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GIGANTESCO CONDONO DI NATALE PER GLI EVASORI: RITORNA IL SALDO E STRALCIO PER I MALFATTORI

Dicembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile

E’ LA VITTORIA DI CHI HA BENI E REDDITI NASCOSTI O INTESTATI A PRESTANOME… E POTREBBE INTERESSARE AL PADRE DI MAIO, CASO STRANO

Ecco il condono di Natale. Tale è, impossibile chiamarlo diversamente. §Nascosto, ma neanche tanto nei commi del maxi emendamento, arrivato in Senato all’ultimo minuto utile.
Come sempre, quando c’è da nascondere qualcosa. Come un bel regalo di Natale a chi ha dichiarato ma non pagato le tasse.
Il “saldo e stralcio”, così viene chiamato negli articoli 101 e commi seguenti. Ovvero: si salda una cifra più bassa per stralciare le pendenze contratte con lo Stato.
È un gigantesco condono, potente macchina di consenso senza scandalizzarsi tanto sul terreno della “legalità ” che – udite udite – non prevede un tetto massimo di debiti stralciabili.
Praticamente il paradiso dei finti poveri con beni e redditi nascosti o intestati a prestanome, altro che aiuto a chi è in difficoltà .
Volete un esempio? Eccolo.
Prendiamo una persona fisica con Isee da 15mila euro e cartelle esattoriali per 200mila per Iva e tributi non pagati.
Grazie al “saldo e stralcio” del governo gialloverde potrà  chiudere la cartella pagando 70mila euro: 24.500 nel 2019, 14.000 nel 2020, 10.500 per ciascuno dei tre anni successivi.
È evidente che un contribuente con Isee di 15.000 euro, uno che non sia un finto povero, non riesce a pagare queste cifre. Riuscirebbe a farlo chi invece dichiara e poi non paga.
E quando i debiti aumentano sempre di più magicamente risulta essere nullatenente.
È questa l’Italia dell’illegalità  diffusa, che vota col portafoglio più che con gli ideali pronta a consegnarsi in massa al potere che tutela la furbizia.
Norme che riguardano migliaia di italiani. E che potrebbero riguardare anche il papà  di Luigi Di Maio e l’azienda di famiglia.
Perchè il “saldo e stralcio” è previsto per le persone fisiche e per le aziende in liquidazione, purchè la procedura di liquidazione sia stata aperta prima della presentazione della dichiarazione per aderire al condono.
Come nel caso dell’azienda di Luigi Di Maio, messa in liquidazione all’inizio di dicembre. Potrebbe perchè di quell’azienda non si conoscono ancora i bilanci degli ultimi due anni, quindi non è dato sapere se ci sono debiti.
Mentre quella del padre è stata chiusa nel 2006. Come persona, Di Maio senior ha tre ipoteche nate da un credito di Equitalia di circa 176mila euro, di cui due particelle di terreni e un immobile.
Debito che, in otto anni, non è stato mai pagato. Secondo i più maliziosi alcune delle cartelle esattoriali che lo riguardano, pubblicate nei giorni scorsi sui giornali, rientrano nella tipologia valida per il saldo e stralcio.
E le opposizioni sono già  pronte a scatenare un inferno in materia.
Mancano però i dati dell’Isee, del padre di Di Maio di cui, al momento, si conosce solo il reddito imponibile di 88 euro.
Di più, per il momento, non è consentito sapere nell’epoca dell’assenza di trasparenza, con una manovra arrivata all’ultimo minuto utile senza consentire al Parlamento il tempo di leggerla.
Sarebbe troppo chiedere l’indicatore della situazione economica di Di Maio senior per capire se siamo solo di fronte a un condono o se il condono contiene anche una “norma ad papà  incorporata”.

(da “Huffingtonpost”)

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ADDIO INVESTIMENTI PER 5,4 MILIARDI

Dicembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile

SLITTANO LE ASSUNZIONI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, COLPITO IL VOLONTARIATO

Deputati e Senatori dovranno esprimersi sul cosiddetto maxiemendamento presentato dall’esecutivo, che sostituirà  in toto il testo dell’articolo 1 della manovra economica per il 2019.
Un cambio di rotta radicale rispetto al testo sul quale il parlamento si era espresso poche settimane fa, dettato dai diktat di Bruxelles, che hanno profondamente trasformato forma e cifre della legge di bilancio.
Tra tagli agli investimenti e flat tax per i pensionati che rientrano dall’estero, ecco quali sono le principali misure contenute nel maximendamento.
Maxi-taglio del fondo per gli investimenti, -5,4 mld in 3 anni
Il maxi fondo per gli investimenti da 9 miliardi in tre anni previsto dalla manovra diventa un mini fondo da 3,6 miliardi nel triennio.
Nel 2019 le risorse previste dal Mef si riducono a 740 milioni di euro (contro i 2.750 della versione originaria), nel 2020 a 1.260 milioni (da 3.000 milioni) e nel 2021 a 1.600 (da 3.300).
In totale dunque, il taglio è di 5,4 miliardi.
Un taglio ancor più cospicuo di quello da 4 miliardi già  anticipato da Huffpost pochi giorni fa, che evidenzia ancor di più il paradosso insito in questa manovra, scritta da fautori degli investimenti pubblici come i ministri Giovanni Tria e Paolo Savona.
Assunzioni P.a. rinviate al 15 novembre 2019
C’è poi il rinvio al 15 novembre 2019 delle assunzioni a tempo indeterminato presso la Presidenza del Consiglio, ministeri, enti pubblici non economici, agenzie fiscali e università . Quelle nelle università  vengono posticipate al primo dicembre, con l’eccezione dei ricercatori a contratto che potranno essere quindi assunti come professori nel corso del 2019.

(da agenzie)

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IL MARCHETTIFICIO DEL CAMBIAMENTO: SOLITA PIOGGIA DI SOLDI ALLE LOBBIES

Dicembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile

DAI 25 MILIONI ALL’AEROPORTO DI REGGIO CALABRIA AI 10 A QUELLO DI CROTONE, A 5 ALLA FERROVIA DI BIELLA

Signori e signori, ecco a voi le marchette del cambiamento.
Inossidabili ai proclami che tutto sarebbe stato rivoluzionato e nulla sarebbe più stato come prima, ecco che nella legge di stabilità  varata dal governo gialloverde compaiono una serie di micro-misure ad hoc che tutelano le piccole filiere o addirittura sono dedicate a singoli interventi sul territorio.
Una pioggia di soldi che inizia a cadere a partire dai 25 milioni di euro conferiti all’aeroporto di Reggio Calabria e ai 10 destinati a quello di Crotone. 5 sono i milioni dedicati “all’elettrificazione della linea ferroviaria di Biella”, 4,7 quelli al risanamento della sede della Società  Dante Alighieri, Palazzo Firenze.
3 milioni finiranno nelle casse del Tecnopolo Mediterraneo di Taranto, 2 alla barese Scuola europea di Industria e Ingegneria, 1 alla biblioteca italiana per ciechi Regina Margherita.
Un gruzzoletto di 12 milioni e mezzo verrà  spartito tra le fondazioni lirico-sinfoniche, mentre 3 saranno a disposizione di un fondo per la prevenzione della dipendenza di sostanze stupefacenti e 2 a quello per iniziative per la tutela dei cristiani perseguitati. 1 milione di euro arriverà  per finanziare “festival, cori e bande”, 3,5 saranno quelli che metteranno benzina nei serbatoi di iniziative dedicate al design e alla grafica, 1 sosterrà  le attività  degli apicultori.
Una bella fetta della torta è dedicata alla Roma di Virginia Raggi. 185 milioni in tre anni per le metropolitane, 40 per il solo 2019 per tappare le buche.
Ci sono i denari anche per le metropolitane di Milano e Monza, 900 milioni in 9 anni. 200mila euro sono stati messi in cassaforte per le celebrazioni dedicate a Nilde Iotti (recepito un emendamento Pd), 60 mila a testa rimpingueranno le Fondazioni Ugo Spirito e Renzo De Felice.
Sicuramente non una marchetta ma curioso il fondo per “l’accessibilità  e la mobilità  delle persone con disabilità “, che si avvarrà  di una dotazione di 5 milioni di euro, accogliendo una proposta di Forza Italia.
Lo stesso che il 5 stelle Matteo Dall’Osso aveva proposto di inserire in manovra alla Camera, sbattendo la porta dopo il no e traslocando armi e bagagli a Forza Italia.
Trova spazio nel maxiemendamento anche la proposta di modifica a prima firma del senatore a vita e premio Nobel Carlo Rubbia: il fondo “per la stabilizzazione della Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute” sale a 5 milioni di euro all’anno dal 2019.
Dall’elettrificazione di Biella al risanamento della Dante Alighieri

(da “Huffingtonpost”)

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“BUFFONI, DATECI IL TESTO”

Dicembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile

CAOS IN COMMISSIONE BILANCIO, SI SFIORA LA RISSA… FIDUCIA NELLA NOTTE

Scoppia la bagarre davanti alla commissione Bilancio del Senato. Dopo la decisione del governo, annunciata dal sottosegretaria Garavaglia, di stralciare la norma sugli Ncc dal maxiemendamento alla manovra per “mancanza di coperture”, a palazzo Madama è scattata la rivolta, con i senatori dell’opposizione che si sono precipitati davanti all’ingresso della commissione, pretendendo di vedere il testo del maxiemendamento.
Per le opposizioni la scelta del governo “è politica” e non legata a problemi di copertura della norma.
Il presidente Pesco (M5s) stava per leggere il parere della commissione sul testo dell’esecutivo, ma è stato costretto a sospendere i lavori. La seduta è ripresa pochi minuti dopo, in assenza però dei membri di Forza Italia, che hanno abbandonato l’aula per protesta.
Il maxiemendamento sarebbe inoltre tornato in Ragioneria generale dello Stato, anche se per pochi minuti, in quanto i saldi sarebbero sbagliati.
Voci confermate anche da un post su Facebook di Matteo Renzi, comparso pochi minuti fa sul profilo dell’ex premier: “Voi non ci crederete ma stanno cambiando di nuovo il maxiemendamento. Questo Governo varca ufficialmente i confini del ridicolo”.
In ogni caso, tra polemiche e bagarre di ogni tipo, il testo è arrivato in aula per la fiducia, posta dal ministro per i rapporti col parlamento Riccardo Fraccaro. In subbuglio, anche qui, i banchi dell’opposizione, con i senatori del Pd che hanno cominciato a lanciare fogli in aria al grido di “vergogna”.
Le dichiarazioni di voto inizieranno alle 23 e 30. Il voto sulla fiducia avverrà  quindi dopo la mezzanotte

(da agenzie)

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DI MAIO PERDE LA FACCIA SU FB E FA UN FAVORE A RENZI: MOSTRA UNA TABELLA IN CUI IL PICCO MASSIMO DEGLI ASSUNTI E’ CON IL JOBS ACT

Dicembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile

E RIMEDIA ANCHE I COMMENTI IRONICI DEI SUOI ELETTORI: “CI MANCAVA PURE CHE FACESSI PUBBLICITA’ A RENZI”

Immaginate la scena. Siamo in pieno caos da manovra. Il maxi emendamento non arriva nell’Aula del Senato, le voci si rincorrono, il testo è fermo sul tavolo della Ragioneria dello Stato. Il premier Conte annulla la conferenza stampa di fine anno.
E Luigi Di Maio prova a tirarsi fuori da questa voragine che lo sta risucchiando con un annuncio che sembra la seconda puntata dell’ormai famoso “abbiamo abolito la povertà “.
Ecco cosa scrive su Facebook: “Oggi il lavoro stabile sta tornando di moda grazie al decreto Dignità “.
Il vicepremier grillino allega un grafico, con la linea verde vengono indicati i contratti a tempo determinato e con quella rossa i contratti a tempo indeterminato.
Una crescita dei contratti stabili c’è, è vero: a fronte di una diminuzione di 27 mila contratti a tempo determinato c’è un aumento di 42 mila contratti stabili rispetto al trimestre precedente.
Tuttavia si può vedere dal grafico come ad essi non corrisponda esattamente la decrescita dei precari, ciò vuol dire che tanti giovani che avevano un contratto a tempo determinato sono andati a casa senza rinnovo. Ma non finisce qui.
Il boomerang sta per raggiungere Di Maio.
Il grafico mostra gli anni precedenti ed è evidente il picco massimo delle assunzioni tra la fine del 2015 e il primo trimestre del 2016.
Siamo nel pieno del governo Renzi e si vedono i primi effetti del Jobs Act e degli incentivi alle aziende varati dal governo.
Che Di Maio, nella confusione della legge di bilancia, abbia perso il tocco del clic magico lo fanno notare non solo gli utenti ma anche lo stesso ex premier: “Luigi Di Maio ha voluto farmi un regalo di Natale e non me lo aspettavo. Guardate bene questo grafico. Che cosa dice, per chi sa leggere? Che la curva rossa del lavoro a tempo indeterminato cresce in modo impressionante tra il 2015 e il 2016. Quando? Quando entrano vigore le nostre riforme a cominciare dal Jobs Act. Detto in altro modo: questo grafico spiega che la lotta al precariato l’ha fatta il Governo dei MilleGiorni. Che il Jobs Act funziona. E che quelle di Di Maio contro di me sul lavoro erano tutte FakeNews”.
Sulla pagina Facebook del vicepremier intanto gli utenti si sono scatenati.
“Di Maio che fa pubblicità  a Renzi mi mancava. Ma qualcuno glieli spiega i grafici prima che li pubblichi?”, chiede Valerio Diaco.
E a un altro attento osservatore non sfuggi un dettaglio non da poco: “Quindi mostriamo dei dati che arrivano a fine settembre per dire che sei bravissimo con il tuo decreto entrato in vigore l’1/11”, dice Alessandro Bielli. Da luglio è entrato in vigore un regime transitorio e solo dal mese scorso invece il decreto Dignità  deve essere obbligatoriamente applicato.
Insomma è ancora un po’ presto per tirare le somme e nella fretta Di Maio ha preso uno scivolone sui social che di solito invece riesce a dominare.

(da “Huffingtonpost”)

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COME IL GOVERNO SI STA RIMANGIANDO LA REVOCA DI AUTOSTRADE

Dicembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile

DOPO QUASI 5 MESI DALL’ANNUNCIO DELLA REVOCA NON C’E’ TRACCIA… E AUTOSTRADE CHIEDERA’ I DANNI AL GOVERNO PER IL PONTE MORANDI E PAGHERANNO GLI ITALIANI

Dopo la tragedia del Ponte Morandi l’avvocato (?) del Popolo (???) Giuseppe Conte era stato chiarissimo: «Non possiamo attendere i tempi della giustizia», aveva sostenuto con l’aria di chi sta dando fuoco a tutti i libri su cui ha studiato per dare retta a Casalino.
Anche i due vicepremier Salvini e Di Maio dicevano che la revoca delle concessioni sarebbe arrivata presto e Autostrade non avrebbe più gestito la rete italiana.
Quattro mesi e mezzo dopo si lavora alla programmazione della demolizione del Ponte Morandi, ma della revoca non c’è ancora traccia.
In compenso, raccontano oggi Matteo Indice e Giuseppe Salvaggiulo su La Stampa, l’esecutivo ha scoperto che la revoca delle concessioni non si può fare con un semplice atto del ministero da far firmare a Toninelli e che la procedura è impantanata:
Quello che qualificate fonti hanno spiegato a «La Stampa» è confermato da quanto accaduto l’altro ieri. Il ministero ha inviato un’ulteriore richiesta di delucidazioni all’azienda, in particolare sui sistemi di controllo usati prima del disastro.
Si tratta in teoria d’un passo nell’ambito della «procedura di caducazione per gravi inadempienze» avviata a con una contestazione cui Autostrade aveva risposto a fine settembre.
Erano seguiti tre mesi di silenzio, nei quali il dicastero dei Trasporti ha raccolto pareri sia dentro (il capo di gabinetto Gino Scaccia e il capo dell’ufficio legislativo Alfredo Storto sono due fini giuristi) sia fuori, sondando avvocati di fiducia.
Danilo Toninelli e i suoi hanno realizzato che estromettere Aspi dalla gestione della rete è allo stato impossibile, in tutte le forme fin qui profilate dai grillini: da quella amministrativa a quella legislativa della nazionalizzazione.
Il Decreto Genova sembrava all’inizio lo strumento più utile per revocare le concessioni di Autostrade ma alla fine dalla Lega, che con Salvini aveva aperto alla revoca nonostante la grande vicinanza tra i Benetton e la Lega in Veneto, era arrivato uno stop.
Ora Autostrade ha una nuova lettera di Toninelli a cui rispondere, in un tempo che dovrebbe superare i quattro mesi, quindi scavalcando anche le elezioni europee.
Dal ministero fanno sapere che per la procedura di revoca della concessione «occorre ancora qualche passaggio propedeutico», mentre il MIT ha chiesto ad Autostrade una propria valutazione sulle cause del crollo.
In più c’è la questione della ricostruzione. Il governo ha escluso Autostrade che ha presentato un ricorso al TAR lamentando la violazione di leggi italiane e regole europee, ma senza chiedere sospensive per fermare i lavori di demolizione e ricostruzione.
Questo perchè ovviamente Autostrade non vuole apparire di fronte all’opinione pubblica come un ostacolo alla ricostruzione.
Ma l’intenzione è quella di chiedere i danni all’esecutivo Conte. Cioè, al governo italiano. Se vinceranno, pagheranno gli italiani.

(da “NextQuotidiano”)

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TASSISTI E NOLEGGIATORI IN PIAZZA, BRUCIATE BANDIERE DELLA LEGA E DEL M5S: “CI HANNO TRADITI”

Dicembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile

CORTEI CONTRAPPOSTI, ROMA NEL CAOS, GOVERNO INCAPACE

Non si fermano le proteste, su fronti contrapposti, di tassisti e Ncc per il contenuto dell’ementamento alla manovra economica che dovrebbe modificare alcune regole nel settore del noleggio con conducente.
Bandiere della Lega e del M5s bruciate al presidio dei conducenti di taxi, che si sono radunati poco dopo le 13 alla spicciolata a Piazza Vidoni a Roma, a poche centinaia di metri dal Senato.
“Ci hanno traditi”, hanno gridato dalla piazza. I tassisti fuori turno si erano radunati sotto palazzo Madama “in attesa di conoscere il testo dell’emendamento che, a quanto si apprende, contiene alcune norme che regolamentano il settore del noleggio con conducente come presentateci martedì scorso dal viceministro Rixi”, aveva spiegato Alessandro Genovese, presidente dell’Ugl nazionale.
“Rimaniamo fiduciosi che non ci saranno dietrofront dell’ultima ora – aggiunge – convinti che questa riforma vada incontro alle reali esigenze delle due categorie, taxi e Ncc”.
Intanto gli Ncc stanno manifestando in corteo e si sono mossi dall’Esquilino verso Montecitorio.
Nella notte un gruppo di autisti ha iniziato a muoversi lentamente su via Cristoforo Colombo dirigendosi verso il centro cittadino, causando notevoli disagi alla circolazione.
Alcune pattuglie della polizia hanno intercettato le auto all’altezza delle Terme di Caracalla e le hanno bloccate in via del Teatro Marcello, dove i conducenti sono stati identificati. Un altro gruppo è stato fermato in piazza Venezia, dove le auto sono state bloccate e i conducenti identificati.

(da “Huffingtonpost”)

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DISFATTA POLITICA E SCEMPIO DELLE ISTITUZIONI, MA SALVINI SI VENDICA SUI MIGRANTI

Dicembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile

L’UNICA COSA CHE GLI RESTA: PERSEGUITARE GLI ULTIMI E DIFFAMARE LE ONG

È arrivato, finalmente, il maxiemendamento che sostituisce integralmente la manovra.
Sono 270 pagine di commi con cui si decide la cosa più importante cui è demandata la politica: dove mettere le risorse, quanto spendere per cosa, cosa finanziare e cosa no.
Per la prima volta si voterà  a scatola chiusa: nè i senatori di maggioranza nè quelli di opposizione sanno con certezza cosa ci sia scritto in quelle pagine, perchè non ci sarà  dato il tempo di studiarle. Uno scempio delle istituzioni.
Quello che è certo è che sia Di Maio che Salvini hanno perso: hanno perso credibilità  nei confronti dei loro interlocutori, non rispetteranno nessuna delle loro promesse, non toglieranno le accise anzi le aumenteranno, non faranno (per fortuna!) nessuna flat-tax, non ci saranno i 780 euro del reddito di cittadinanza per tutti, così come non fermeranno il programma degli F35, non fermeranno la Tap.
Addirittura bloccheranno gli aumenti automatici per le pensioni a partire dai 1200 euro al mese, altro che pensioni d’oro!
Continueranno a fare ciò che li ha resi popolari: post su Facebook, dirette social, qualche tweet.
Presto i nodi verranno al pettine, presto la disillusione e la rabbia li travolgeranno.
Per questo Salvini, non potendo far star meglio i suoi elettori e i cittadini di questo Paese, prosegue nell’unica strada che conosce: far star peggio gli ultimi, i più deboli, gli unici con la quale riesce a prendersela.
Per coprire la disfatta, se la prende con i 300 disperati — uomini, donne, bambini — che Open Arms ha salvato nel Mediterraneo.
Li lascerà  in mare, per poter sfoderare almeno un sorriso a Natale.
Perchè lui ci tiene alle tradizioni natalizie, lui giura sul Vangelo e bacia il rosario, lui difende i valori cristiani.

(da “Huffingtonpost”)

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OPERAZIONE SCOIATTOLO, L’ISPETTORE DI MAIO INDAGA MA NON CONCLUDE UNA MAZZA

Dicembre 22nd, 2018 Riccardo Fucile

SULLA COMPRAVENDITA DI DEPUTATI GRILLINI DA PARTE DI FORZA ITALIA PRIMA VENTILA DENUNCE ALLA MAGISTRATURA, POI AMMETTE: “NON CI SONO PROVE DI REATO”

«Sta provando a comprare i nostri parlamentari, io ho detto loro: fingetevi interessati e registrate. È così che ho raccolto informazioni importantissime. Vediamo se avremo altro materiale per la procura della Repubblica»: Luigi Di Maio una minaccia di non meglio precisate azioni legali non la risparmia a nessuno, visto che soltanto in questa legislatura è passato dal chiedere l’impeachment nei confronti del presidente della Repubblica e rimangiarselo in 24 ore alla caccia ai tecnici del Tesoro e alla manina inesistente.
Stavolta il leader del MoVimento 5 Stelle   va all’attacco della cosiddetta Operazione Scoiattolo.
Ovvero dello scouting da parte degli eletti di Forza Italia nei confronti dei grillini, che dopo il caso Matteo Dall’Osso appare, secondo le informazioni lasciate trapelare dall’ex premier, talmente a buon punto da considerare probabile la caduta del governo entro il 15 gennaio.
I giornali vicini a Berlusconi sostengono che siano una ventina o trenta gli eletti pronti a passare dal M5S a FI
Con l’obiettivo per niente scoperto di fornire al presidente della Repubblica una maggioranza di centrodestra autosufficiente sia alla Camera che al Senato e far salutare così il governo ai grillini.
Berlusconi ha provveduto a lusingare anche Salvini sull’argomento, promettendogli la poltrona di presidente del Consiglio di un nuovo governo di centrodestra. Ma per ora il Capitano non sembra volerne sentir parlare, anche perchè la sua popolarità  in parte è dovuta al profumo di “nuovo che avanza” che gli ha regalato il M5S, che con Berlusconi finirebbe per appassire rapidamente.
Per questo, ci fa sapere oggi La Stampa,   le voci di una campagna acquisti di Forza Italia tra i delusi M5S agitano parecchio il giovane vicepremier, preoccupato che possa nascere un governo del centrodestra con l’appoggio di fuoriusciti 5 stelle.
Silvio Berlusconi, racconta chi ci ha parlato, tratta l’argomento in maniera sorniona, spiega che «sono i parlamentari M5S che verranno da noi, quale campagna acquisti…».
Ma il Cavaliere, aggiungono, si diverte ad accreditare la voce dell’«operazione scoiattolo», spiegando che quando il governo rischierà  davvero di andare in crisi saranno parecchi i parlamentari pentastellati che ci penseranno.
Dopo le Europee, secondo i calcoli di Berlusconi, ma senza escludere che le cose possano precipitare prima. Per questo bisogna mandare segnali.
Di voci che si rincorrono sullo scontento interno del M5S ce ne sono tante. I principali indiziati sono ovviamente i dissidenti M5S che si sono sfilati sul decreto sicurezza: Elena Fattori, Gregorio De Falco, Paola Nugnes, Matteo Mantero, Virginia La Mura. Ma diversi di loro, in realtà , sono assai lontani politicamente da Fi. Il Giornale annuncia che comunque gli scontenti ci sono, e ne chiede conferma al deputato ex M5S Matteo Dall’Osso, recentemente entrato in Forza Italia:
A chi gli chiedeva se ci fossero altri pronti a seguirlo, ha risposto: «Si, diciamo che sono meno di 50 ma più di 5».
Se siano abbastanza da far saltare la maggioranza, Dall’Osso non lo rivela: «Non ora. Roviniamogli le feste natalizie», ironizza.
Ma nega campagne acquisti di Forza Italia: «Ovviamente no. Al diavolo non si vende, al diavolo si regala, come dice Vasco Rossi».
A sera, comunque, Di Maio fa una precipitosa retromarcia: niente Procura, «non ci sono prove di reato».
E i suoi ammettono che era solo un tentativo di «spaventare» i possibili fuggiaschi.

(da “NextQuotidiano”)

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