Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile
L’EUROPAISCHE AKADEMIE BERLIN HA ANALIZZATO I SERVIZI PUBBLICATI DA DIE ZEIT, FRANKFURTER ALLGEMENINE E BILD ZEITUNG
L’Europaische Akademie Berlin, ente indipendente che collabora con il ministero degli Affari
Esteri tedesco, ha effettuato uno studio sull’immagine dell’Italia nei media tedeschi, analizzando titoli e servizi dal 2008 ad oggi pubblicati da Die Zeit, Frankfurter Allgemenine e Bild Zeitung.
Tre giornali differenti, che si rivolgono ad un pubblico diverso, da cui emerge con prepotenza un giudizio pesante sull’Italia.
Il pregiudizio tedesco sul conto del popolo italiano, del resto, è vecchio di cent’anni ed è stato rafforzato nel tempo.
Il peccato originale risale alla prima guerra mondiale, poi confermato con l’epilogo della seconda.
Il giudizio storico è stato poi alimentato dal mito costruito negli anni della dolce vita, di un Paese popolato da maschi veraci, votati più al piacere che alla fatica.
Oggi quell’impronta rimane e il pregiudizio torna a riproporsi, pescando da quell’immaginario.
Negli articoli presi in esame dall’analisi si parla principalmente dei protagonisti del sistema politico, delle elezioni e della crisi del sistema, oltre che di economia e di crisi finanziaria.
L’equazione che ne emerge è particolarmente pesante: “Italia = Berlusconi = caos = debiti”.
Ad esporre i risultati dello studio il professor Eckart Stratenschulte (direttore dell’ente), in occasione di un seminario dedicato alla Germania, organizzato da Villa Vigoni, centro Italo-Tedesco per l’eccellenza europea.
“A farla da padrone, tra i politici italiani raccontati dai giornali tedeschi, è stata la figura di Silvio Berlusconi — ha spiegato Stratenschulte -. Sono famose le copertine e le prime pagine che gli sono state riservate, spesso irriverenti. Ancora oggi in Germania domina l’incomprensione su come gli italiani possano continuare a votare Berlusconi, sia come imprenditore dei media, sia per gli scandali che lo hanno travolto, per le leggi ad personam, ma soprattutto per quello che è successo sul caso Ruby, in particolare per la bugia sulla parentela con Mubarak, che all’epoca era ancora un importante Capo di Stato, una cosa incomprensibile e inconcepibile per un tedesco”.
Accanto ad un giudizio pesante su una certa classe politica c’è però anche il tentativo di spiegare il caso italiano è diverso da quello greco: “Per noi la Grecia è stato un vero incubo e lo è tutt’ora. Soprattutto la Frankfurter e Zeit, in questi anni hanno spiegato che l’Italia non è la Grecia. Certo c’è preoccupazione per la situazione di crisi in Italia, perchè l’Italia è una grande forza economica e un tracollo avrebbe conseguenze disastrose per tutta l’eurozona, ma sono stati fatti notare gli sforzo compiuti, prima con il governo Monti e adesso con il governo Letta. I tedeschi capiscono e apprezzano lo sforzo di dare un governo al Paese che vada oltre le spaccature”.
Interessante, per comprendere il giudizio tedesco sull’Italia, un sondaggio pubblicato recentemente nel quale è stato chiesto chi fosse il partner più affidabile per la Germania: “L’82% per cento ha messo al primo posto la Francia, poi a scendere ci sono altri paesi come Usa, Polonia e solo il 32% ha risposto Italia”.
Quando invece si è trattato di rispondere alla domanda su quale paese dovesse uscire dall’Europa il risultato è stato differente: “Il 74 % degli intervistati ha detto che l’Italia deve rimanere dentro l’eurozona e solo il 20% ritiene che debba uscire. Un risultato migliore di Spagna, Portogallo e ovviamente della Grecia”.
Stratenschulte ha spiegato che non ci sono solo stereotipi negativi sul conto degli italiani: “Siete caotici ma charmant. Venite visti comunque come il Paese della moda, della cultura, della gastronomia, del buon vivere, dell’architettura e del design. Io non sarei preoccupato per l’immagine italiana. Per chiudere con una battuta possiamo dire che forse alla base c’è un po’ di invidia, perchè i tedeschi lavorano per entrare in paradiso mentre gli italiani lavorano meno perchè sono già in paradiso”.
Prova a metterci una buona parola anche Michael Georg Link, viceministro degli Affari Esteri tedesco, con delega alle politiche comunitarie: “Io sono del Baden Wà¼rttemberg, abbiamo relazioni molto strette con il Nord Italia ormai da 40 anni. C’è molto rispetto a livello tecnico e industriale. La nostra immagine dell’Italia è che ci sono molte italie differenti. Sappiamo che l’Italia è uno dei migliori alleati quando si tratta di portare avanti l’idea europea. Oggi siamo molto lieti della collaborazione tra Guido Westerwelle ed Emma Bonino, che a Mallorca hanno appena firmato una dichiarazione di intenti per continuare nel processo di integrazione europea. Gli anni del governo Berlusconi, in Germania, sono stati percepiti come anni perduti per l’Europa. Durante quel periodo è mancata una voce forte italiana a Bruxelles, oggi stiamo riflettendo su come approfondire la collaborazione perchè crediamo molto nella forza di questo governo Letta”.
Alessandro Madron
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Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile
EPIFANI: “IL PDL EVITI FORZATURE, LE SENTENZE SI RISPETTANO”
«Facciamo tanta fatica a sostenere questo governo, continueremo a farla anche dopo la sentenza della Cassazione ». Il giovane turco Matteo Orfini è uno dei “rassegnati” alle larghe intese.
Rassegnato ma non per questo meno combattivo, soprattutto se il Pdl dovesse, dice lui, «iper-reagire».
Come fece dopo l’annuncio della data della sentenza, chiedendo la sospensione dei lavori parlamentari. «Ecco, se arriva una risposta di quel tipo, la maggioranza è finita e il governo Letta va a casa».
È questo il paletto insuperabile per il Pd. Sembra di capirlo anche dalle parole del capogruppo al Senato Luigi Zanda.
Quando accenna a inaccettabili «reazioni eversive» contempla anche il precedente dell’Aventino. Del resto, Orfini interpreta quella promessa del premier («non vado avanti a qualsiasi costo») proprio così: «Si riferisce ai guai giudiziari di Berlusconi e alla risposta del Pdl».
Ma anche la tenuta del Pd è tutta da verificare nel caso di un’eventuale condanna. L’impressione è che non possa assorbirla.
A prescindere dai commenti dello stesso Cavaliere e dei suoi fedelissimi.
Perchè i democratici, a quel punto, governerebbero con un pregiudicato interdetto dai pubblici uffici.
Il tesoriere dei Ds e senatore Pd Ugo Sposetti, che conosce bene i suoi compagni di partito, non ha dubbi: «Il Pd salta come un birillo se i giudici confermano la sentenza di appello. Non reggerà l’urto, sarà la fine di tutto», ha detto al Quotidiano Nazionale l’altro giorno.
Una previsione catastrofica, ma che riflette le mille difficoltà che la sinistra ha già dovuto superare nel recinto scomodo delle larghe intese.
Sposetti sostiene che i democratici non sono pronti ad affrontare un’ondata. Nemmeno di fronte al (presunto) senso di responsabilità della destra. «Non ne abbiamo mai parlato, non siamo preparati politicamente».
Il clima di attesa effettivamente è anche un clima di disorientamento.
Lo si vede nei capannelli di deputati e senatori. Incerti sull’esito processuale e soprattutto sul dopo.
Da settimane il segretario Gugliemo Epifani non nasconde la gravità di questo passaggio. «Il futuro dipende dalla Cassazione.
Ed è inutile avventurarsi in ipotesi sulla decisione dei giudici. È tutto aperto». Epifani si è preso tre giorni pieni di relax con la famiglia e tornerà oggi a Roma. Non a caso.
La sentenza è anche un buon motivo per rinviare la direzione sulle primarie alla prossima settimana
«È bene analizzare quale sarà la reazione del Pdl – spiega il segretario –. Stavolta, sia chiaro, noi non accetteremo una sospensione dei lavori parlamentari neanche di 5 minuti. La destra non cerchi altre forzature».
Quindi, il clima è anche di guerra. O meglio, di guerra possibile.
Ma Francesco Boccia, lettiano, presidente della commissione Bilancio della Camera, è pronto a scommettere che Berlusconi non lancerà il guanto di sfida. «Se il Pdl non commette falli di reazione e il Cavaliere dice che il governo può andare avanti, voglio vedere come fa il Pd a staccare la spina», dice. «Non possiamo essere noi a far cadere Letta. Verrebbe tradito il patto che abbiamo siglato davanti agli italiani e al capo dello Stato. E questo impegno non viene meno perchè lo decide qualche corrente del Pd. Per contarci, sul governo e sulle larghe intese, c’è il nostro congresso, lì ci possiamo misurare».
Difficile però valutare l’impatto della sentenza sugli antigoverno, a cominciare da Matteo Renzi e dai renziani.
Ancora più complicato immaginare in cosa si trasformerebbero le feste dell’Unità estive dovendo difendere l’alleanza con un condannato in via definitiva. Feste che il sindaco di Firenze batterà a tappeto durante il mese di agosto.
«Io sono tra i più sereni, gli altri non so», ironizza Pippo Civati, candidato alla segreteria e nemico dichiarato della Grande coalizione. «Immagino che se Berlusconi sarà condannato nessuno vorrà banalizzare. Bisognerà fermarsi a riflettere, a riflettere sul serio. Per rispetto dei nostri elettori».
Saranno dunque le ore immediatamente successive alla decisione della Suprema corte a segnare il destino del governo e del Partito democratico.
Che invece sul voto per la decadenza da senatore di Berlusconi, non si dividerà . «Le sentenze si rispettano, su questo non ci sono discussioni », avverte Boccia.
Il Pd, quel giorno, se e quando arriverà , sarà compatto.
Goffredo De Marchis
(da “la Repubblica“)
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Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DI GIULIA BONGIORNO: “LA VIOLENZA SULLE DONNE NON E’ UN ARGOMENTO CHE INTERESSA ALLA POLITICA”
Nel giorno in cui un’altra donna è stata massacrata da chi pretendeva di amarla, invece di
nuovi provvedimenti in loro difesa, sulle italiane arriva una nuova doccia fredda: gli stalker rischiano infatti di non scontare più la custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari.
Il motivo?
All’interno del dl carceri in commissione Giustizia al Senato è stato accolto circa dieci giorni fa da tutta la maggioranza, con parere favorevole del governo, l’emendamento che sposta il tetto per il carcere preventivo dai 4 ai 5 anni.
Peccato che per gli stalker la pena prevista, salvo casi specifici, vada da sei mesi a 4 anni.
«È l’ennesima dimostrazione che le donne e la violenza su di loro non è un argomento che interessa. È un dato di fatto che nemmeno l’allontanamento dell’aggressore, dello stalker, è un provvedimento che viene preso a sufficienza, eppure è semplice. Si lascia fare, si lascia correre e si continua a lasciarle morire».
Giulia Bongiorno, avvocato, ex deputato e fondatrice di Doppia difesa, associazione per le donne vittime di maltrattamenti, è drastica.
Ma non è l’unica stupita e contrariata.
Sono molti ora, in commissione Giustizia della Camera quelli che chiedono a gran voce di cambiare il testo del decreto anche per evitare che si compia «l’ennesimo errore».
Il provvedimento, secondo il Pd, andrebbe comunque rivisto per tornare «allo spirito originario proposto dal governo».
Com’è lontana la politica dai problemi reali delle persone…
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Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile
PIZZICATA PIU’ VOLTE IN STAZIONE A BORDO DI UNA VETTURA CON AUTISTA CHE L’ACCOMPAGNAVA AL COMANDO CENTRALE
Saranno i magistrati a fare chiarezza sui passaggi in auto del comandante della polizia municipale di Parma Patrizia Verrusio, pizzicata più volte in stazione a bordo di una vettura con tanto di autista che ogni mattina la accompagna dai binari al comando dei vigili.
La Procura ha aperto un’indagine per peculato.
Si tratta di un atto dovuto, come riporta la Gazzetta di Parma, visto che sul comportamento del comandante il Movimento Nuovi Consumatori (già in contrasto con la giunta Cinque stelle per la questione degli autovelox) aveva presentato in Procura un esposto-denuncia.
Di certo però la questione rappresenta un nuovo problema per il sindaco Federico Pizzarotti.
Era stato il primo cittadino, insieme all’assessore alla Sicurezza Cristiano Casa, a scegliere la Verrusio come guida del corpo di polizia municipale con una selezione indetta dopo non avere rinnovato il contratto all’ex comandante Alessandro Cimino, vincitore di un concorso pubblico indetto in epoca commissariale e ora in causa con l’amministrazione comunale.
Senza contare che sempre la Verrusio già nei primi mesi del suo mandato ha avuto diversi contrasti con i sindacati per il suo modo di fare autoritario nei confronti degli agenti ed è stata al centro delle polemiche per aver posizionato due autovelox in tangenziale che hanno mietuto centinaia di multe.
Il Comune ha sempre fatto quadrato intorno al comandante.
La denuncia del Pcl documentava per diversi giorni con tanto di fotografie la donna scendere ogni mattina dal treno a Parma e salire a bordo di un’auto civetta guidata da un autista, per poi dirigersi al comando della municipale di via del Taglio.
Il caso era scoppiato in consiglio comunale e l’opposizione aveva chiesto di fare chiarezza sul contratto stipulato con il comandante e in particolare di verificare se l’utilizzo dell’auto della municipale fosse compreso come benefit.
Ma da piazza Garibaldi era arrivata una sola giustificazione: essendo un pubblico ufficiale, il comandante della municipale è sempre in servizio quando è sul territorio di Parma, e quindi anche quando arriva alla stazione.
Un’interpretazione dei fatti che ora dovrà passare al vaglio dei magistrati, mentre sul caso e sui Cinque stelle piovono nuove polemiche.
“Il caso della Verrusio intendeva sollevare il velo sulla doppia morale dei consiglieri e degli amministratori a Cinque Stelle, che hanno colpevolmente taciuto su un comportamento che richiamava ai principi ritenuti imprescindibili dell’etica — ha commentato il Pcl — Un Movimento Cinque Stelle che adotta una linea legalitaria ad intermittenza: pronta a stigmatizzare manifestazioni popolari di piazza, bollandole come “politiche” (che ai loro occhi deve avere un’accezione negativa, come confermerebbe il loro modo di tenere la nostra “polis”) ed avvallandone una conveniente militarizzazione, ma omertosa nel denunciare i comportamenti moralmente o penalmente eccepibili di un loro componente”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile
L’EX AVVOCATO DEL CAVALIERE: “BERLUSCONI HA TRASFORMATO UN CASO GIUDIZIARIO NEL GIUDIZIO UNIVERSALE A CUI E’ APPESO IL DESTINO DEL PAESE: ALLA FINE LA CASSAZIONE DECIDERA’ DI NON DECIDERE”
“Suvvia, non facciamo gli ingenui. Se fossi uno di questi giudici sentirei un peso che va al di là
della decisione in sè. Berlusconi ha trasformato la sentenza in un giudizio universale a cui è appeso il destino suo, del governo, e del paese”.
Per Gaetano Pecorella la sentenza è, soprattutto, una questione politica.
Anche per i giudici. Sebbene dovrebbero restarne fuori.
L’ex avvocato di Berlusconi, ma anche ex avvocato in tanti processi politici degli anni Settanta, ha il pregio della chiarezza: “Lei mi chiede quale è il Verdetto che rappresenta un punto di equilibrio per tutti? È chiaro: non decidere. Si può fare o rinviando la decisione o attraverso l’annullamento con l’appello”.
Non azzarda previsioni. Ma è chiaro che l’analisi di quello che nel corso della conversazione chiamiamo “Sistema” porta lì.
Avvocato, partiamo proprio dalla politica. Gliela metto così. Anche se siamo alla fine del ciclo berlusconiano, Berlusconi non è Craxi. E questo è un elemento non da poco per capire in quale clima decidono i giudici.
Sono d’accodo. Craxi, quando fu condannato dai giudici, era stato condannato già dal paese. Berlusconi, al netto degli errori e dell’erosione dei voti che ha avuto, ha ancora un consenso alto. E ce l’ha, a mio parere, per due motivi ancora principalmente. Il primo è che i magistrati hanno esagerato, come nel caso dei sette anni su Ruby, e questo ha fatto presa nel suo popolo. E poi c’è la sinistra che era riuscita in passato a creare un movimento di opinione pubblica alternativa. Mentre oggi non è così.
Ecco, se capisco il suo ragionamento, sta dicendo che la sentenza ha un “peso” diverso a seconda degli equilibri politici.
Certo. Diciamo così. Siamo in un equilibrio instabile. Abbiamo un governo con una sinistra debole che non può fare che quello che vuole la destra. Un Parlamento paralizzato dai veti e dalle risse. E il rinvio come segno dei tempi. In questo quadro la sentenza assume un peso particolare. Con un governo forte, un Parlamento forte e autorevole la sentenza non avrebbe nessun peso. Il suo peso è dovuto al fatto che sembra che governi la sinistra, ma in verità governa la destra e Berlusconi.
Insomma, in un’Italia con un presidente della Repubblica “a termine”, un presidente del consiglio di un governo debole, il Sistema non regge una condanna di Berlusconi.
Il sistema rischia di non tenere. È come se fossero due soggetti dalle parti opposte di un filo e se uno dei due molla cade tutto.
Da un lato Berlusconi, dall’altro Napolitano?
Da un lato Berlusconi, dall’altro Letta. Napolitano è stato l’unico punto di riferimento in questi anni. Non c’è dubbio che però la sua elezione denota debolezza del sistema politico.
Se questo è il quadro, è inevitabile che i giudici, a suo giudizio, sentano il peso enorme di scrivere la storia con una sentenza.
Non dovrebbe essere così. Anzi, dovrebbero agire “a prescindere” come dice Totò, senza pensare alle conseguenze. Ma non c’è dubbio che se fossi uno di questi giudici sentirei un peso che va al di là della decisione in sè. E avendo un po’ di esperienza…
Anche perchè Berlusconi ha fatto di tutto per far sentire il peso della loro decisione.
Sì, Berlusconi ha caricato di responsabilità la sezione della Cassazione: voglio però dire che tutta questa discussione è paradossale. È paradossale che una sentenza venga presa per quel che accadrà e non per il contenuto. Un magistrato dovrebbe stare seduto nel chiusi della sua stanza senza pensare al governo, alla rivoluzione, o all’economia a scatafascio. Sono due ambiti che dovrebbero stare distinti.
Sta dicendo che è Berlusconi a usare politicamente le questioni giudiziarie?
Berlusconi sta trasformando una decisione giudiziaria in una decisione politica. Sta dando, alla decisione, il senso di una sfiducia in Parlamento. Non di una sentenza ma di un giudizio universale, su Berlusconi, sul governo e sulla democrazia.
Bene avvocato. Allora ragioniamo sulle ipotesi. Se i giudici dovessero avere in testa l’equilibrio del Sistema, Con quale Verdetto lo garantirebbero?
Decidendo di non decidere. Una via potrebbe essere quella di dare un nuovo termine dell’udienza o mandarla alle sezioni ordinarie. L’altra è l’annullamento con rinvio alla Corte d’appello. Nel frattempo ci sarebbero alcune prescrizioni inevitabili… In questo clima, il non decidere è la strada maestra.
L’altra ipotesi per “salvare Berlusconi” è annullare in parte la sentenza e ridurre la pena, in modo da evitare l’interdizione. In questo clima il non decidere è una strada maestra.
È la soluzione che accontenta tutti: il governo non cade, il Pd regge… C’è poco da star contenti. Mi pare che il paese stia sopravvivendo a se stesso.
(da “Huffington Post“)
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Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile
IL GIORNO PIÙ LUNGO DELLE LARGHE INTESE, TRA MINACCE DI GUERRA E “CLAUSOLE DI DISSOLVENZA”
Il sentimento dell’attesa è multiforme. Produce sempre un’ampia gamma di emozioni. Oggi è il fatidico Trenta Luglio e nessuno sa cosa succederà nella sezione feriale della Corte di cassazione.
Sussurra un ministro del Pd a microfoni spenti: “Ho ascoltato almeno tre versioni differenti, segno che siamo tutti nel caos”. Dove per “tutti” bisogna davvero intendere tutti, sia il Pdl berlusconiano, sia il Pd della nomenklatura antirenziana.
Per il Pdl, la settimana si è aperta con la speranza del rinvio dell’udienza, variante molto diffusa in queste ore dell’attesa.
Come ha sostenuto ieri l’ex Guardasigilli Nitto Palma, già solerte difensore di Nicola Cosentino alias il Casalese: “Confido nel rinvio”. E con lui tanti altri del fu partito dell’amore. Ma in serata nel cerchio magico del Cavaliere la questione del rinvio sembrava già archiviata.
Effetto, pare, dei conti della Suprema Corte su quando maturerà la prescrizione per B. nel processo sui diritti tv Mediaset. Ai primi di agosto, non a settembre.
Ergo, per evitare uno schiaffo dei giudici, i legali berlusconiani, Coppi in testa, non dovrebbero presentare un’istanza di rinvio.
Nè loro, nè gli avvocati degli altri coimputati. In ogni caso, la riunione decisiva per la strategia processuale di Berlusconi si è tenuta ieri sera.
Politicamente, il Pdl è unito intorno al suo Capo e per quanto il premier Enrico Letta fa sapere da Atene di non avere “timori” sulla tenuta dell’esecutivo delle larghe intese, c’è una battuta dello scaltro Minzolini, oggi senatore del Pdl, che fotografa con una definizione azzeccata le eventuali conseguenze di una condanna: “Una sorta di clausola di dissolvenza del governo”.
Un’altra forma di questa attesa è il vistoso paradosso che sta stritolando il Pd.
I falchi berlusconiani guidati da Daniela Santanchè, detta anche la Pitonessa, da giorni vanno ripetendo il mantra attribuito al Cavaliere: “Con una condanna non saremo noi a implodere, ma il Pd. Loro non riusciranno a reggere l’alleanza con un partito che fa capo a un condannato”.
Così è bastato che un’ultrà berlusconiana come Michaela Bianco-fiore minacciasse le dimissioni di massa dal Parlamento, per costringere Luigi Zanda, canuto capogruppo del Pd al Senato, a un avvertimento: “Il Pd non tollererà reazioni eversive”.
Ossia quelle manifestazioni che i già citati falchi del Pdl non vedono l’ora di mettere in pratica.
Per loro, l’attesa è stata soprattutto insofferenza.
Insofferenza al silenzio imposto dal Cavaliere, insofferenza alla strategia della finta pacificazione, che per i falchi è “un imbroglio per accompagnare B. fuori dalla politica”, come ha scritto Alessandro Sallusti sul Giornale.
In caso di condanna, non aspetteranno neanche il segnale di B. Si tufferanno a bomba sulla sentenza, con esiti imprevedibili.
Dalla piazza all’Aventino parlamentare e a mille altre forme di protesta.
Reggerà il Pd a tutto questo, dopo aver già ingoiato la sospensione dei lavori alle Camere, voluta dal Pdl proprio per il Trenta Luglio, e il Rospo Alfano sullo scandalo Shalabayeva?
Dipende dall’entità del terremoto. Se ci saranno solo calcinacci da rimuovere oppure qualcosa di più serio.
Per il partito del reggente Epifani si stanno pericolosamente incrociando tutti gli elementi per una tempesta perfetta.
Da un lato, una sentenza di condanna di B., appunto.
Dall’altro l’offensiva dei renziani sulle regole del congresso, con le polemiche legate allo slittamento della direzione alla prossima settimana.
Quando, poi, domani, non oggi, si conoscerà il verdetto della Suprema Corte, sempre che non ci sia il rinvio, il caos aumenterà con il sindaco di Firenze che andrà al-l’attacco di Berlusconi in caso di condanna.
Una tattica, la sua, simmetrica a quella dei falchi del Pdl, che spingono per la rottura totale.
Ed è per questo che Gaetano Pecorella, in un’intervista all’Huffington Post, ha ipotizzato un “punto di equilibrio” che salvi il “Sistema”, cioè il sovrano Napolitano, il governo Letta e l’imputato Berlusconi: “È chiaro: non decidere. Si può fare o rinviando la decisione o attraverso l’annullamento con l’appello”.
Tra Arcore e Palazzo Grazioli, dove oggi aspetterà l’esito dell’udienza, circondato, pare, solo da fidanzata e figli, il Cavaliere continua a sfogarsi contro la “persecuzione giudiziaria”.
Per lui il sentimento dell’attesa è soprattutto il pessimismo. Un pessimismo cosmico. Nonostante le strategie dei suoi legali, è convinto che ci sarà “una sentenza già scritta”. Nulla di nuovo sotto il sole.
Un possibile colpo di scena potrebbe essere la sua apparizione all’udienza di stamattina .
Ma i suoi fedelissimi smentiscono categoricamente. Forse, l’unico, vero problema di questa attesa è che l’agonia sarà prolungata almeno fino a domani.
Qualora venisse condannato sarà lui e solo lui a decidere l’entità del terremoto politico.
Ma è impossibile, si sa, fare previsioni sui terremoti. Berlusconi è riuscito a trasformare il Trenta Luglio in un giudizio universale su tutto.
La Boldrini, presidente della Camera, ha provato a ridimensionare e ha parlato di “caso singolo”. Ma si è beccata l’offensiva dei berlusconiani, come in una sorta di prova generale per oggi.
Anche per questo il ministro Delrio, renziano, si è detto “un po’ preoccupato”. Solo un po’.
Per il momento.
Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotdiano”)
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Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile
“SE CONFERMANO LA CONDANNA E ‘ UN COLPO DO STATO, NON SO SE MILIONI DI ITALIANI RIMARRANNO INERTI”
«Sono innocente, ma vedrete che non perderanno l’occasione storica di farmi fuori dalla vita
politica». Silvio Berlusconi atterra a Roma avvolto da una nube nera di pessimismo.
L’intero pool di avvocati che con Ghedini e Coppi lo circonda dalle 18 fino a sera inoltrata, a Palazzo Grazioli, non contribuisce affatto a mutare lo stato d’animo del leader.
E non solo perchè i margini per chiedere un rinvio ad apertura di udienza questa mattina si sono ristretti fino a dissolversi del tutto.
Il fatto è che qualsiasi via di «fuga» per ottenere l’accoglimento del ricorso sembra d’improvviso ridotta a un lumicino.
«Voglio vicini solo i miei figli, nessun altro» si sono sentiti ripetere ieri sera alcuni dei più alti dirigenti Pdl che sono riusciti a contattare il Cavaliere telefonicamente, nella residenza romana trasformata in bunker.
Il tono della voce rispecchia lo stato d’animo.
E si dà il caso infatti che per oggi a Palazzo Grazioli – già presidiato da telecamere di troupe italiane e straniere – diano per probabile l’arrivo dell’amatissima figlia Marina e, meno certo, di Pier Silvio, forse Barbara.
La famiglia di Arcore pronta a stringersi al patriarca nel momento forse più delicato della sua vita, non solo politica.
Tant’è che un blitz nella Capitale potrebbe farlo anche il braccio destro di sempre, Fedele Confalonieri.
Ne va del destino personale del padre, dell’amico di una vita, del capo.
Tutto, sotto l’asfissiante cappa di calore e umidità romana, appare ormai secondario, visto dalla corte di Palazzo Grazioli, adesso anche i destini del governo.
Fino a qualche giorno fa Berlusconi era pronto a garantire sostegno e fiducia, ora pensa ad altro, pensa a se stesso.
Il resto si vedrà . «Se confermano la condanna è un colpo di Stato, non so se milioni di italiani resteranno inerti» è lo sfogo ultimo dell’inquilino di Palazzo Grazioli, al quale ha fatto eco per tutto il giorno una selva di dichiarazioni di decine di parlamentari Pdl battenti proprio sull’assioma: condanna uguale attacco alla democrazia.
Detto questo, Berlusconi ai suoi predica comunque cautela, invita a mantenere la calma, «non saremo noi a far cadere il governo, ma vedrete che il Pd in caso di condanna non reggerà , saranno loro a staccare la spina».
Ne è convinto e nell’ora decisiva ancora di più.
L’uscita del presidente della Camera Laura Boldrini, che ha minimizzato sulle ricadute del processo, è stata accolta malissimo al quartier generale. Ecco perchè adesso si ripete che tutto può succedere dopo che (domani, con molta probabilità ) sarà pubblicata la sentenza.
E poco conta se in mattinata da Atene il premier Letta avesse rassicurato, dicendo di non intravedere «terremoti». Già in serata del resto a Roma gli umori a Palazzo Chigi erano diversi, se è vero che il ministro per gli Affari regionali, il renziano (non a caso) Graziano Del Rio confessava di essere «preoccupato: ma chi vorrà far cadere il governo lo dovrà poi spiegare agli italiani».
Tutti segnali negativi, nella lettura del radar di Grazioli.
Per tutto il giorno il tam tam sulla tempesta in arrivo ha tenuto banco nei capannelli in Transatlantico. I falchi Pdl sono tornati a volteggiare.
«Qui si tratta di dieci milioni di italiani che in caso dicondanna di Berlusconi rischiano di non avere più rappresentanza politica» attacca Daniela Santanchè.
Col sottosegretario Michaela Biancofiore che continua a rilanciare la tesi delle dimissioni di massa di ministri e parlamentari tutti.
Altri, dal ministro Lupi al capogruppo al Senato Schifani pronti a predicare prudenza, a dirsi fiduciosi.
È un partito spaccato a metà , che non sa dove andrà da qui a qualche ora. In cui tuttavia ad alzare la voce è di nuovo chi, come il senatore Augusto Minzolini – schietto interprete degli umori del capo – sostiene che con la conferma della condanna si avrebbe «una sorta di clausola di dissolvenza dell’attuale governo», nel senso che «per motivi diversi che possono riguardare Pd e Pdl, in un modo o nell’altro, si rischia di tornare alle elezioni».
È l’ala del partito pronto a trascinare tutto e tutti al voto a ottobre. Sebbene non sia lo scenario che Silvio Berlusconi sembri prediligere, in questo momento.
Detto questo, tra i banchi pidiellini a Montecitorio mentre in aula si votava di Ecobonus, si è parlato per tutto il pomeriggio delle possibili azioni «eclatanti» da intraprendere, se tra 24 ore il responso della Cassazione dovesse essere quello temuto. Al di là delle dimissioni, ritenute da molti poco praticabili, restano sul tavolo dei pasdaran l’interruzione dei lavori d’aula, piuttosto che un presidio davanti le Camera, un nuovo Aventino.
Ma l’ultima carta che sembrerebbe prevalere, nel passaparola tra dirigenti di via dell’Umiltà , sarebbe la non meno audace ipotesi di un presidio dei parlamentari del Pdl davanti al Quirinale.
Per sensibilizzare il Colle sull’«attacco alla democrazia ».
La sede della Presidenza della Repubblica come il Tribunale di Milano mesi addietro. E si può immaginare con quanto entusiasmo il capo dello Stato vivrebbe questa sorta di pacifico, magari silente, ma senza precedenti «assedio » alla più alta carica dello Stato.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile
SE LO ASSOLVONO SARA’ LA PROVA CHE ERA UN INNOCENTE PERSEGUITATO, SE LO CONDANNANO SARA’ SEMPRE LA PROVA CHE E’ UN INNOCENTE PERSEGUITATO
Nel Paese di Tartuffe, che con buona pace di Molière non è la Francia ma l’Italia, si attende con ansia spasmodica la sentenza della Cassazione sul caso Mediaset per sapere finalmente se B. è un delinquente matricolato o un innocente perseguitato per fini politici.
Pare infatti, ma si tratta soltanto di voci di corridoio, che parte del Pd avrebbe qualche difficoltà a convivere ancora al governo con il partito guidato, anzi posseduto da un condannato per frode fiscale.
E, per capire se B. sia un giglio di campo o un criminale incallito, attendono la sentenza Mediaset in Cassazione.
Tutte le precedenti è come se non fossero mai state pronunciate, solo perchè non erano condanne definitive.
Poco importa se lo dichiaravano responsabile di reati gravissimi, come la falsa testimonianza sulla P2 (amnistiata), le tangenti a Craxi (cadute in prescrizione), svariati falsi in bilancio (reato depenalizzato da lui), la corruzione giudiziaria (prescritta sia per lo scippo della Mondadori a De Benedetti sia per le mazzette a Mills).
Per non parlare delle sentenze sulle tangenti alla Guardia di Finanza (i suoi manager pagavano i militari con soldi suoi perchè non mettessero il becco nei libri contabili delle sue aziende, ma a sua insaputa).
E su Dell’Utri e sui mafiosi stragisti, che dipingono B. come un vecchio amico dei boss.
Bastava leggere uno dei tanti verdetti che in questi vent’anni l’hanno riguardato per farsi un’idea del personaggio: conoscerlo per evitarlo.
Invece, dopo vent’anni di malavita al potere, siamo qui appesi a una sentenza di Cassazione sul reato forse meno grave —al confronto degli altri— commesso dal Caimano: la frode fiscale.
Più che un delitto, un’abitudine. Una specialità della casa.
In fondo andò così anche per Al Capone: era il capo della mafia americana, ma riuscirono a incastrarlo solo per evasione fiscale.
Solo che in America l’evasione è galera sicura, dunque non occorse altro per togliere il boss dalla circolazione. Da noi un evasore che tentasse di entrare in galera verrebbe respinto dalle leggi, che sono inflessibili. Per finire in carcere, sottrarre milioni all’erario non basta: bisogna rubare almeno un limone.
Eccoli dunque lì, i politici di destra, centro e sinistra, che con Al Tappone han fatto affari, inciuci, libri, comparsate tv, bicamerali, riforme bipartisan, alleanze più o meno mascherate, e i giornalisti e gl’intellettuali al seguito, tutti tremanti sotto la Cassazione.
Paradossalmente, il meno preoccupato è proprio lui: B. lo sa chi è B. e non ne ha mai fatto mistero.
E ha costruito un sistema politico-mediatico perfetto: se lo assolvono, sarà la prova che era un innocente perseguitato; se lo condannano, sarà la prova che è un innocente perseguitato.
A tremare sono tutti gli altri: gli ipocriti che lo circondano da vent’anni, fingendo di non vedere e tacendo anzichè parlare.
Infatti del merito del processo Mediaset, delle prove schiaccianti sul ruolo centrale di B. nella costruzione di una macchina perfetta di decine di società offshore per frodare il fisco e portare fondi neri all’estero da usare per corrompere politici, giudici, forze dell’ordine e funzionari pubblici, non parla nessuno.
È il trionfo di Tartuffe: tutti aspettano che i giudici della Cassazione dicano ciò che tutti sanno benissimo, anche se nessuno osa dire nulla.
Oppure delirano, come Letta e Boldrini, che escludono conseguenze sul governo in caso di condanna: come se il pericolo fosse che B. molli il Pd, e non che il Pd resti avvinghiato a un evasore pregiudicato.
Viene in mente la storiella raccontata da Montanelli per sbertucciare un’altra ipocrisia italiota, quella dell’intellighenzia “de sinistra” che negli anni 70 negava il terrorismo rosso: “Un gentiluomo austriaco, roso dal sospetto che la moglie lo tradisse, la seguì di nascosto in albergo, la vide dal buco della serratura spogliarsi e coricarsi insieme a un giovanotto. Ma, rimasto al buio perchè i due a questo punto spensero la luce, gemette a bassa voce: ‘Non riuscirò dunque mai a liberarmi da questa tormentosa incertezza?’”.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile
IL RINVIO SAREBBE STATO DI POCHE SETTIMANE E NON AVREBBE FATTO SLITTARE IL PROCESSO ALLA SESSIONE ORDINARIA
È ufficiale. Oggi la difesa di Berlusconi non chiederà alcun rinvio per l’udienza Mediaset. 
Gli avvocati del Cavaliere – Niccolò Ghedini e Franco Coppi – hanno scelto di parlare per ultimi e chiuderanno la sfilata degli altri cinque legali, dopo il relatore Amedeo Franco, il sostituto procuratore generale Antonello Mura, la parte civile (palazzo Chigi).
Probabilmente le due arringhe slitteranno a domani mattina. La sentenza è prevista per la tarda serata, al più tardi per giovedì.
Ma negli ambienti berlusconiani si dà per probabile mercoledì sera.
In aula, nell’aula grande del palazzaccio di piazza Cavour, non ci sarà Berlusconi.
Tv e reporter da tutto il mondo.
La curiosità per un processo che decide non solo le sorti personali del leader del Pdl, ma anche quelle del governo Letta e del Paese, non andrà delusa.
Il processo si svolgerà e si chiuderà . Questo ormai è certo. Del tutto improbabile che una richiesta di rinvio possa arrivare dai legali degli altri quattro imputati – Frank Agrama, Gabriella Galetto, Daniele Lorenzano, rispettivamente difesi da Roberto Pisano, Filippo Dinacci, Luca Mucci – perchè l’imprinting della strategia difensiva è decisa da Ghedini e Longo.
Con loro, a palazzo Grazioli, Berlusconi è rimasto fino all’ora di cena. Come Ghedini aveva anticipato una settimana fa, solo in quel momento, proprio a poche ore dall’inizio dell’udienza, l’ex premier nelle vesti scomode di imputato ha sciolto i dubbi e deciso che «tanto vale andare avanti e non chiedere rinvii perchè una manciata di giorni non cambierebbe nulla».
Qui sta il punto, che ha fatto pendere definitivamente la bilancia per il no al rinvio. Confermato anche dai contatti avuti, nel pomeriggio, con le supreme toghe della Cassazione.
Niente da fare per un ipotetico “rinvio lungo”. Dal collegio, qualora i legali avessero chiesto uno slittamento per avere più tempo per approfondire e discutere, sarebbe arrivato solo un “rinvio corto”. Tipo 10 agosto. Massimo 20.
Quindi nessuna speranza – come invece si auguravano Ghedini e Coppi – di poter agganciare la terza sezione, quella ordinaria, che ricomincia a lavorare dopo il 15 settembre.
Questo era l’unico obiettivo dell’eventuale richiesta di rinvio, evitare un collegio tutto sommato non gradito, un presidente – Antonio Esposito – che ha già condannato sia Berruti che Brancher.
Ma dalla Cassazione è arrivato un niet senza possibilità di appello.
La ragione è squisitamente tecnica: la sezione feriale “copre” tutti i processi che hanno la prescrizione in scadenza durante l’estate o nei 45 giorni successivi al 15 settembre, quando la feriale stessa chiude i battenti.
Anche spostando il più avanti possibile le lancette della prescrizione per Mediaset, secondo i calcoli di Ghedini si arriva al massimo al 26 settembre.
Quindi niente da fare con la terza sezione.
Nel lungo incontro con gli avvocati, Berlusconi ha tagliato corto: «Se mi devono condannare tanto vale che avvenga in agosto, quando l’attenzione della gente è minore per via delle vacanze ».
Non solo: con una sentenza d’appello emessa l’8 maggio e le motivazioni rese pubbliche il 23, il Cavaliere potrà ben lamentare «la spaventosa accelerazione » che ci sarebbe stata con un’udienza in Cassazione fissata per la fine di luglio.
Il film della giornata odierna.
Sfilata di toghe e di avvocati, poi la camera di consiglio e il verdetto. Attesa al cardiopalmo per una sentenza che potrebbe cambiare la storia di Berlusconi, trasformandolo da un incensurato, cosa di cui il Cavaliere si è sempre vantato, in un condannato a 4 anni per frode fiscale e 5 di interdizione dai pubblici uffici.
La difesa gioca ovviamente la carta dell’innocenza totale (lui era premier e non si occupava di bilanci, quindi impossibile addebitargli la frode fiscale) e punta in primis all’assoluzione, com’è avvenuto per Mediatrade e il filone romano di Mediaset, o almeno al rinvio in appello.
Ma a palazzo Grazioli sono scettici e sentono già odore di condanna.
A quel punto, al Senato, si apre il capitolo del voto sull’interdizione.
Ma prima bisognerà vedere se reggeranno governo e legislatura.
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
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