconi per un po’ sonnecchia”.
Poi Thorne cita anche Gianni Letta, secondo il quale la serie degli scandali degli ultimi tempi hanno lasciato Berlusconi “fisicamente e polticamente debole”: l’ultrasettantenne notoriamente instancabile, dice l’uomo forse a lui più vicino, “non ha energie”.
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Dicembre 2nd, 2010 Riccardo Fucile
SILVIO COME GLORIA SWANSON, BONDI COME ERIC VON STROHEIM: LE ALLUCINANTI SERATE NELLA VILLA, LE CENE RITUALI, I GRAMMOFONI GRACCHIANTI, LO CHAMPAGNE E LE MOSSETTE… L’USCITA DI SCENA E LA DRAMMATICA DISCESA DELLO SCALONE DELLA VILLA… NON BISOGNEREBBE MAI FARE DEL BENE AI VECCHI
C’è molta psicanalisi nella decisione dell’«uomo del fare» di far taroccare dal suo
architetto “ad personam”, le statue con i volti di Marco Aurelio e della moglie Faustina, collocati sui corpi di Marte e Venere nel 170 dopo Cristo e temporaneamente date in prestito a Palazzo Chigi.
Era tollerabile affacciarsi ogni giorno nel cortile d’onore del Palazzo e adocchiare Venere con la mano destra mozzata e Marte privato del suo membro virile?
Per il paziente del prof. Scapagnini, evidentemente no.
La mano, specie la destra, serve e il pene poi, è di una “penosa” scontata simbologia.
Marmo e plastilina allora: duttilità e durezza anche se non possunt omnia simul.
E poi cielo azzurro come sfondo, ben collaudato dalle convention di Publitalia prima e di Forza Italia poi.
Bisogna riconoscere che c’è del metodo in questa lucida e autoconsolatoria follia: allontanare i brutti pensieri sui guasti dell’età e far sembrare ottimisticamente tutto a posto, efficiente, funzionante.
Uno spot mentale autogeno.
Il narciso, in genere, vede solo se stesso, si autocompiace di se stesso, allontana il pensiero del proprio naturale decadimento esorcizzandolo con gli interventi di chirurgia estetica, con i capelli finti, con le punturine e le pillole, con il cerone, con la esibita finta virilità a 10mila euro, alimentata da nugoli di giovani ninfette, cioè di «giovanette capaci di suscitare desideri erotici, specialmente in uomini maturi» (Devoto Oli).
La molesta vecchiaia!
E allora vivremo fino a 120 anni, saremo potenti, felici, ottimisti.
Le statue mutilate non possono proprio avere posto e ruolo in questa narrazione autoconsolatoria.
L’uomo reggerà ? Avrà la fiducia?
Potrà continuare a credere di comandare?
Qualunque cosa accada, la sua immagine evoca quella di un tristissimo “viale del tramonto”.
Nell’omonimo film di Billy Wilder c’era già tutto.
Gloria Swanson (Norma Desmond) fissa in immagini indimenticabili la sua angosciata follia di ricca ex diva senescente.
Le allucinate serate nella villa, le cene rituali, le proiezioni di vecchi film, le luci soffuse, i grammofoni gracchianti, lo champagne e le mossette.
Erich Von Stroheim – che a suo modo ricorda un po’ Bondi – l’ex regista e marito divenuto cameriere e autista, la venera e la protegge e, quando lei uccide William Holden (Fini, il traditore?), riesce a concederle l’uscita di scena come la sequenza di un film che la vede ancora protagonista.
La discesa dallo scalone della villa dopo l’arresto e con il finto ciak è infinita e drammatica, patetica e struggente.
Sarà così anche nel caso di Silvio? Chi lo sa.
Ma in fondo, per seguire un precetto aristotelico, non bisognerebbe mai fare del bene ai vecchi.
Tomaso Staiti
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Dicembre 2nd, 2010 Riccardo Fucile
MARONI DEVE CEDERE ALLE OSSERVAZIONI DI FUTURO E LIBERTA’: “LA CENTRALITA’ DELLE DECISIONI NON PUO’ ESSERE DEL SINDACO, L’ULTIMA PAROLA TORNA AI PREFETTI”…DOPO IL FUOCO DI SBARRAMENTO DEI FINIANI, LA LEGA COSTRETTA A FARE UNO SPOT IN MENO
Accordo fatto a Montecitorio per evitare che il ddl sulla sicurezza si arenasse sul controverso articolo 8 che assegna ai sindaci poteri speciali in materia di sicurezza.
“Siamo riusciti a modificare l’articolo 8 del decreto sicurezza – ha precisato Giorgio Conte del Fli – La centralità delle decisioni passa dal sindaco al prefetto”.
Il movimento politico guidato da Gianfranco Fini contestatava infatti, in sintonia con le altre opposizioni, il fatto che con la nuova norma i prefetti fossero obbligati a supportare con l’azione delle forze dell’ordine le ordinanze sindacali, “spesso fantasiose e dettate da motivazioni propagandistiche”.
Un passaggio considerato giustamente uno svilimento dell’autorevolezza e delle funzioni specifiche dei prefetti stessi.
“Futuro e liberta con la nuova formulazione dell’emendamento voterà a favore” ha aggiunto Conte.
La nuova scrittura del testo in discussione alla Camera prevede che “al fine di assicurare l’attuazione dei provvedimenti adottati dai sindaci, il prefetto, ove lo ritenga necessario, dispone le misure ritenute necessarie per il concorso delle forze di polizia”.
Una formulazione che la Lega e lo stesso capo del Viminale Roberto Maroni ufficialmente ora giudicano “ottima” per salvare la faccia.
In realtà si è trattato per la Lega di un “calarsi le brache”, dopo essersi venduti ai sindaci del nord la presunta autonomia dei comuni in tema di sicurezza.
E ciò avrà forti ripercussioni sulla base leghista che già intonava peana ai nuovi poteri dei sindaci padani di avere al proprio servizio le forze dell’ordine per eseguire le più strane ordinanze e che ora si ritroverà a mani vuote.
Ve li immaginate i poliziotti alle dipendenze di “fuori di testa” sul modello del sindaco di Adro?
Sarebbero stati distolti dai loro compiti istituzionali per inseguire le paturnie di qualche sindaco in vena di ordinanze-spot.
Ovviamente per Berlusconi e il Pdl la cosa non meritava attenzione: ben ha fatto Futuro e Libertà a garantire il funzionamento delle istituzioni che evidentemente a certa pseudo destra non interessa.
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Dicembre 2nd, 2010 Riccardo Fucile
ECCO IL DOSSIER BERLUSCONI-PUTIN: LA GEORGIA SOSPETTA PAGAMENTI DI PERCENTUALI SUI PROFITTI GAZPROM…”PUTIN E’ AL CENTRO DEL SISTEMA DI CORRUZIONE RUSSO, GESTISCE UNA SOCIETA’ SVIZZERA E HA COME INTERLOCUTORE BERLUSCONI”… FRATTINI NON CONTA NULLA, IL RUOLO DI VALENTINI
Vladimir Putin al centro del sistema di corruzione russo, basato su una gestione
personalizzata delle risorse energetiche che ruota attorno a una società svizzera ed ha come interlocutore anche Silvio Berlusconi.
Questo emerge dai nuovi dispacci diplomatici Usa resi pubblici da Wikileaks che parlano di «gravi episodi di corruzione nel potere russo» riportando i commenti di diplomatici americani a Mosca sui legami fra il «potere politico» e il «crimine organizzato» riferendosi in particolare al ruolo del sindaco di Mosca, Yuri Luzhkov, che in settembre ha dato le dimissioni.
In uno dei dispacci Luzhkov viene accusato di gestire la municipalità ricorrendo a «criminali ordinari e ispettori corrotti».
L’accusa a Putin è di essere al centro di questo sistema di potere fondato su «un oligarchia gestita dai servizi segreti» facendo leva sulle immense risorse nazionali, a cominciare da petrolio e gas.
Ed è in tale contesto che si parla dei rapporti con Berlusconi.
All’origine del dispaccio in questione c’è un incontro avvenuto a Mosca fra un diplomatico italiano ed uno americano.
È l’italiano a parlare di «esasperazione» per gli «stretti rapporti» fra i due leader: «Berlusconi e Putin hanno una linea diretta, il ministero degli Esteri italiano e l’ambasciata italiana a Mosca apprendono solo a posteriori le conversazioni» e «solo dopo che sono avvenute» senza peraltro «entrare nei dettagli».
L’impressione dell’americano è che Berlusconi tratti con Putin scavalcando lo Stato italiano e il suo interlocutore lo conferma: «La relazione che hanno non è l’ideale dal nostro punto di vista e può provocare più danni che benefici ma a volte è utile».
Il riferimento è all’intervento di Berlusconi nella trattativa per vendere a Gazprom il 20% delle azioni di Gazpromneft detenute dall’Eni: «Gazprom insisteva per pagare le quote un prezzo inferiore a quello del mercato ma alla fine fece marcia indietro per le pressioni di Berlusconi su Putin» spiega la fonte italiana.
Washington sospetta che Putin conduca simili trattative non tanto per conto di Mosca quanto a favore di propri investimenti, come la società svizzera Gunvor, la cui specializzazione è nel trading petrolifero: «Una delle fonti della misteriosa ricchezza di Putin» sostiene un documento.
Un altro aspetto dei rapporti Berlusconi-Putin emerge da un telegramma datato 26 gennaio 2009 e firmato dall’allora ambasciatore Usa a Roma Ronald Spogli nel quale si legge: «L’ambasciatore georgiano a Roma ci ha detto che il suo governo crede che Putin abbia promesso a Berlusconi una percentuale dei profitti di ogni gasdotto Gazprom costruito assieme all’Eni».
La figura chiave nelle relazioni fra i due leader è Valentino Valentini, «l’uomo ombra che viaggia in Russia diverse volte al mese e sovente appare vicino a Berlusconi quando incontra altri leader mondiali».
È lui, deputato del Pdl e consigliere diplomatico del premier, «l’uomo che cura – secondo il cablo di Spogli – gli interessi di Berlusconi in Russia».
Dai cablo emerge anche una scarsa considerazione nei confronti del ministro Frattini: «Ha risorse ed esperienza scarse – scrive Spogli -, è largamente considerato solo il portavoce della politica russa di Berlusconi».
Dubbi americani anche sui giornalisti italiani: «C’è il sospetto che l’Eni abbia dei giornalisti sul proprio libro paga – si legge in altro cablo -. E i membri di ambedue gli schieramenti ci hanno detto che è uno dei maggiori contribuenti finanziari di diversi think-tank».
Maurizio Molinari
(da “La Stampa“)
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Dicembre 2nd, 2010 Riccardo Fucile
BONDI GATE, LA MAGISTRATURA CONTABILE ORDINA: “ACQUISIRE I DOCUMENTI SULL’OSPITALITA”…MASI SMENTISCE RAI CINEMA E ACCUSA BONDI… RIMPALLO DI RESPONSABILITA’ TRA IL DG E LA RAI
E ora sul caso-Bonev si accendono i riflettori della Corte dei conti.
La procura contabile di Venezia ha aperto un fascicolo per accertare chi ha pagato le spese per ospitare alla Mostra del Cinema Michelle Bonev – l’attrice-produttrice bulgara amica di Silvio Berlusconi – e una delegazione del suo paese giunta al Lido per assistere alla presentazione di Goodbye Mama, il film della Bonev premiato con un riconoscimento “tarocco” voluto dal ministero dei Beni culturali e finanziato dalla Rai con 1 milione di euro.
Gli investigatori della Guardia di Finanza, coordinati dal procuratore regionale della Corte dei Conti, Carmine Scarano, acquisiranno i documenti utili a stabilire chi ha sostenuto la trasferta della Bonev e del suo seguito (32 persone).
Fatture, ricevute, prenotazioni dei voli Sofia-Venezia e altra documentazione. Secondo il ministro della Cultura bulgaro, Vejdi Rashidov a pagare le spese (complessivamente 400mila euro) è stato il “paese ricevente”, l’Italia.
Lo attesta anche una lettera ufficiale fornita dallo stesso Rashidov.
Che di fatto smentisce quanto dichiarato finora dal suo collega italiano Bondi (“il mio ministero non ha pagato niente”).
Il fascicolo aperto dalla Corte dei Conti – ha precisato il magistrato titolare delle indagini – riguarda esclusivamente le spese di ospitalità al Lido.
Altro capitolo è il finanziamento del film: su questo la competenza sarebbe della procura contabile del Lazio, anche nel caso di un coinvolgimento del ministero dei Beni culturali.
Snobbato in Bulgaria – dove ha ricevuto solo 160mila euro; “il ministro della cultura Rashidov in genere opera bene, stavolta si sarà fatto accecare dalla bellezza della Bonev”, ha commentato il premier bulgaro Boyko Borissov – “Goodbye Mama” ha trovato fortuna in Italia: grazie al milione versato da Rai Cinema (nelle casse della Romantica Entertainment della Bonev) che nel 2009 ne ha acquistato tutti i diritti.
Su questo aspetto, tra imbarazzi e rimpalli di responsabilità in viale Mazzini, è iniziato un vero e proprio scaricabarile.
Il dg Mauro Masi, nella riunione del cda di ieri, incalzato dal consigliere Nino Rizzo Nervo ha di fatto scaricato sui dirigenti di Rai Cinema la responsabilità della scelta di acquistare i diritti del film.
Un’operazione che, sostengono invece i dirigenti di Rai Cinema, era stata ordinata da Masi nel 2009 con un invito protocollato.
Nella lettera si chiedeva di acquistare la pellicola dell’attrice-imprenditrice bulgara perchè rientrava in un accordo di coproduzione Italia-Bulgaria.
“Non ho fatto nessuna pressione sull’acquisto – ha sostenuto Masi – mi sono solo limitato a girare a Rai Cinema le segnalazioni sul prodotto arrivate dalle istituzioni bulgare”.
In un primo momento Masi aveva additato il ministro Bondi come colui che gli fece pressioni per finanziare il film.
Secondo la tesi di Masi se Rai Cinema ha deciso di finanziare l’opera della Bonev, è stata una sua libera scelta.
Una versione che sbatte contro quella di Caterina D’Amico, che nel 2009 era ad di Rai Cinema: “Se la direzione generale mi chiede di acquistare una pellicola, io la devo acquistare e basta. A prescindere da quella che potrebbe essere la mia valutazione”.
Paolo Berizzi
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 2nd, 2010 Riccardo Fucile
IL PASTICCIACCIO NEL LISTINO PDL DI FORMIGONI FU FATTO PER FAVORIRE L’IGIENISTA DENTALE DI BERLUSCONI… PER FARLE POSTO FU “FATTO FUORI” IN EXTREMIS PAOLO CAGNONI, L’UOMO DI FIDUCIA DI SANDRO BONDI… LA CANDIDATA DI SILVIO OTTENNE UNA POLTRONA DA 8.000 EURO AL MESE
Non c’erano firme inventate sul listino di Roberto Formigoni alle regionali del 2010.
C’erano firme copiate, oppure messe sotto un elenco dove mancava un candidato.
E questo candidato, in onore del quale venne confezionato un simile pasticcio, si chiama Nicole Minetti, l’igienista dentale di Silvio Berlusconi, inserita all’ultimo momento per ordine del premier.
Ovvero la stessa persona che fu poi spedita da Berlusconi alla Questura di Milano nella folle notte di Ruby, la “nipote di Mubarak”, per prendersi in consegna la diciasettenne cubista marocchina.
Lo riferiscono al “Secolo XIX” fonti del Pdl lombardo ed è su questa strada che sta svoltando l’inchiesta del procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, che procede per falso materiale e falso in atti pubblici.
Per ora, contro ignoti.
Per capire come sono andate esattamente le cose bisogna riaprire l’agenda nella settimana cruciale per le candidature: quella che va dal 21 al 28 febbraio.
In quei giorni, all’interno dell’alleanza Pdl-Lega Nord volano addiritura gli schiaffi per entrare nel listino “blindato” che porta il nome del presidente uscente Formigoni (poi riconfermato).
Di lunedi comincia a girare voce che tocchi trovare un posto sicuro a una ragazza riminese di 25 anni, senza alcuna esperienza politica, ma che ha fatto la velina in Tv a “Colorado Cafè”e a “Scorie”.
Al martedì è ancora dato per certo il nome di Paolo Cagnoni, segretario personale del coordinatore nazionale Sandro Bondi.
Ma il giorno dopo filtra sui giornali l’ipotesi MInetti, che si era anche segnalata come l’igienista dentale del San Raffaele che curò il premier dopo l’aggressione in Piazza del Duomo.
Ancora il giovedi sul suo nome infuria una bufera politica senza esclusione di colpi.
Per farle posto si prepara un sacrificio eccellente, quello del berlusconiano doc Doriano Riparbelli, ex assessore e uomo-macchina del partito.
Colmo della beffa, la preparazione del listino bloccato è affidato proprio a Riparbelli, insieme alla mitica signora Clotilde Strada, storico factotum cittadino di Forza Italia che diventerà “il tutore” della MInetti (ancor oggi le filtra le telefonate).
La notte di venerdì 26 febbraio entra in lista la Minetti e salta come un tappo il povero Cagnoni.
Il mattino dopo, alle 12, viene presentato il listino della discordia con le 3.500 firme necessarie.
Come sono state raccolte?
Un esponente del Pdl lombardo lo spiega al “Secolo XIX”: “Quelle firme che ci hanno creato tanti problemi non sono totalmente inventate, sono solo copiate: molte erano state raccolte prima, in calce a un listino dove il nome della Minetti non c’era ancora”.
I problemi successivi sono noti e hanno procurato un sacco di guai al Pdl: il Tar della Lombardia respinge il listino Formigoni e le presunte pressioni per farlo riammettere dal Consiglio di Stato sono costate a Formigoni il coinvolgimento nell’inchiesta sulla P3 di Flavio Carboni.
Su richiesta del partito radicale, la procura di Milano ha poi aperto un’inchiesta penale sulle firme del listino.
Secondo quanto risulta al Secolo XIX, la magistratura segue proprio questa pista, quella delle firme copiate a tempo quasi scaduto.
E il tempo stava scadendo per la lite su chi dovesse cedere alla bella Nicole una poltrona sicura da consigliere del Pirellone (8.000 euro al mese).
Olre alla carta copiativa, gli organizzatori hanno pasticciato parecchio anche con le date: molte firme sono state autenticate il 13 febbraio, quando la candidatura dell’ex ballerina era ancora in mente Dei. O giù di lì.
Se quindi il paracadute della Minetti cala sul Pirellone, in quinta posizione, lo si deve alla notte dei lunghi coltelli di quel 26 febbraio.
Esattamente tre mesi dopo, la ragazza sarà protagonista della notte in cui il premier la spedì in questura, in compagnia di una escort brasiliana, per portarsi via la cubista Ruby.
Per quella storia la Minetti è finita nel registro degli indagati per favoreggiamento della prostituzione, insieme a Lele Mora e ad Emilio Fede.
Francesco Bonazzi
(da “il Secolo XIX“)
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Dicembre 2nd, 2010 Riccardo Fucile
DOPO LA RINUNCIA DEL RETTORE PROFUMO, STRADA IN APPARENZA SPIANATA PER L’EX LEADER DS… MA VENDOLIANI E ROTTAMATORI NON GRADISCONO NE’ IL NOME, NE’ IL METODO… PRIMARIE SI’ O NO?
Il Pd torinese stringe i tempi per trovare il candidato a succedere a Sergio Chiamparino.
Dopo il no del rettore del Politecnico Francesco Profumo, la segretaria provinciale Paola Bragantini ha incontrato Fassino, torinese doc, che ora pare avere conquistato la pole position tra i papabili e che avrebbe già il via libera da parte del segretario nazionale, Pierluigi Bersani.
L’ex segretario dei Ds si è preso qualche giorno di riflessione.
«Per rispetto della società torinese e dei suoi cittadini, – spiega Fassino – valuterò nei prossimi giorni quale sia il mio contributo più utile per offrire a Torino una candidatura a sindaco in grado di raccogliere quell’ampio consenso che ha reso efficaci ed autorevoli le amministrazioni di centrosinistra di questi anni».
Tra gli sponsor di Fassino c’è il sindaco Chiamparino che, in un’intervista a La Stampa, si è detto favorevole alla candidatura di Fassino.
Nessuno dei candidati del Pd che si erano fatti avanti per partecipare alle primarie ha fatto per ora alcun passo indietro.
Si sentono in lizza sia Davide Gariglio, ex presidente del consiglio regionale, Roberto Tricarico, assessore comunale all’Ambiente, l’ex segretario del Pci Giorgio Ardito.
Lo stesso consigliere Roberto Placido è pronto a scendere in campo.
Resta un’incognita, infatti, l’atteggiamento di Nichi Vendola: sembra molto difficile infatti che Sinistra Ecologia e Libertà appoggi l’ex segretario Ds.
Nel partito torinese c’è chi preme per schierare un proprio candidato. Il tema verrà proposto domani alla segreteria nazionale da Monica Cerutti, consigliere regionale e comunale a Torino e membro della segreteria di Sel.
«Il candidato – ha detto – lo dobbiamo ancora scegliere, ma riteniamo giusto che si facciano le primarie di coalizione». E anche Paolo Ferrero ha ribadito che serve un nome legato al mondo del lavoro.
Nel Pd torinese c’è chi si dice convinto che la questione verrà risolta «in una decina di giorni», in tempo cioè per l’assemblea provinciale convocata il 9 dicembre.
Ma sul nome di Fassino, che ha 61 anni, uno in meno di Chiamparino, c’è un’area di perplessità se non proprio di pollice verso: gli scettici o contrari non discutono le qualità politiche, ma temono uno scarso gradimento tra l’elettorato più giovane.
Il vicesegretario del Pd Enrico Letta, invita a guardare alle primarie con serenità , «anche perchè – dice – Torino non è Milano e nel capoluogo piemontese ci sono le condizioni per ottenere un risultato molto migliore. Non fare le primarie sarebbe un errore, decideranno i Democratici torinesi sapendo che per noi sono uno strumento naturale di selezione dei candidati».
Per il deputato del Pd Giorgio Merlo, «l’unico scenario che il Pd deve evitare è quello del recente caso milanese.
E cioè una valanga di autocandidature».
Dall’Api parte un appello al rettore Profumo a ripensarci, e dal Pdl la proposta di guidare una lista civica «delle intelligenze, trasversale ai partiti, per un grande progetto per la Torino del 2020, in modo – spiega il vice coordinatore regionale Agostino Ghiglia – da garantire alla città il futuro che merita».
E nel giorno del via libera dei vertici democratici a Fassino si apre anche una nuova grana tutta interna al Pd.
Il movimennto dei “rottamatori”, guidati da Renzi e Civati, accolgono infatti con freddezza la candidatura di Fassino.
Proprio Civati, interpellato dall’agenzia Ansa, è stato piuttosto netto: «Non è giusto» che l’attuale sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, che ieri sera aveva auspicato si creassero le condizioni per la candidatura di Piero Fassino, proponga un nome.
«Il nome – ha spiegato Civati, riferendosi al rettore del Policlinico, Francesco Profumo – Chiamparino l’aveva fatto, e poi ha detto che non andava più bene». «Ora c’è chi preferisce un politico di lungo corso – ha aggiunto Civati, riferendosi a Fassino – e chi invece pensa che magari sia il momento di lanciare un amministratore locale, di quelli che hanno lavorato con Chiamparino». L’importante, per i rottamatori, è che «le primarie siano libere. A nessuno – ha concluso Civati – salti in mente di non farle più».
Insomma se Atene piange, Sparta non ride.
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