Maggio 12th, 2018 Riccardo Fucile
SOLO 51 MILIARDI DI DEBITI NON PAGATI SONO IN TEORIA RECUPERABILI (SU 1.000)… PER FINANZIARE LA FLAT TAX SERVIREBBE UNA MASSA DI CARTELLE DI ALMENO 500 MILIARDI
L’idea di coprire la Flat tax con un super condono rischia di naufragare prima di partire.
Perchè nel magazzino fiscale italiano ci sono cartelle per 1.058 miliardi di euro.
Ma solo il 5% di questa immensa cifra è davvero “lavorabile” e dunque almeno in parte recuperabile. Parliamo di 51 miliardi.
I numeri tra l’altro — rivelati nel 2016 dall’allora direttore di Equitalia ora numero uno dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, in un’audizione al Senato — nel frattempo potrebbero essere anche più bassi.
Per via delle due rottamazioni avviate dal governo Renzi prima e Gentiloni poi.
La “pace fiscale” della Lega — così la definisce il senatore Armando Siri, consigliere economico di Salvini — dovrebbe invece permettere a imprese, famiglie, commercianti di chiudere i conti con il Fisco pagando il 25%, il 10% o il 6% dei debiti accumulati fino al 2015, a seconda delle condizioni economiche di ciascuno.
Il gettito atteso sarebbe di 35 miliardi nel 2018 e 25 miliardi nel 2019: ben 60 miliardi in due anni. Un incasso stratosferico che necessiterebbe debiti da condonare tra 500 e 1.000 miliardi. Massa che esiste solo sulla carta.
Il motivo lo spiega lo stesso Ruffini, nell’audizione di due anni fa.
Il 20% di quei 1.058 miliardi è stato annullato dagli stessi enti creditori, perchè ritenuto non dovuto dai contribuenti, per decisioni dell’autorità giudiziaria o a seguito di provvedimenti in autotutela.
Dei restanti 841 miliardi, oltre un terzo non è recuperabile (soggetti falliti, persone decedute, imprese cessate, nullatenenti).
Se poi si sottraggono anche i debiti per cui invano si sono tentate azioni esecutive, alla fine restano 51 miliardi, il 5% del carico iniziale.
E dunque come coprire il mancato gettito che deriverebbe dall’introduzione in Italia della Flat tax, con le due aliquote del 15% e del 20%?
Il condono è comunque una copertura una tantum. Scommettere su un successivo rialzo del Pil di due punti è un’idea che non sta in piedi. Non esiste sul piano scientifico.
Il Pil cresce solo con investimenti ad alto moltiplicatore. In ogni caso, l’idea di un condono è ignobile.
E manda in soffitta tutta la lotta per la legalità portata avanti dai Cinque Stelle.
(da agenzie)
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Maggio 12th, 2018 Riccardo Fucile
L’HA ILLUSTRATA ARMANDO SIRI, CONSULENTE DI SALVINI E CONDANNATO PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA, UNA GARANZIA… AVETE PAGATO I VOSTRI DEBITI CON EQUITALIA? SIETE DEI COGLIONI, CON LA LEGA DEI FURBETTI BASTERA’ PAGARE IL 6%… ADDIO DETRAZIONI MEDICHE, PER RISTRUTTURAZIONI E MOBILI, DOVETE MORIRE SUL VECCHIO DIVANO, CON LE PERDITE DEL BAGNO E SENZA MEDICINE
Un condono “saldo e straccio”. È questa una delle coperture che potrebbe essere messa in campo
per finanziare il sogno della Lega: la flat tax.
A spiegarlo, in un’intervista a Repubblica, è Armando Siri, consulente economico di Matteo Salvini: “Famiglie, commercianti, imprese che hanno pendenze con Equitalia – fino al 2015 – potranno mettersi in regola versando in modo agevolato il 25%, il 10% o il 6% del dovuto, a seconda delle difficoltà economiche in cui si trovano”.
Tradotto: basta il 6% delle tasse che avete evaso e siete a posto.
Chissà come sono contenti quelli che, facendo sacrifici, hanno onorato il loro debito.
Siri si dice sicuro che il provvedimento, denominato “Saldo e stralcio”, sarà approvato nel primo o nel secondo Consiglio dei ministri.
La flat tax pensata dal Carroccio per il programma di governo contiene due aliquote. Pressione dei 5 Stelle? Siri risponde così:
“La seconda aliquota – del 20% sopra gli 80mila euro di reddito – era opzionale.
Ora sarà definitiva e affiancata dall’altra del 15%: livello inferiore alla più bassa delle aliquote Irpef oggi esistenti, quella del 23%, proprio per aiutare le fasce basse”.
Nel disegno del Carroccio per la flat tax sono previste le soppressioni di tutte le detrazioni.
Siri lo conferma: “Spariscono tutte. Non ci sarà bisogno di altri sconti perchè quello vero sarà a monte: gli italiani pagherano meno tasse”.
Balle stratosferiche: pagheranno meno tasse i ricchi, ovvero coloro che prima pagavano il 41% e il 43% e che pagherebbero la metà .
Il risparmio di chi prima pagava il 23% e ora pagherebbe il 15% è minimo già in teoria, in pratica pagheranno di più se si considera che TUTTE LE DETRAZIONI verranno eliminate.
Basti pensare a quelle per i figli a carico, per i familiari, le spese mediche, le detrazioni del 50% previste per ristrutturazioni della casa, acquisto mobili e centinaia di altre casistiche contemplate.
In pratica si finge di far pagare di meno per poi far pagare di più.
Favorendo solo i patrimoni alti che, quelli sì, risparmierebbero decine di migliaia di euro di imposte.
E chi può aver avuto questa idea del cazzo? Il braccio destro economico di Salvini, tale Armando Siri, che ha patteggiato una condanna di un anno e otto mesi per bancarotta fraudolenta, ha lasciato un debito di un milione di euro, e non ha pagato tasse per 162 mila euro.
Secondo i magistrati che hanno firmato la sentenza, prima del crack Siri e soci hanno svuotato l’azienda trasferendo il patrimonio a un’altra impresa la cui sede legale è stata poco dopo spostata nel Delaware, paradiso fiscale americano.
Altre due società italiane in cui il guru economico di Salvini ha avuto ruoli di spicco (socio di maggioranza e amministratore unico) hanno trasferito la sede legale nella piazza offshore a stelle e strisce. È successo negli stessi anni in cui la MediaItalia andava a picco. Le aziende in questione si chiamano Top Fly Edizioni e Metropolitan Coffee and Food.
(da agenzie)
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Maggio 12th, 2018 Riccardo Fucile
LO STUDIO DEL SOLE24ORE DIMOSTRA CHE UNA FAMIGLIA CON REDDITO DI 15.000 EURO ANDREBBE A PAGARE DI PIU’, SOLO OLTRE I 40.000 EURO PAGHEREBBE LA META‘
Il Sole 24 Ore pubblica una serie di simulazioni dalle quali si evince che le notizie migliori con un provvedimento del genere arriverebbero in particolare per la fascia fra 40 e 60mila euro di reddito familiare, che si vedrebbe ridurre l’imposta statale anche di oltre la metà .
In questo ambito, secondo le ultime dichiarazioni fiscali, si collocano due milioni di italiani, solo il 5% dei contribuenti totali.
Un single con 15mila euro di reddito all’anno, per esempio, si vedrebbe ridurre l’imposta statale solo del 5%, e con lo stesso reddito una famiglia andrebbe addirittura a pagare più tasse di oggi.
Il problema non è da poco, in termini di equità ma anche per un aspetto pratico: nella piramide schiacciata dei redditi italiani sono oltre 18 milioni, cioè il 44,9% del totale, i contribuenti che non dichiarano più di 15mila euro.
Considerando poi che verranno eliminate tutte le detrazioni attuali, il bilancio sarebbe ancora più tragico anche per chi si colloca sotto i 40.000 euro
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 12th, 2018 Riccardo Fucile
FEBBRAIO 2015, NASCE “SOVRANITA'” IN APPOGGIO ALLA LEGA… PIZZE, PALCHI E CENE CON UN INFAME, EZRA SI RIVOLTA NELLA TOMBA
Ha suscitato polemiche la fotografia che ritrae Matteo Salvini allo Stadio Olimpico con indosso la
giacca del brand legato CasaPound.
Abbiamo già dimenticato quando il leader della Lega con i “fascisti del terzo millennio” ci andava a cena.
Era il 2015.
Nel febbraio dello stesso anno viene lanciata “Sovranità ”, una formazione politica nata dall’appoggio dei “fascisti del terzo millennio” al leader della Lega con l’obiettivo di rivendicare la sovranità in campo monetario, economico e politico dell’Italia.
Salvini e i vertici di CasaPound condividono, in nome della nuova alleanza, piazze, palchi, e cene al ristorante.
Una fotografia del 12 maggio 2015 ritrae Salvini a tavola con i principali leader del movimento, fra i quali Simone Di Stefano, Gianluca Iannone e lo stesso Francesco Polacchi, titolare del marchio con un picchio stilizzato chiamato “Pivert”, quello indossato da Salvini all’Olimpico durante la finale di Coppa Italia Juventus-Milan, finita in maniera non fortunatissima per i rossoneri tifati dal Capitano.
Francesco Polacchi è il leader del Blocco Studentesco, l’organizzazione giovanile del partito
La lista Sovranità avrà vita breve, ma una cosa è certa: il filo che unisce la Lega a CasaPound non si è mai rotto.
“E’ evidente che fra noi e la Lega c’è una continuità ”, ha affermato il leader del partito Simone Di Stefano in una recente intervista.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 12th, 2018 Riccardo Fucile
LE ACCUSE A DI MAIO: “CI HA OFFERTO DUE MINISTERI IN CAMBIO DI APPOGGIARE LUI COME PREMIER”… “SALVINI NON CI HA TUTELATO”
Il caso Meloni scoppia nel governo Lega-M5S e dimostra che i passi indietro dei politici sono una barzelletta. Abbiamo raccontato delle prove tecniche di avvicinamento di Fratelli d’Italia alla partecipazione in maggioranza, coronate dall’incontro pomeridiano tra Giorgia Meloni e Luigi Di Maio.
Ma ieri dopo l’incontro Fratelli d’Italia ha fatto trapelare il vero obiettivo del capo politico del M5S: «Fratelli d’Italia sposta troppo a destra l’asse della coalizione — premette — L’unico modo per farvi entrare è se faccio io il premier. Se mi sostenete, posso darvi la Difesa e i Beni Culturali».
Insomma, Di Maio avrebbe utilizzato la possibilità di assicurare al Senato con i voti di FdI la maggioranza del suo governo per far ricicciare la sua candidatura dopo il plateale passo indietro di qualche giorno fa.
Un tentativo che Di Maio, secondo un retroscena di Repubblica, avrebbe effettuato anche con Salvini: «Perchè non dovrei essere io il presidente del Consiglio, visto che ho preso il doppio dei voti della Lega?». Perchè, gli replica l’alleato, ci siamo già accordati per un comune passo indietro.
E che però viene smentito dal MoVimento 5 Stelle che prima parla di “follia” a proposito della ricostruzione di FdI, poi dice che Di Maio ha voluto spiegare di persona a Meloni che il contratto di governo sarebbe stato solo tra Lega e MoVimento 5 Stelle: questo il motivo dell’incontro.
E mentre c’è chi nota il cambio di atteggiamento delle ultime ore in FdI è divertente notare le risposte dei grillini allo status di Meloni su Twitter: “Parliamo di cose serie Giorge’, lassa perde ‘ste cose chè non so’ pe te … ma poi gliel’hai riportato il maiale ai Casamonica?”, le dice un 5 Stelle; “Eh sì, col porcello hanno fatto una bella grigliata e poi se so fatti n’altra foto insieme! Ah già … no, quello dell’utima foto non era un Casamonica ma uno Spada…”, risponde un altro ricordando la foto con Silvano.
Il Messaggero intanto oggi ricorda che non è tanto il «no» ai grillini a tormentare Meloni, ma è il rapporto con la Lega.
Matteo Salvini, già dalle comunali di Roma del 2016, ha iniziato una lenta ed efficace Opa sull’elettorato di destra. Basti pensare a cosa è accaduto per la presentazione delle liste in due municipi, sempre della Capitale (da 200mila abitanti ciascuno). Dopo settimane di guerra interna e minacce, i due candidati presidente sono andati uno a Forza Italia e l’altro alla Lega.
In ogni caso sarebbe divertentissimo vedere i Fratelli d’Italia che a Roma hanno fatto la guerra senza quartiere alla Giunta Raggi e ai municipi grillini (riportando vittorie significative come l’acquisizione di consiglieri e la caduta del III Municipio) che di colpo appoggia un governo grillino descritto nella Capitale come il male assoluto. L’umore degli ex missini lo riassume il questore Edmondo Cirielli: “La Lega ci ha sorpreso e deluso. Si sono fatti il programma da soli, si stanno facendo i ministri da soli, si votino pure da soli”.
Comunque vada a finire, il centrodestra finirà a pezzi nel giorno in cui Salvini varerà il suo governo con Di Maio, e reggerà come matrimonio d’interessi nei luoghi dove già governano.
Spiega Marco Cremonesi sul Corriere:
Fatti i conti, i margini dell’esecutivo in gestazione sono ridotti: solo 6 senatori in più sui provvedimenti ad alto rischio. E così, a suscitare le riflessioni preoccupate in Lega, il fatto che quel governo «per fare le cose» di cui parla da sempre il segretario leghista rischia di rivelarsi una patacca
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 12th, 2018 Riccardo Fucile
LA TRISTE STORIA DEGLI ATTIVISTI CHE CHIESERO LA TESTA DEL RESPONSABILE DELLA CANDIDATURA DELL’IMPRENDITORE INDAGATO: ALLA FINE E’ ROTOLATA LA LORO
Ricordate? Quando nel MoVimento 5 Stelle scoppiò il caso Caiata gli attivisti senesi chiesero la testa
del responsabile della candidatura dell’imprenditore ponentino ma residente in città e indagato.
Loro avevano segnalato tutto, dissero, ma non erano stati creduti. Per questo il responsabile doveva pagare. E su questo non si transigeva. Ma ovviamente nessuno pagò.
Sono passati due mesi e mezzo e per una straordinaria coincidenza, come a Vicenza gli attivisti senesi non hanno ricevuto la certificazione per la loro lista.
Fino all’8 maggio scorso Luca Furiozzi, candidato sindaco con pagina Facebook ma anche uno dei più furiosi durante il caso Caiata, aggiornava la sua pagina Facebook con passione, pronto alla sfida raccolta anche dalla pagina ufficiale del M5S Siena.
Gli attivisti hanno inviato la richiesta di certificazione due mesi fa, come da regolamento.
Non hanno mai ricevuto risposte nè spiegazioni. E dal momento in cui i 5 Stelle senesi si sono accorti di non essere stati certificati, si sono come d’abitudine rinchiusi in un ostinato silenzio, senza comunicare niente a nessuno come si conviene al partito dei trasparenti. “Non più sudditi, ma sovrani”, recitava lo slogan scelto da Furiozzi per la campagna elettorale.
La sovranità sarà per un’altra volta, per adesso si rimane sudditi.
“Siamo distrutti, addolorati e ci sentiamo abbandonati”, spiega Michele Pinassi che nel 2013 correva per diventare primo cittadino per il Movimento e oggi è consigliere comunale Siena 5 Stelle.
“Non ci sappiamo dare una motivazione e nemmeno ce l’hanno data, c’è stato solo silenzio assoluto”, aggiunge.
Sul suo profilo Facebook invece Luca Furiozzi fa un po’ di sarcasmo, dicendo che sulla sua vicenda toccherà bere un amaro lucano.
Lucano, come Caiata.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 12th, 2018 Riccardo Fucile
IN SERATA A MILANO, ALLA FINE DEL VERTICE, IL GRILLINO FUGGE, IL SUO AMICO SALVINI FA SCUOLA
Non è stata un uscita tranquilla quella che il leader del Movimento 5 stelle, Luigi Di Maio ha avuto dal Pirellone che, dopo aver rilasciato dichiarazioni alla stampa, è stato contestato da quattro maestre armate di striscione.
Già nel pomeriggio un gruppetto di ragazzi aveva manifestato contro il vertice con slogan e fumogeni, tacciando di doppiezza Di Maio e di connivenza con la casta Salvini.
Iconica l’uscita dal vertice del capo politico 5 stelle.
Attorniato da una selva di telecamere, scortato dalla sicurezza.
E investito dal megafono di un gruppetto di contestatori del mondo della scuola. Costretto letteralmente a scappare via.
Non sono più i tempi de “la nostra scorta sono i cittadini”.
È il potere, bellezza.
E siamo solo all’inizio.
(da agenzie)
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Maggio 12th, 2018 Riccardo Fucile
SONDAGGIO IPSOS PER IL CORRIERE DELLA SERA CERTIFICA CHE UN GRILLINO SU TRE E’ SCONTENTO… CROLLO DEL’8% … GLI ELETTORI GRILLINI IL VAFFANCULO LO RIVOLGONO ALLA PREMIATA DITTA DI MAIO & CASALEGGIO
La base grillina è scontenta dell’operato di Luigi Di Maio in questa fase di trattative con la Lega per
la formazione del nuovo governo.
È quanto emerge da un sondaggio realizzato da Ipsos per il Corriere della Sera: 1 su 3, infatti, è “critico”.
E un altro sondaggio, realizzato da Antonio Noto e pubblicato su La Nazione, rivela che il patto con il Carroccio costa ai grillini l’8% dei consensi.
Il direttore di Ipsos, Nando Pagnoncelli, illustra le percentuali dei consensi registrate dai due leader:
“Il leader leghista può contare sul consenso del 92% dei suoi elettori, tra i quali solo il 6% esprime un giudizio negativo, come la scorsa settimana. Al contrario Di Maio, pur sostenuto dall’approvazione di una larga maggioranza di pentastellati, deve fare i conti con un terzo di elettori (32%) che si mostra critico nei suoi confronti, mentre la scorsa settimana gli elettori 5 Stelle critici erano il 20%”.
Noto mette in luce la disillusione della base grillina: l’alleanza con il Carroccio è “senza futuro” o di “respiro corto” per il 63 per cento. Il 15%, addirittura, pensa che l’intesa durerà solamente pochi mesi.
E c’è un dato che emerge dal sondaggio molto eloquente: il 25% di chi ha votato per i 5 Stelle alle elezioni del 4 marzo non confermerebbe la sua scelta se si realizzasse un governo con la Lega.
Un 25% che pesa: il Movimento, infatti, calerebbe di 8 punti, cioè dal 32 al 24 per cento.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 12th, 2018 Riccardo Fucile
RICORDA LA LEZIONE DI EINAUDI SULLE PREROGATIVE DEL CAPO DELLO STATO E SULLA CENTRALITA’ DEL PARLAMENTO
Analizzare il passato per affrontare il presente. La lezione di Luigi Einaudi è quanto mai presente in Sergio Mattarella in un momento delicato per la democrazia italiana, che fatica a trovare una guida governativa. Una lezione che piomba al tavolo negoziale che vede impegnati M5S e Lega per definire il programma e la squadra di Governo.
Sergio Mattarella omaggia Luigi Einaudi e ricorda la sua lezione alla guida della Repubblica italiana, negli anni del Secondo Dopoguerra, per riaffermare le prerogative del Quirinale, che ha la funzione di “robusto contropotere” rispetto al Governo “per impedire abusi”.
Da Dogliani arriva un messaggio forte a chi lavora in queste ore per formare un nuovo Governo: il nome del premier passa dal Quirinale, così come quella importantissima dei ministri, ma anche misure che non hanno un adeguato equilibrio fra costi e coperture devono passare dal Colle più alto.
“Era, quella italiana, una democrazia in bilico. Erano avvenute scelte divaricanti” afferma Sergio Mattarella, ricordando gli anni di Einaudi. Ma soprattutto grazie alla sua gestione “la democrazia uscì vincente dalla prova. Difatti, la divaricazione tra le forze politiche legittimate a guidare il Paese e le forze politiche alle quali era assegnato il ruolo di opposizione non si tradusse mai in una democrazia dissociativa che avrebbe reso la Repubblica fragile e debole”.
Mattarella parla di Einaudi come “moderatore dell’avvio della vita dell’Italia repubblicana” e lo cita nelle sue considerazioni sulle funzioni della Presidenza della Repubblica:
“può e deve rimanere dormiente per lunghi decenni e risvegliarsi nei rarissimi momenti nei quali la voce unanime, anche se tacita, del popolo gli chiede di farsi innanzi a risolvere una situazione che gli eletti del popolo da sè, non sono capaci di affrontare, o per ristabilire l’osservanza della legge fondamentale, violata nella sostanza anche se ossequiata nell’apparenza”.
La lezione di Einaudi, prosegue il capo dello Stato, è quella “penetrante moral suasion nei rapporti con il governo” che seppe attuare, a partire dai poteri dell’art.87 della Costituzione sui provvedimenti di iniziativa governativa.
“Consigli, previsioni, esortazioni che gli valsero, da taluno, la definizione di pedante” ricorda Mattarella, che rammenta alcuni episodi chiave di una presidenza “tutt’altro che notarile”.
Einaudi rinviò due leggi approvate dal Parlamento “perchè comportavano aumenti di spesa senza copertura finanziaria, in violazione dell’art.81 della Costituzione” e superò da vincitore il contrasto con l’esecutivo. Allo stesso modo, dopo le elezioni del 1953, sulla nomina del presidente del Consiglio “non ritenne di avvalersi delle indicazioni espresse dal principale gruppo parlamentare, quello della Democrazia Cristiana”. E cita ancora il suo predecessore: “dovere del Presidente della Repubblica evitare si pongano precedenti grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore, immuni da ogni incrinatura, le facoltà che la Costituzione gli attribuisce”.
Un’altra citazione di Einaudi è un messaggio inevitabilmente rivolto al tavolo negoziale per il prossimo Governo.
“tu non potrai operare a tuo piacimento…tu devi, sotto pena di violare giuramenti e carte costituzionali solenni, osservare talune norme che a noi parvero essenziali alla conservazione dello Stato che noi fondammo. Se tu vorrai mutare codeste norme, dovrai prima riflettere a lungo, dovrai ottenere il consenso di gran parte dei tuoi pari, dovrai tollerare che taluni gruppi di essi, la minor parte di essi, ostinatamente rifiutino il consenso alla mutazione voluta dai più”.
Infine, un passaggio sul rilancio dell’assemblearismo, sulla centralità del Parlamento.
“Il totalitarismo vive con il monopolio; la libertà vive solo perchè vuole la discussione tra la verità e l’errore…Nella vita politica la libertà non è garantita dai sistemi elettorali, dal voto universale o ristretto, dalla proporzionale o dal prevalere della maggioranza nel collegio uninominale. Essa esiste finchè esiste la possibilità della discussione, della critica”.
“Uomini eccezionali per tempi eccezionali” chiosa Mattarella.
Tempi eccezionali che però non cambiano le funzioni della Presidenza, del tutore della Costituzione nei suoi principi fondamentali e della Repubblica nelle sue istituzioni fondanti.
Chiunque arriverà a Palazzo Chigi, dovrà fare i conti con questo.
(da agenzie)
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