Destra di Popolo.net

IL PD OCCUPA IL SENATO, PROTESTE CONTRO LA MANOVRA FANTASMA, IL VOTO DI FIDUCIA SLITTA A DOMANI

Dicembre 21st, 2018 Riccardo Fucile

IL GOVERNO NON TROVA LA QUADRA SUI CONTI, OPPOSIZIONI SCATENATE

Slitta la fiducia al maxiemendamento del governo sulla manovra. Il voto sulle modifiche alla legge di bilancio, che era previsto in serata, dovrebbe essere posticipato a domani sera, dopo la presentazione del testo calendarizzata per le 14:00.
Secondo quanto si apprende la Ragioneria avrebbe chiesto altro tempo per poter leggere approfonditamente le carte le tabelle presentate dall’esecutivo.
Le quali tuttavia, sembrano addirittura introvabili per il resto dei senatori. Palazzo Madama, dunque, continua ad essere in qualche modo ‘ostaggio’ della manovra. Almeno fino a domani.
A confermalo è anche Giuseppe Conte, in conferenza stampa a Palazzo Chigi: “Siamo al rush finale. Confidiamo che nella giornata di domani la manovra al Senato possa essere approvata. So che siamo in zona Cesarini”, ha detto il premier
“È una vergogna, la manovra non c’è: il Pd occupa l’aula del Senato”. Così il capogruppo Dem a palazzo Madama Andrea Marcucci al termine della conferenza dei capigruppo.
L’atteggiamento della maggioranza, ha commentato la presidente dei senatori di FI, Anna Maria Bernini, “è sconcio nei confronti del popolo italiano. Prendere in giro il Parlamento per venti giorni è uno sfregio ai loro elettori. E’ la loro Caporetto politica, il fallimento politico di questo governo. Diteci cosa state nascondendo? Cosa siete diventati? Quali accordi politici al massimo ribasso avete fatto tra di voi sulla pelle degli italiani?”
Anche il presidente del Senato Elisabetta Casellati ha espresso il suo disappunto per il rinvio del voto: “La maggioranza e il governo devono avere un percorso legislativo più regolare e rispettoso dell’assemblea del senato e non con questa tempistica a singhiozzo”.

(da agenzie)

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INTERVISTA A HADHAZY AKOS, IL DEPUTATO UNGHERESE PICCHIATO DAI MAZZIERI DI ORBAN: “FINITA L’ILLUSIONE DI ESSERE UNA DEMOCRAZIA”

Dicembre 21st, 2018 Riccardo Fucile

“IL REGIME INFAME DI ORBAN E’ FONDATO SULLA CORRUZIONE, IL PREMIER USA I FONDI EUROPEI PER CONSOLIDARE IL SUO POTERE”

Hadhà¡zy àkos è il parlamentare ungherese scaraventato a terra dalla security del palazzo della tv pubblica perchè aveva provato a entrare nell’edificio e chiedere di leggere un comunicato dei manifestanti che da giorni riempiono le strade di Budapest per protestare contro il governo di Viktor Orbà¡n.
Fino al 2013 membro di Fidesz, il partito del premier, e fino a questa estate esponente dei Verdi, oggi è indipendente.
E’ impegnato soprattutto nella lotta alla corruzione.
Siamo al 9° giorno di proteste contro il governo. Perchè andate in piazza?
“Le proteste sono nate a causa di quella che è stata ribattezzata ‘legge schiavitù’, che permette ai datori di lavoro di richiedere 400 ore di straordinari in un anno ai propri dipendenti. Oggi questa mobilitazione è diventata qualcosa di più: stiamo protestando contro regime infame e corrotto costruito da Viktor Orbà¡n negli ultimi otto anni”.
Questa nuova legge nasce per rispondere alla mancanza di manodopera nel Paese. Le vostre politiche migratorie, però, vanno in tutt’altra direzione.
“Non esiste alcuna immigrazione di massa in Ungheria, solo la propaganda di Stato la usa come strumento per spaventare i cittadini parlando di orde di migranti. In realtà , centinaia di migliaia di persone hanno lasciato il Paese, soprattutto a causa dei salari bassi. È questa la ragione dietro la mancanza di manodopera. Il mercato del lavoro è uno dei più grandi castelli di carte in questo Paese: sembra in buono stato, ma è garantito che collasserà ”.
Il 17 dicembre lei e altri parlamentari siete entrati nel palazzo della tv di Stato per leggere in diretta le motivazioni che hanno spinto le proteste. È un vostro diritto farlo?
“Come membri del Parlamento abbiamo il diritto di entrare nell’edificio, ma non siamo giornalisti, quindi non possiamo e non volevamo leggere le richieste personalmente. Volevamo parlare con il direttore, ma non è stato possibile incontrarlo. Hanno bloccato le porte della redazione e l’unica persona che ci ha rivolto la parola è stato il capo della sicurezza. Questo è scandaloso, ci ha minacciato di portarci in prigione perchè ‘disturbavamo il regolare svolgimento di lavoro pubblico’”.
Hanno usato violenza?
“In quel momento no. Noi abbiamo deciso di rimanere lì e attendere di incontrare il direttore o un dirigente della tv. Durante la mattinata, le guardie sono cambiate e le nuove sono arrivate armate e minacciose. Ho cercato di eludere i controlli per salire ai piani superiori e raggiungere l’ufficio dell’amministratore delegato, ma a quel punto hanno usato la forza: sono stato agguantato da 4 uomini, spinto a terra e buttato fuori dall’edificio. Hanno cacciato nello stesso modo anche la mia collega, Bernadett Szèl. Questo è un attacco senza precedenti all’immunità  parlamentare”.
Adesso? Avete in mente altre azioni?
“Ci muoviamo su sentieri sconosciuti. L’illusione del consolidamento della democrazia in Ungheria è andata in frantumi. Spero solo che non siamo diventati come la Russia di Putin o la Turchia di ErdoÄŸan. Non sappiamo come comportarci con un regime semi-dittatoriale, lo stiamo imparando solo adesso. Di una cosa sono sicuro: non dobbiamo fermarci, dobbiamo essere ostinati. Non possiamo prendere parte a questa commedia e far finta che l’Ungheria sia un paese democratico. Abbiamo combattuto contro la propaganda di Stato e l’incredibile livello di corruzione. Dobbiamo organizzarci e dar vita a un network a livello nazionale”.
Quindi, a suo parere, l’Ungheria non sarebbe più una democrazia?
“Non ne sono sicuro. Non esiste una linea rossa che divide democrazia e dittatura. Questa è una transizione. Penso però che esista un punto di non ritorno e mi dispiace dire che questo punto è stato superato. Ma mai arrendersi: dobbiamo guardare avanti, abbiamo un sacco di lavoro da fare”.
A proposito, a livello parlamentare quali azioni avete intrapreso per opporvi alle misure del governo?
“Dopo più di otto anni (di governo Orbà¡n, ndr) sappiamo esattamente cosa aspettarci dal Parlamento. Il partito di governo ha una maggioranza di due terzi e i rappresentanti di Fidesz sono come robot, votano a favore di qualsiasi proposta del governo e contro tutte quelle che arrivano dall’opposizione. Come ho detto, è una commedia”.
La sua attività  come parlamentare si è concentrata sulla lotta alla corruzione. Mi ha appena detto che questo è uno dei principali problemi del Paese. È anche interno all’amministrazione Orbà¡n?
“Questo è il problema principale. Come ha detto anche una delle menti di Fidesz: ‘Ciò che definite corruzione è la principale politica di Fidesz’. Usano i fondi europei, che non sono soldi di Bruxelles, ma di tutti i cittadini dell’Unione, anche dei contribuenti italiani, per costruire un regime solido. Qualche alleato e membro della famiglia Orbà¡n ne ha tratto immensi benefici” (come raccontato in un’inchiesta pubblicata nell’ultimo numero di FQMillenniuM, ndr).
Lei è stato membro di Fidesz fino al 2013. Perchè ha abbandonato? Ha notato questi problemi legati alla corruzione quando era all’interno?
“Ero consigliere nella mia città  (Szekszà¡rd, ndr), quindi ho visto cosa stava succedendo. Ho dovuto votare alcuni casi sospetti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è quello che è stato ribattezzato il ‘Tabaccogate’. Il sindaco e i membri del Parlamento della nostra città  vennero da noi membri di Fidesz con la lista di chi aveva fatto domanda per le concessioni nazionali sulla vendita di tabacco e ci chiesero chi fossero queste persone perchè volevano affidare le concessioni a ‘persone fidate’ e non ai ‘comunisti’. Alcuni consiglieri hanno anche ottenuto il permesso di aprire negozi nei quali si poteva vendere tabacco. A quel punto non potevo rimanere in silenzio”.
Tanto da portarla a dichiarare, qualche mese fa, che Orbà¡n si meriterebbe di scontare dieci anni di carcere…
“Perchè è vero, se lo meriterebbe. Ma prima di tutto dobbiamo sconfiggerlo con elezioni imparziali”.
Lei ha fatto riferimento all’Europa. Come crede si stia comportando nei confronti del governo Orbà¡n?
“Sono veramente deluso, prima di tutto dal comportamento del Partito Popolare Europeo (Ppe). Le istituzioni europee, a mio parere, riconosceranno ciò che sta accadendo in Ungheria e che il governo Orbà¡n sta rubando i soldi dei contribuenti europei. Anche questa è una transizione e sarà  doloroso quando Bruxelles chiuderà  i rubinetti dei fondi europei. Ma il Ppe sta evitando lo scontro con Fidesz, non danno certo prova di gran coraggio”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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MIGLIAIA DI PATRIOTI UNGHERESI IN PIAZZA ANCHE STASERA CONTRO LA LEGGE SCHIAVISTA DEL SERVO DEI POTERI FORTI ORBAN

Dicembre 21st, 2018 Riccardo Fucile

IL POPOLO UNGHERESE PROTESTA CONTRO LE 400 ORE DI STRAORDINARIO OBBLIGATORIO VOLUTO DALLA MARIONETTA SOVRANISTA AL SOLDO DELLA FINANZA

Prima cacciare i migranti in nome del ‘popolo’, poi sfruttare il ‘popolo’ nel nome del potere.
Il giochetto sovranista comincia a essere smascherato: il primo ministro ungherese Viktor Orban ha descritto l’ondata di proteste contro il suo governo, destinata a continuare anche questa sera a Budapest, come «urla isteriche»
Le dimostrazioni a livello nazionale sono iniziate la scorsa settimana in seguito all’approvazione di una legge che ha aumentato il volume del lavoro straordinario da
250 a 400 ore all’anno, soprannominata ‘legge sugli schiavi’.
La legge introduce di fattro la settimana lavorativa di sei giorni.
Non solo: gli staordinari verranno pagati dilazionandolo in tre annni.
Le proteste hanno anche attaccato i modi autocratici di Orban, che dal 2010, quando ha preso il potere, lo hanno aiutato a rafforzare il suo controllo sull’economia, i media e persino la magistratura.
Ormai l’Ungheria è un regime sovranista guidata da un affarista che agisce per conto dei poteri forti.

(da agenzie)

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INTERVISTA A EMMA BONINO: “LA DEMOCRAZIA LIBERALE E’ IN PERICOLO”

Dicembre 21st, 2018 Riccardo Fucile

“SERVE FARE OPPOSIZIONE NEL PAESE ORA, HANNO RIDOTTO IL PARLAMENTO A UNA BECERA CURVA SUD”

Ragione e sentimento. Un binomio che connota da sempre l’agire politico e il modo di proporsi di Emma Bonino.
Un mix che si è trasformato in lacrime al termine dell’appassionato intervento, ieri sera a Palazzo Madama nel dibattito sulla manovra economica, della senatrice di “+ Europa”, già  ministra degli Esteri e leader storica Radicale.
Con HuffPost, Bonino lancia un grido d’allarme: “La democrazia liberale, per come l’avevamo conosciuta e anche criticata, oggi è in pericolo”.
“Voi non avete rispetto delle istituzioni, ci passate sopra come dei rulli compressori, ma un giorno di queste istituzioni avrete bisogno anche voi!”. Partirei da qui, da questo j’accuse che lei ha rivolto in Aula ai senatori della Lega e del M5S. E’ davvero una democrazia a rischio?
Veramente non è da oggi che cerco di suonare questo campanello d’allarme. Perchè i segnali che si stanno accumulando sono, a mio avviso, alquanto preoccupanti, Lo sono, ad esempio, quelli rivolti da chi ha responsabilità  istituzionali e di governo alla Magistratura. Un misto di ignoranza e di sprezzo. Come quando a un magistrato che manifesta la volontà  di dimettersi per situazioni insostenibili, la risposta è ‘vuole farlo perchè è stanco’. E che dire poi del vicepremier Matteo Salvini, che afferma di ‘voler vedere scendere in manette i profughi’, dimenticando che non è il ministro di Polizia e che a decidere sulle manette spetta alla Magistratura. Per non parlare poi della prescrizione. Questo ministro tuttofare esterna passando da bettole, birrerie, incontri con gli ultras. Non è questione di un giorno, di un dibattito, di un tema. E’ una concezione della democrazia, delle istituzioni, che sta dietro a queste allarmanti esternazioni. Hanno ridotto il Parlamento ad una sorta di ‘Curva Sud’ dove c’è spazio solo per l’esternazione di sentimenti beceri, dove il rispetto dell’avversario è un bene introvabile. Lo ribadisco: è un modus di pensare e di operare a tutto campo, Vogliamo aggiungere le minacce verso le autorità  indipendenti? E l’occupazione manu militari della Rai?
Esiste una emergenza democratica?
Sì, secondo me esiste. Quella che è in crisi è la democrazia liberale, seppure imperfetta, che abbiamo conosciuto e anche criticato.
C’è questa consapevolezza fuori dai Palazzi della politica e delle istituzioni rappresentative?
Non voglio sostituirmi ai sociologi e invadere campi che non sono i miei. Una cosa però sento di poter dire, da persona che è abituata a muoversi tra la gente, ad ascoltare ciò che si dice su un treno, un aereo, nei luoghi pubblici. Quello che percepisco è una specie di bollore ancora molto rancoroso che per ora non si manifesta in forme propositive e organizzate.
Questo limite non è dovuto anche alla percezione che manchi una opposizione all’altezza dell’emergenza democratica di cui parlava in precedenza?
In Parlamento l’opposizione c’è, dove manca, mi manca, è nel Paese. Se mi posso permettere, non è il caso di aspettare il 3 Marzo (il Congresso del Pd, ndr), comunque noi di ‘+ Europa’ non ci metteremo in stand by fino a quel giorno fatidico, e nel nostro piccolo faremo tutto quello che è possibile.
I diritti civili e umani sono un suo storico campo di battaglia. Siamo nell’emergenza anche su questo fronte?
L’atmosfera non è certo delle migliori. C’è un sentimento profondo antiscientifico che fa spavento, la cui punta dell’iceberg è stata la polemica sui vaccini, in cui molti, anche dei 5 Stelle, hanno fatto confusione, non so quanto consapevolmente o meno, tra libertà  e licenza. Perchè la libertà  si esercita con la responsabilità , e se non volete vaccinare i vostri figli siete voi che li dovete tenere a casa. Non è mio nipote immunodepresso che non può andare a scuola. Non parliamo poi della visione complessiva per quanto riguarda la famiglia. Quella che viene proposta è una visione della famiglia da ‘mulino bianco’, peraltro mai esistita, che penalizza chi ha sensibilità  diverse, esigenze diverse, e organizza i suoi sentimenti come può, non sempre come vuole.

(da “Huffingtonpost”)

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SORPRESA: LA CAMERA DEI GRILLINI CI COSTA PIU’ DI QUELLA DELLA BOLDRINI

Dicembre 21st, 2018 Riccardo Fucile

IL BILANCIO PREVISTO PER IL 2019 RESTA SUPERIORE A QUELLO DELLA BOLDRINI DEL 2017

Roberto Fico non è il primo Presidente della Camera ad essersi tagliato lo stipendio e non è nemmeno il primo ad aver deciso di ridurre i costi per il funzionamento di Montecitorio.
A sei mesi dalle elezioni non si hanno più notizie di Fico che va a lavoro in autobus oppure a piedi.
Nel frattempo una nota stampa dell’Ufficio di Presidenza della Camera ci informa dell’approvazione del progetto di bilancio per il 2019.
Il prossimo anno, fanno sapere da Montecitorio, la spesa complessiva sarà  inferiore rispetto all’anno precedente, vale a dire il 2018, di 10,4 milioni di euro «riprendendo l’andamento discendente che si è costantemente registrato dal 2012».
Quello che si va a concludere è stato infatti un anno particolare, le elezioni politiche e le spese connesse al passaggio di legislatura hanno fatto alzare i costi della gestione del Palazzo.
Costi che comprendono la spesa per gli stipendi per i deputati, quella per il personale dipendente e quella per l’acquisto di beni e servizi.
Nel 2019 il totale della spesa sarà  pari a 958 milioni di euro, con una riduzione di 150 milioni di euro rispetto al 2011 quando la spesa complessiva ammontava a un miliardo e cento milioni di euro.
Al di là  quindi del fattore contingente costituito dal cambio di legislatura le spese continueranno a calare.
Ma non abbastanza da consentire ai 5 Stelle di dire che la “loro” gestione di Montecitorio è la più parsimoniosa.
Il consuntivo 2017 dell’ultimo anno della gestione di Laura Boldrini infatti ha registrato spese per 950,4 milioni di euro. Una cifra inferiore — di otto milioni di euro — rispetto a quella preventivata per il 2019.
Va infatti riconosciuto all’ex Presidente della Camera di aver portato avanti per cinque anni un percorso virtuoso di riduzione dei costi di esercizio facendo risparmiare allo Stato 270 milioni di euro nell’arco della legislatura.
Durante la gestione Boldrini l’Ufficio di Presidenza ha sistematicamente prorogato le misure di blocco dell’indennità  parlamentare e dei principali rimborsi per i deputati. Una scelta che è stata confermata anche dall’attuale Presidenza che ha prorogato il congelamento delle indennità  fino al 2021.
Nel 2017 la riduzione della spesa rispetto al 2016 era stata di 15,3 milioni di euro rispetto all’anno precedente (l’1,59 per cento in meno) in rapporto al 2011, anno in cui si registrò il picco di spesa, la riduzione è stata pari a 157 milioni di euro, il 14,2% in meno.
Certo, a differenza della scorsa legislatura Fico può contare anche sul “taglio dei vitalizi“. Ma il risparmio da 40 milioni di euro (stimati) tanto sbandierato dal M5S per ora non viene messo a bilancio. Il motivo? I soldi sono stati accantonati in un Fondo di garanzia per fare fronte ai ricorsi presentati dagli ex deputati.

(da agenzie)

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USA E GETTA

Dicembre 21st, 2018 Riccardo Fucile

SERGIO BRAMINI, L’IMPRENDITORE FALLITO PUR VANTANDO 4 MILIONI DI CREDITI VERSO LO STATO E USATO IN CAMPAGNA ELETTORALE DAL M5S, ORA RISCHIA DI PERDERE ANCHE L’AZIENDA

“Per risolvere il mio caso ci vuole la volontà  politica di intervenire e opporsi alla magistratura, Di Maio, con tutta la stima che ho per lui, forse non ne ha abbastanza”. Parola di Sergio Bramini, 71 anni, fallito a causa di 4 milioni di euro di crediti vantati verso lo Stato e mai avuti, dopo aver perso la casa, sta perdendo anche quel che resta dell’azienda, come racconta al Giornale.
Bramini è stato utilizzato come uomo simbolo delle battaglie M5s in campagna elettorale e addirittura il vicepremier Di Maio lo ha assunto come consulente al Mise. “Il mio ufficio è a venti metri dal suo, ma non lo vedo mai”, dice Bramini.
Ora ha scritto a Di Maio, Salvini e Bonafede: “Tutelatemi”. L’esproprio dell’azienda doveva scattare nei giorni scorsi.
“Ma i miei avvocati sono riusciti a rinviare la procedura al 16 gennaio – racconta Bra mini al Giornale – . Li ho anche i mobili della casa da cui mi hanno buttato fuori, e c’è anche il mio cane. E’ assurdo che si applichi prima ancora che ci sia un’asta e una vendita. Quegli uffici sono vuoti”.*
Sergio Bramini, anche in virtù della grane esposizione mediatica e politica, dice di non sentirsi più un cittadino normale. E allora, chiede aiuto a chi in qualche modo si è servito di lui.
“Sulla mia abitazione è in corso un’ingiustizia – racconta -. Grazie all’associazione Credito Italia avevo raccolto i soldi, oltre 370mila euro, per riprenderla. Le banche erano d’accordo, mancava solo il sì del curatore. Sembrava cosa fatta, visto che l’asta per la vendita era andata deserta. Solo un acquirente cinese aveva fatto un’offerta, ma venuto a conoscenza della situazione, aveva deciso di fare un passo indietro. Invece la casa gli è stata aggiudicata comunque e con una procedura palesemente irregolare. Per questo ora ho chiesto aiuto a Di Maio”.
Basta andare su Facebook per rendersi conto quanto Bramini siua stato esposto nella campagna elettorale del Cinque stelle.
La cosiddetta norma Bramini dentro il ddl semplificazioni, per evitare i pignoramenti per gli imprenditori a credito con lo Stato per la situazione in corso non è sufficiente.
“Ma è una goccia, un compromesso rispetto alla proposta che avevo fatto io e cioè di estendere la misura a tutti, imprenditori, commercianti, partite iva e famiglie in difficoltà , non solo ai creditori della Pa, che sono una minima parte”, chiosa Bramini.

(da “Huffingtonpost“)

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TRENTA MILIARDI DI BUONE RAGIONI PER FAR CADERE IL GOVERNO LEGA-M5S

Dicembre 21st, 2018 Riccardo Fucile

NEL 2020 CHI GOVERNERA’ SARA’ COSTRETTO A UNA MANOVRA-MONSTRE, DOVRA’ CERCARE 30 MILIARDI SOLO PER DISINNESCARE L’AUMENTO DELL’IVA… UN BUON MOTIVO PER LASCIARE I CASINI CREATI IN EREDITA’ AD ALTRI

Ci sono 23 miliardi di clausole di salvaguardia per l’IVA da annullare in qualche modo. E un costo generale da 38 miliardi per l’intera intesa con l’Unione Europea. Ma, spiega oggi Gianni Dragoni sul Sole 24 Ore, non sono l’unica incognita che pende sulle prospettive della finanza pubblica prossima ventura, appese a una stima di crescita che anche dopo la revisione punta all’1,1% per il 2020, a 600 milioni di entrata da una web tax ancora tutta da costruire dopo il tentativo fallito dell’anno scorso e ad altre entrate incerte come quelle da dismissioni (150 milioni nel 2020 dopo i 950 messi a bilancio per il 2019).
Con questi interrogativi, e con i 2-3 miliardi di rifinanziamenti per spese obbligatorie che accompagnano ogni manovra, è facile prevedere che la legge di bilancio del prossimo autunno partirà  con un’ipoteca vicina ai 30 miliardi di euro, da trovare ancor prima di mettere in programma qualsiasi misura discrezionale di spesa.
Sic stantibus rebus, chi si troverà  a Palazzo Chigi il prossimo anno si troverà  nella necessità  di varare una manovra-monstre.
Ma c’è di più, spiega ancora il quotidiano:
Il “pareggio sulla carta” messo in programma negli anni scorsi ha permesso infatti ai vari governi di finanziare in deficit la parte maggioritaria dei mancati aumenti Iva, contrattando con Bruxelles margini di “flessibilità ”. I conti riassunti ieri dal Centro studi Confindustria mostrano che il governo Renzi ha usato il deficit per disinnescare il 100% delle clausole Iva 2015, l’86% del rischio aumenti 2016 e di nuovo il 100% delle salvaguardie 2017. Quelle di quest’anno, con più mosse di Renzi prima e Gentiloni poi, sono state evitate per il 56% in deficit e per il 44% con coperture alternative.
Ma se il saldo strutturale resta lontano dal pareggio, l’idea di avviare con la Ue una nuova trattativa per spuntare più disavanzo si complica. Perchè il terreno è coperto da spese già  messe a bilancio, a partire da quella per quota 100 che nel 2020 raddoppia a 8 miliardi dai 4 del 2019
L’altra incognita arriva dalla crescita, che nel nuovo quadro macro scritto dal governo non sembra soffrire troppo degli aumenti Iva in programma.
Nonostante i 23 miliardi di Iva in più, nel 2020 i consumi privati dovrebbero crescere dello 0,8%, proprio come l’anno prossimo quando l’Iva sarà  piatta.
E nel 2021, quando i miliardi di Iva in più diventano 29, il ritmo dei consumi aumenta all’1%.
C’è anche questa previsione alla base della crescita dell’1,1% nel 2020 e dell’1% nel 2021, un ritmo da mantenere per non dover rifare per l’ennesima volta i conti.
Insomma, ce n’è abbastanza per pensare che il prossimo anno ci saranno 30 miliardi di buone ragione per mollare Palazzo Chigi. La poltrona scotta.

(da “NextQuotidiano”)

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IL BLOCCO DELLE ASSUNZIONI ALL’UNIVERSITA’ DEL GOVERNO CHE AMA LA RICERCA

Dicembre 21st, 2018 Riccardo Fucile

IL PACCO DI NATALE DI SALVINI E DI MAIO AL MONDO DELL’UNIVERSITA’

La Dignità , a prescindere da quello che racconta Di Maio, non si acquisisce per Decreto. Per questo, dopo l’elemosina dei fondi incrementati alle università  italiane, che mantiene le spese per gli atenei allo 0,4% del PIL, ecco il regalo di Natale del governo Lega-M5S ai ricercatori e ai professori: il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, che non interrompe le procedure concorsuali in corso o future, ma posticipa ogni assunzione a valere su risorse ordinarie del 2019 al 16 novembre 2019.
Il blocco fino al 16 novembre 2019, ed è bene che tutti lo sappiano, è una decisione che viene presa oggi, ovvero un anno prima, al netto dei 30 miliardi che il governo dovrà  scovare da qualche parte entro la fine dell’anno per evitare gli aumenti dell’IVA: questo significa che molte spese oggi rinviate rischiano un ulteriore rinvio alla fine dell’anno.
Il governo auspica che una nuova commissione dopo il voto alle elezioni europee possa essere più accomodante nei confronti degli sforamenti di bilancio, ma se questo non avverrà  dovrà  continuare a tagliare.
E il fatto che alcune riforme come il reddito di cittadinanza e quota 100 abbiano costi crescenti non promette nulla di buono dal lato del fabbisogno.
Il mondo dell’università , che a fatica stava uscendo dai tagli Gelmini e dagli interventi in austerity del governo Monti, è insorto.
Contro i 5 Stelle, rei di non aver difeso gli atenei.
Rettori e ricercatori – alcuni, in scadenza, nel 2019 non potranno essere assunti – si sono sollevati: «I precari possono sperare nella pensione quota 100 o nel reddito di cittadinanza», ha scritto Michele Bugliesi, guida dell’Università  Ca’ Foscari di Venezia. Sono rimasti fuori dal blocco assunzioni le forze dell’ordine, strenuamente difese da Salvini, la scuola e la ricerca.
I membri di Arted, associazione dei ricercatori a tempo determinato, sono furiosi per “il pacco sotto l’albero di Natale per i docenti ed i ricercatori precari dell’Università ”.   Il ministero dell’Istruzione si vede anche bloccare 100 milioni, con un stop a 70 milioni da riversare sulle università  e ad altri 30 milioni per la ricerca.
A oltre 40 milioni ammonta poi il “parcheggio forzato” delle risorse a disposizione del ministero degli Affari esteri, quasi tutte inglobate nel fondo per la cooperazione allo sviluppo.
Tra i ricercatori invece c’è chi si chiede che fine faranno gli RTD-b, ovvero i ricercatori senior abilitati che finiscono il loro triennio nel 2019.
“Nella legge di bilancio ci sono fondi per mille posti da RTDb, figura di ricercatore che -se abilitata- può essere stabilizzata come professore associato al termine del proprio triennio, ma tale numero è piccolo se consideriamo che nel 2019 sono previsti circa 1.700″, scrive proprio Arted. Ma cosa ne sarà  degli oltre 1200 RTDb assunti nel 2016, che in caso di conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale, dovrebbero essere inquadrati come professori associati al termine del proprio triennio, che si chiuderà  proprio nel 2019?
Chissà  se adesso i ricercatori ascolteranno Fioramonti e non voteranno M5S alle elezioni europee.

(da “NextQuotidiano”)

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IL COMANDANTE DE FALCO FUORI DALLE CHAT M5S

Dicembre 21st, 2018 Riccardo Fucile

“CHI NON SI ADEGUA ALLA LINEA VA NEL LIMBO”

Il comandante Gregorio De Falco finisce fuori dalle chat del MoVimento 5 Stelle mentre i dissidenti del decreto Sicurezza cominciano a vedere il loro posto di eletti a rischio. Il Messaggero racconta dei crescenti mal di pancia dei senatori segnalati ai probiviri, con tanto di annunci-shock:
Nel mirino sono finiti Paola Nugnes, Gregorio De Falco, Elena Fattori, Matteo Mantero e Virginia La Mura. Alcuni stanno preparando una memoria difensiva. Nugnes preferisce non rilasciare commenti ma ad alcuni M5S ha confidato di voler lasciare all’inizio del prossimo anno, di voler passare al gruppo Misto. La goccia che può far traboccare il vaso potrebbe essere il sì del governo alla battaglia della Lega sull’autonomia.
Qualche suo collega ha raccolto il suo sfogo: «Dopo il sì al dl sicurezza e alla legittima difesa c’è la retromarcia sul global compact e sugli F35 e ora l’esecutivo si appresta a maltrattare il Sud, è troppo».
Ma nel limbo ci sono anche gli altri malpancisti.
Va però detto che molto spesso i maldipancia e gli annunci come questo sono finiti poi cancellati da furiose smentite successive: difficile dargli una qualsiasi credibilità .
Nessuno di loro pensa di non votare la manovra ma subito dopo si farà  il punto. «Siamo stati emarginati. Basta votare fiducie, non è questo il modo. Io non esco ma so come va a finire nel Movimento», dice la Fattori.
Il timore è che arrivi un provvedimento di espulsione che i vertici M5S negano di voler emettere. «Ci hanno esclusi. Io riconosco che fuori dal Movimento non c’è niente ma così non posso dare alcun contributo», commenta il comandante De Falco, «sono stato fatto fuori anche dalle chat interne».
Al suo fianco ci sono altri due senatori che non nascondono il malessere per come operano i vertici. «C’è solo una linea, chi non si adegua va nel limbo», si sfoga una senatrice.
«Ma nelle regole interne è scritto chiaro e tondo che ognuno può esprimere la propria opinione. Su quali basi devo essere bacchettato?», si chiede ancora De Falco che poi ironizza: «Non ho ricevuto alcuna comunicazione. Il mio assistente era distratto…».

(da “NextQuotidiano”)

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