Destra di Popolo.net

CARLO CALENDA: “JORIT? I DITTATORI HANNO BISOGNO DI UTILI IDIOTI, PAGATI O IN CERCA DI NOTORIETÀ”

Marzo 7th, 2024 Riccardo Fucile

“NON È UNA NOVITÀ, CONSIDERANDO CHE ABBIAMO UN VICEPREMIER FORMALMENTE ALLEATO DEL PARTITO DEL PRESIDENTE RUSSO”… SUI SOCIAL PIOGGIA DI INSULTI ALLO STREET ARTIST PUTINIANO

‘I dittatori hanno sempre trovato una sponda in “utili idioti “pagati o semplicemente in cerca di notorietà. Non è una novità e non è neppure particolarmente rilevante considerando che abbiamo un Vicepresidente del Consiglio formalmente alleato del partito di Putin.’ Così Carlo Calenda, leader di Azione, commentando la vicenda dello street artist italiano Jorit che ha chiesto un selfie a Putin a Sochi.
Per ora Jorit, sui social, non ha postato nulla. Ma la sua foto con Putin e quanto detto su di lui a parecchi non è affatto piaciuto.
Sono diverse le critiche che si leggono in calce a post messi in evidenza sul suo profilo Instagram, come quello che ritrae il murales di Maradona: “Addirittura farsi le foto con chi uccide giornalisti ed oppositori politici, vergognati”, tra gli altri.
“Domanda seria: quale sarebbe la propaganda occidentale? Putin non ha invaso l’Ucraina e non vuole rovesciare quel governo con le armi? Non uccide o fa attestare gli oppositori? C’è libertà di parola in Russia?”, scrive Francesco mentre Tatiana aggiunge: “Sei così libero da cancellare i commenti che non ti piacciono? Imbarazzante”.
E poi, ancora “Mamma mia come sei messo male”, “Sei cotto fratello” e “Quando ci si venderebbe pure la mamma e la propria dignità per qualche istante di gloria..”.
(da agenzie)

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BERSANI NEI PEGGIORI BAR DI SULMONA: “LA GENTE CAPISCE CHE SONO QUI DA MILITANTE, CHE NON CHIEDO NIENTE PER ME, SONO UN PENSIONATO VOLONTARIO, COME LORO”

Marzo 7th, 2024 Riccardo Fucile

GLI ATTACCHI A MELONI E AI MINISTRI “ANDATI IN ABRUZZO A FARE PROMESSE” E LA PROFEZIA: “QUESTA DESTRA ANDRÀ A SBATTERE, C’È TROPPA ARROGANZA”… IL TOUR CON ELLY AL FIANCO SI STA RIVELANDO UN SUCCESSO

Elly Schlein si contende gli applausi con Bersani, accolto come una guest star, tra selfie e scatole di confetti in regalo. «Saluti mia madre, se no poi chi la sente», gli dice un ragazzo. «Che onore, che piacere», gli dice un signore che si qualifica come un «anziano comunista». C’è chi si ricorda di «quella volta che sei venuto da ministro, quanti anni fa erano? Ma tu dovevi fare il presidente del Consiglio!».
Bersani ride, si diverte nelle vesti di portafortuna. Lo hanno paragonato alla Madonna pellegrina, lui si sente più «il prosciutto dentro al panino, tra la speranza dell’Abruzzo e la speranza del Pd», tra D’Amico e Schlein. Le signore di Sulmona si mettono in fila per abbracciarlo, lui mette via il sigaro e si concede: «La gente capisce che sono qui da militante, che non chiedo niente per me, sono un pensionato volontario, come loro», scherza l’ex segretario.
Dal palco va all’attacco di Marsilio, Meloni e i ministri vari arrivati in Abruzzo «a fare promesse, ma dopo cinque anni che hai governato devi fare un resoconto di quello che hai realizzato, non altre promesse». Va giù duro anche sull’autonomia differenziata: «Stanno facendo a fettine l’Italia, bisogna chiamare Garibaldi per riunirla, ma se gliene tiene di venire…».
Poi accusa la destra di «essere una mucca con la coda lunga» e di «cercare una rivincita antica», perché per il loro legame con il fascismo «mi viene da citare Ovidio: né con te né senza di te posso vivere». La scritta “Nec sine te nec tecum vivere possum” è appesa e illuminata su fili sospesi lungo il corso di Sulmona.
La statua del poeta, nato in questa terra, domina la piazza del comizio bagnata dalla pioggia. «Diciamoci la verità: gli indecisi un po’ hanno ragione. Però ora qui in Abruzzo diciamo una cosa: marzo, andiamo, è tempo di migrare. Anche perché se resti indeciso, non siamo qui mica a pettinare le bambole».
Una citazione di D’Annunzio riadattata per l’occasione e un’autocitazione da standing ovation, la stessa ricevuta nel pomeriggio a L’Aquila, dove un ragazzo si era presentato addirittura con la maglietta da “bersaniano doc”.
A Sulmona, appena arrivato, era entrato in un bar per un caffè: «La sinistra deve tornare nei bar», è il suo ultimo consiglio. «Qui sei l’esponente del Pd più amato», gli ha detto un altro cliente. Lui ha ringraziato, ma subito precisato: «Tutto questo affetto lo trasmetto a Elly, è tutto per lei».
Prima di risalire in macchina, per raggiungere l’ultima tappa serale del suo tour abruzzese, consegna la profezia, «questa destra andrà a sbattere, c’è troppa arroganza», e regala l’ultima metafora: «I partiti del centrosinistra stanno iniziando a sentirsi alternativa, perché l’alternativa è il fiume, loro sono gli affluenti».
(da agenzie)

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QUANTO CI COSTA IL “PRESIDENTE PENDOLARE”, MARCO MARSILIO? L’AUTO BLU DEL GOVERNATORE USCENTE DELL’ABRUZZO, CHE VIVE A ROMA, NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI HA PERCORSO LA BELLEZZA DI 186 MILA CHILOMETRI (27 VOLTE LA DISTANZA ROMA NEW YORK)

Marzo 7th, 2024 Riccardo Fucile

LAVORARE COME AUTISTA DI MARSILIO DOVREBBE ESSERE CONSIDERATO COME IMPIEGO USURANTE: IN MEDIA DUE-TRE GIORNI A SETTIMANA È TORNATO DALL’ABRUZZO ALLA CAPITALE PER “DARE LA BUONANOTTE” ALLA MOGLIE E ALLA FIGLIA

L’automobile di servizio del “presidente pendolare” Marco Marsilio in cinque anni ha coperto la distanza monstre di 186 mila chilometri. Fanno una media di oltre 100 km al dì se consideriamo tutti i 365 giorni dell’anno solare.
Un dato su cui pesa il fatto che per due-tre giorni a settimana di media, in questi anni, il governatore uscente della Regione Abruzzo è tornato a dormire a Roma (dove, seppur residente a Chieti, di fatto vive con la sua famiglia) per poi ripartire al mattino
Con l’auto di servizio, come di diritto per qualsiasi presidente di Regione. L’ente abruzzese ha due sedi di lavoro, una a L’aquila e l’altra a Pescara.
Con l’abitazione chietina in ristrutturazione, Marsilio ha preso in affitto “a sue spese” – assicurano dal suo entourage – un appartamento a Pescara, dove rientra quando è impegnato nel suo ufficio sul litorale. Ma nei giorni aquilani (che sono la maggioranza) il governatore preferisce rientrare a Roma perché – è la spiegazione fornita al Fatto dallo staff – “ci vuole meno tempo a fare Roma-L’Aquila che ad andare da L’Aquila a Pescara”.
Un viaggio abbastanza stancante anche per lo stesso Marsilio che però ha l’occasione, come avrebbe spiegato nei giorni scorsi a Repubblica, di “dare la buonanotte a mia moglie e a mia figlia”.
(da agenzie)

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IL MANDATO È TRATTO: È STATO BOCCIATO IN COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI DEL SENATO L’ORDINE DEL GIORNO DELLA SUDTIROLER VOLKSPARTEI PER INTRODURRE IL TERZO MANDATO PER I SINDACI DELLE CITTÀ OLTRE I 15 MILA ABITANTI

Marzo 7th, 2024 Riccardo Fucile

LA LEGA HA PREFERITO NON PARTECIPARE ALLA VOTAZIONE PER NON SUBIRE UN NUOVO SMACCO … DUE SETTIMANE FA LA BOCCIATURA DELL’EMENDAMENTO DEL CARROCCIO PER CONSENTIRE IL TERZO MANDATO AI GOVERNATORI

Un ordine del giorno della Svp che impegnava il governo a introdurre nell’imminente riforma del Tuel il terzo mandato per i sindaci delle città oltre i 15 mila abitanti, è stato bocciato dalla Commissione Affari costituzionali del Senato, dove però la Lega ha preferito non partecipare al voto per evitare un voto contrario. E’ quanto avvenuto nella seduta notturna di ieri sera.
Nell’esame del decreto elettorale, il senatore Meinhard Durnwalder aveva presentato un emendamento per il terzo mandato dei sindaci, analogamente a quanto aveva fatto la Lega.
Dopo il parere negativo del governo entrambe i testi sono stati ritirati, ma DurnWalder ha presentato un ordine del giorno che “impegna il Governo, in sede di esame della riforma del TUEL, a valutare la possibilità di innalzare a tre il limite dei mandati per i sindaci dei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti”.
Nelle scorse settimane la sottosegretaria all’interno Walda Ferro ha riferito che a breve arriverà la riforma del Testo Unico sugli Enti locali, e ieri sera ha dato parere negativo anche sull’ordine del giorno. Durnwalder non lo ha tuttavia ritirato. A questo punto il leghista Paolo Tosato che ricordato l’emendamento del suo partito ed ha spiegato che “non volendo votare contro il Governo, ma condividendo il principio affermato nell’atto di indirizzo”, la Lega non avrebbe partecipato al voto.
Andrea Giorgis, del Pd, ha spiegato che il suo partito “è disponibile a ragionare sulla soppressione del limite dei due mandati, purché tale misura sia inserita in un ragionamento complessivo, che preveda anche adeguati contrappesi, eventualmente in sede di riforma del TUEL”. Contrario all’abrogazione secca del limite anche Peppe De Cristofaro di Avs, mentre un appoggio è arrivato da Dafne Musolino (Iv),. Posto ai voti l’ordine del gioro è stato bocciato.
(da agenzie)

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LEGA, RESA DEI CONTI: STASERA IL PROCESSO A GIANANTONIO DA RE DOPO AVER DATO DEL “CRETINO” A SALVINI

Marzo 7th, 2024 Riccardo Fucile

BOSSIANI IN RIVOLTA: “PRONTI A PROTESTARE IN VIA BELLERIO”… DA RE: “CON SALVINI IL PARTITO HA PERSO PRINCIPI, VALORI E RIFERIMENTI”… SARA’ ESPULSO, SALVO CHE SALVINI TEMA CHE IL PROVVEDIMENTO POSSA SCATENARE L’INFERNO IN VENETO

Fuori dal partito, per avere definito il segretario Salvini un «cretino», da cacciare da via Bellerio. Ma rendendolo così un martire della frangia dei lighisti veneti, in rotta totale con il “capitano”.
Potrebbe essere una mossa studiata a tavolino, quella di Giantantonio Da Re – per tutti, semplicemente “Toni” – ex segretario della Lega veneta, ex sindaco a Conegliano Veneto (nella Marca trevigiana, roccaforte del partito più nostalgico), europarlamentare con nessuna possibilità di conferma a Bruxelles.
Alcuni giorni fa, la sua definizione di Salvini è apparsa nero su bianco su un quotidiano, non passando inosservata agli occhi della segreteria leghista. Che, a tre mesi dalle elezioni europee e nel pieno di una guerra intestina, di tutto aveva bisogno che dell’occasione per rinvigorire proprio l’ala dei non salviniani.
«Ma Da Re è un navigato della politica. La sua non è stata una semplice critica alla linea di Salvini, ha superato il limite e sa bene che, in questi casi, la sanzione è inevitabile» commenta il consigliere regionale Roberto Bet, che proprio di Da Re potrebbe prendere il posto all’Europarlamento.
Ma chissà, appunto, che quella di “Toni” non sia stata un’uscita «a orologeria», per svegliare la base.
Del resto, in un’intervista al Mattino di Padova, è stato lui stesso a dire: «Con Salvini, il partito ha perso principi, valori e riferimenti. Ora mi chiamano da tutto il Nord, ma io lo dico da quasi quattro anni. E a chi mi dice “hai ragione, siamo tutti con te, ma sbagli i modi”, rispondo: ma cosa aspettate ancora?».
In ogni caso, il Consiglio direttivo regionale del Carroccio è stato convocato per questa sera, 7 marzo, dal giovane segretario Alberto Stefani, nella sede di Noventa Padovana, per votare il provvedimento di espulsione.
Ventuno votanti, tra i quali il presidente Zaia, sicuro assente, e lo stesso Da Re, che a sua volta non si dovrebbe presentare.
Stando ai nostri “sondaggi”, la vittoria dei favorevoli all’espulsione dovrebbe essere schiacciante; salvo interventi esterni (da via Bellerio), che potrebbero suggerire il perdono, proprio per evitare di fare il gioco di Da Re. Ma è un’ipotesi marginale: troppo grave l’affronto al “capitano”.
Va detto che il voto sarà palese ed esprimersi contro il provvedimento sarà letto come votare contro il segretario, ma comunque si attende una discussione tutt’altro che pacata. «Venderemo cara la pelle e sono assolutamente convinto che porteremo a casa il risultato», il commento di uno dei votanti, tanto per intendersi.
Si tratta di Marcello Bano, sindaco di Noventa Padovana, uno di quelli che non hanno paura di ribellarsi a Salvini.
E le voci fuori dal coro cantano anche fuori dal direttivo. Come quella del capogruppo in Consiglio regionale Alberto Villanova, che premette «Da Re ha sbagliato», ma poi aggiunge «spero si riesca comunque a ricucire».
Oppure quella di Fabiano Barbisan, militante storico della Lega, al quale però è stato impedito di votare al congresso regionale. Espulso pure lui dal partito tre mesi fa, ma poi reintegrato, e pure con il ruolo di coordinatore delle elezioni nel Veneto orientale: si tratta del più ricco tra i consiglieri regionali, con un bacino di voti troppo ghiotto per essere lasciato al macero.
«Toni ha sbagliato – ammette Barbisan –. Ma siamo a tre mesi dalle elezioni e le priorità sono altre. Come l’interrogarsi sul perché il nostro partito, che era sopra il 30%, sia sceso abbondantemente sotto l’8%».
Quesiti ai quali i dissidenti della Lega potrebbero inchiodare i “lumbard” che si sono presi in mano il partito, in caso di cacciata del loro capopopolo. E c’è già chi, pensando al settembre prossimo, immagina Toni Da Re sul palco di Pontida con una scopa in mano, all’inno di «Pulizia, pulizia, pulizia».
(da La Stampa)

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ABRUZZO, SALVINI ADESSO E’ L’AGO DELLA SCONFITTA: SE CROLLA LA LEGA, MARSILIO RISCHIA

Marzo 7th, 2024 Riccardo Fucile

SE LA LEGA DOVESSE SCENDERE SOTTO IL 5%, I SOVRANISTI POTREBBERO PERDERE CONTRO D’AMICO

La risposta dei vertici di Via Bellerio è chiara: “Bisogna stare uniti nella buona e nella cattiva sorte”. Un modo per mettere le mani avanti: niente accuse un minuto dopo la chiusura dei seggi, com’è avvenuto in Sardegna, quando i fedelissimi di Giorgia Meloni accusavano Matteo Salvini di aver tradito il candidato del centrodestra Paolo Truzzu per il voto disgiunto in favore di Alessandra Todde da parte dei leghisti e “sardisti” dell’isola.
Domenica, però, alle elezioni regionali in Abruzzo, la possibilità di dividere tra il voto per le liste e quello dei candidati non c’è perché la legge elettorale non lo prevede, quindi il destino delle liste del centrodestra è inevitabilmente legato a quello del candidato Marco Marsilio.
E la Lega in questo caso potrebbe essere l’ago della bilancia sul risultato finale. Una situazione che preoccupa anche Meloni che si gioca tutto proprio sulla riconferma di Marsilio: se la Lega dovesse crollare, il rischio che il governatore non riesca a superare il 50% è concreto. Tanto più che il suo competitor Luciano D’Amico, seppur sostenuto da liste più deboli di quelle di centrodestra, è appoggiato da tutto il centrosinistra, dal M5S ad Azione di Carlo Calenda.
Argomento di cui si parlava anche martedì a Pescara a margine del comizio dei leader del centrodestra. I dirigenti forzisti da un lato esultavano perché gli azzurri potrebbero arrivare a doppiare la lista leghista come avvenuto anche in Sardegna, ma allo stesso tempo evidenziavano i rischi di questo scenario che potrebbe provocare la sconfitta di Marsilio.
Perché non è assolutamente scontato che tutti gli ex elettori leghisti si spostino all’interno del bacino elettorale di centrodestra. Un tema che esiste anche a via della Scrofa: nel caso in cui la destra dovesse perdere anche l’Abruzzo, sarebbe complicato accusare la Lega di aver fatto perdere il “lungo”, soprannome di Marsilio per la sua altezza.
Eppure la grande paura nel centrodestra in vista delle elezioni regionali di domenica deriva dai numeri. Secondo l’ultimo sondaggio pubblicabile prima del silenzio elettorale, cioè quello di Winpoll per Il Centro, la somma delle liste di Fratelli d’Italia (25%), Forza Italia (10%) e lista Marsilio (5%) attesterebbe il centrodestra al 40%. Per arrivare al 50% necessario a vincere le elezioni, restano da conteggiare i consensi ai centristi di Noi Moderati di Maurizio Lupi, Udc-Dc di Lorenzo Cesa e Gianfranco Rotondi che non supererebbero il 3%. Nel caso in cui la Lega dovesse scendere sotto al 5%, quindi, la vittoria per Marsilio non sarebbe certa con un testa a testa con D’Amico.
D’altronde le sensazioni a via Bellerio non sono positive. Nonostante Salvini ogni giorno vada ripetendo che “in Abruzzo arriveremo alla doppia cifra”, il 5-6% sarebbe un crollo sostanzioso rispetto alle elezioni del 2019 in Abruzzo e anche alle politiche del 2022.
Cinque anni fa, infatti, quando Salvini era all’apice del successo del governo gialloverde, la Lega arrivò al 28% in Abruzzo mentre nel settembre 2022 raccolse l’8,3%.
Insomma, sarebbe un ulteriore calo da parte della lista di Salvini. E non sarà un caso che il leader della Lega stia girando in lungo e in largo per tutta la Regione per cercare di trainare la sua lista. Dopo aver organizzato L’Italia dei sì a L’Aquila, fatto promesse mirabolanti per l’aeroporto di Pescara e i caselli autostradali della A24 e A25, oggi il leghista sarà al teatro comunale di Orsogna, in provincia di Chieti, mentre domani concluderà la campagna elettorale con il suo partito al Pala Becci di Pescara, per un evento della Lega in cui non ci sarà il governatore Marco Marsilio che invece chiuderà con i governatori del centrodestra Donatella Tesei (Umbria), Francesco Acquaroli (Marche) e Francesco Rocca (Lazio) per contrapporsi alla piazza di D’Amico e Alessandra Todde.
Ieri il ministro delle Infrastrutture della Lega ha provato a scongiurare la disfatta: “Secondo me si vince e si vince bene. Sull’Abruzzo ho scommesso un caffè perché il centrodestra è compatto e non ci sono stati i litigi, le polemiche e le divisioni che ci sono state in Sardegna”. A proposito di litigi, al comizio comune di martedì, Salvini se n’è andato prima della conclusione senza fare la foto insieme a tutti gli altri leader del centrodestra. “Avevamo già fatto la foto di gruppo perché pioveva”, si è giustificato Marsilio.
(da ilfattoquotidiano.it)

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UN ALTRO FIGLIO DI PUTIN: LO STREET ARTIST JORIT CHE SI FA IL SELFIE CON PUTIN “PER MOSTRARE ALL’ITALIA CHE E’ UMANO COME TUTTI NOI”

Marzo 7th, 2024 Riccardo Fucile

VALLO A DIRE AI BAMBINI UCRAINI RAPITI AI GENITORI, ALLE DONNE VIOLENTATE, AI CIVILI MASSACRATI, AI DISSIDENTI AVVELENATI E INCARCERATI, INFAME

Ancora un messaggio di vicinanza all’Italia, ancora una sviolinata al Bel Paese, nonostante da due anni ormai i due Paesi siano sui due fronti opposti della guerra in Ucraina. È la seconda volta in due settimane che Vladimir Putin, rispondendo alla domanda di cittadini italiani, si prodiga in complimenti alla nostra storia, alla nostra cultura. E ai legami con la Russia. Era successo il 20 febbraio all’Istituto di studi internazionali di Mosca. In quella occasione Irene Cecchini, 22enne di Lodi, rivolse una domanda in russo al presidente che non si fece scappare l’occasione per sottolineare come in passato sia stato accolto con benevolenza durante i suoi viaggi in Italia. «Mi sono sempre sentito a casa, questo è certo», chiosava. E così quasi due settimane dopo la scena si è ripetuta simile a Sochi, al Forum internazionale della gioventù. Questa volta però a prendere la parola non è stato un cittadino comune, ma lo street artist Jorit.
La domanda e il selfie
Il 33enne era finito al centro delle polemiche la scorsa estate per aver realizzato un enorme murales nella città occupata dall’esercito russo a Mariupol, nel Donbass. A chi lo accusava di essere filo-russo e di prendere le parti dell’esercito occupante, aveva risposto di essere «un artista libero», che ha il dovere di «far vedere l’altro lato della medaglia e creare dibattito». Alcuni mesi prima aveva ricevuto proprio dal presidente russo i complimenti per un’altra opera realizzata a Napoli e dedicata a Dostoevskij. Jorit è sbarcato a Sochi lo scorso 3 marzo per partecipare al Forum, parlare con i giovani presenti e svelare un murales che ha realizzato nell’ambito del Festival mondiale di arte di strada New Forms. «Quando ho pensato a quale potesse essere un modo per avvicinare Russia e Italia, ho pensato alla grande attrice Ornella Muti», ha spiegato Ciro Cerullo, in arte Jorit, alla presenza proprio dell’attrice che lo ha ringraziato e abbracciato. Poi lo street artist si è spostato al Forum internazionale della gioventù e, a margine di un intervento di Putin, ha preso la parola con una domanda e una richiesta.« L’arte può essere uno strumento per unire paesi e nazioni diverse?», la domanda. E ha aggiunto: «Vorrei chiederle il piacere di fare una foto insieme, per mostrare all’Italia che lei è umano come tutti noi, per contrastare la propaganda occidentale e per ribadire che siamo tutti parte della comunità umana». Il presidente russo avrebbe risposto: «Siamo sempre stati ammirati dall’arte italiana e ci ha sempre tenuti vicini. Ma non è solo l’arte che unisce i due popoli», per poi aggiungere un riferimento, non casuale, alla nostra storia, «la lotta dell’Italia per l’indipendenza, Garibaldi non ci ha forse uniti? Questo ci ha sempre uniti. Gli italiani hanno sempre un desiderio di libertà nei loro cuori. E questo significa che rispettate il desiderio degli altri popoli di fare le loro scelte e scegliere il loro destino». Poi Jorit l’ha raggiunto sul palco e si sono scattati una foto insieme.
(da agenzie)

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GENOVA, LA FIGURACCIA DEL COMUNE CHE CELEBRA LA DONNA L’8 MARZO CON TRE GUSTI DI GELATO ROSA

Marzo 7th, 2024 Riccardo Fucile

“INIZIATIVA MISOGINA E MASCHILISTA”: UN AFFARE PER I COMMERCANTI, I GELATI SARANNO VENDUTI A PREZZO PIENO E IL RICAVATO NON SARA’ DEVOLUTO AD ASSOCIAZIONI O CENTRI ANTI-VIOLENZA MA FINIRA’ IN TASCA AI BOTTEGAI

Il Comune di Genova ha escogitato un modo per far contente le donne nella loro giornata, quella dell’8 marzo. Chi ha pensato a proposte banali come l’introduzione dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, o misure a sostegno della genitorialità, è fuori strada.
L’omaggio del Capoluogo ligure è in effetti molto più originale: un gusto di gelato per le donne. Nel senso che è rosa.
Gli artigiani gelatieri si sono infatti messi all’opera per elaborare «tre gusti diversi a evidenziare l’unicità di ogni donna, una dolce occasione per riflettere ancora una volta sulle pari opportunità», come dichiarato dal presidente di Confartigianato Genova Felice Negri.
Una riflessione che non sembra però avere risvolti pratici, al di fuori dell’estetica confetto che, si presume, il gentil sesso dovrebbe apprezzare. I gelati saranno infatti venduti a prezzo pieno per tutti, indistintamente, e il ricavato non sarà devoluto ad associazioni o centri antiviolenza.
I gusti
E dunque, mentre in Francia entrava in Costituzione il diritto all’aborto libero e gratuito, in Italia alcuni artigiani gelatieri erano all’opera per dare il loro contributo alla causa. Le alternative saranno: cono ai frutti di bosco e pan di spagna, una coppa mirtilli, spumante e frutto della passione e un variegato agrumi, the rosso e ibisco. «I tre gusti di gelato dedicati alla giornata internazionale della donna sono una lodevole iniziativa che accende i riflettori sulla parità di genere e sulla necessità di costruire tutti insieme una società davvero inclusiva e a misura di donna», ha detto Francesca Corso, assessore del Comune. Lei stessa chiede che la sua qualifica venga espressa al maschile. Così come l’assessore della Regione Simona Ferro, secondo cui «anche un gesto semplice come mangiare un gelato diventa l’occasione per riflettere sul significato dell’8 marzo».
Le reazioni
Dichiarazioni che non hanno convinto le realtà femministe, come Non una di meno. O No Justice No Peace Italy, che ha ironizzato: «Vorrei un cono “parità salariale”, “autodeterminazione sul proprio corpo” e “fine della cultura patriarcale dello stupro”, la panna è gratis?».
«Veniamo uccise, stuprate, molestate, discriminate sul lavoro, se siamo lesbiche non è riconosciuto e garantito il nostro diritto alla genitorialità, se siamo trans veniamo invisibilizzate, subiamo macro e micro aggressioni ogni giorno in ogni aspetto della nostra vita», ha protestato poi Alice Merlo, attivista e femminista intersezionale genovese, che nel 2021 è stata testimonial della campagna di sensibilizzazione Uaar sull’aborto farmacologico.
«Anche un gesto semplice come mangiare un gelato diventa l’occasione per riflettere sul significato dell’8 marzo, dicono. Quel gesto semplice mi è costato le peggiori molestie che io ricordi, che hanno lasciato il segno per anni, dai 13 anni e per un pezzo, mai più mangiato un gelato in strada», ha commentato Paola Miglio, che fa parte della rete Unstoppable Women. Che conclude: «Posso ringraziare alcuni muratori al lavoro in piazza, ma anche un rispettabile signore che non perdeva occasione per farti sentire fuori posto. Figurati col gelato. Evidentemente siamo così, dolcemente da leccare».
(da Open)

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IL GOVERNO NON HA RISPETTO NEANCHE PER I MORTI: EVACUATI DALLA SEA WATCH QUATTRO MIGRANTI FERITI DOPO 9 ORE MA NON IL CORPO DEL RAGAZZO MORTO

Marzo 7th, 2024 Riccardo Fucile

DOVRA’ RESTARE A BORDO PER 4 GIORNI SENZA CELLA FRIGORIFERA: LA GUARDIA COSTIERA SI E’ RIFIUTATA DI TRASBORDARE IL CADAVERE E IL VIMINALE HA ASSEGNATO ALLA NAVE IL PORTO LONTANO DI RAVENNA… LA ONG: DISUMANO”

Quattro giorni di navigazione con il corpo di un ragazzo 17enne morto nell’attesa di un soccorso mai arrivato. C’è un secondo sconcertante capitolo nella storia della drammatica morte del ragazzino morto ieri a bordo della nave umanitaria Sea Watch5 due ore dopo essere stato soccorso insieme a 50 persone su una barca in legno che rischiava di rovesciarsi nel Mediterraneo
Evacuati solo in quattro
Questa notte la Guardia costiera, a Lampedusa, dopo 9 ore dalla richiesta di soccorso, è andata a prendere altre 4 persone in gravissime condizioni intossicate dai fumi del carburante e ustionate dal mix di acqua e benzina sul fondo della barca ma si è rifiutata di prendere a bordo anche il corpo del ragazzo.
Che dovrà dunque rimanere a bordo della Sea Watch 5, non dotata né di cella frigorifera né di spazi separati, almeno per altri quattro giorni, il tempo di navigazione stimato per il porto di Ravenna assegnato dal Viminale.
Le accuse della Ong
«E’ disumano», dicono i volontari di Sea Watch che alle 13 di ieri avevano richiesto una evacuazione medica urgente per il ragazzo trovato svenuto nel fondo della barca asfissiato e schiacciato dalle altre 50 persone a bordo. Ma dopo due ore, nonostante i primi soccorsi ricevuti sulla Sea Watch, il diciassettenne è morto.
(da agenzie)

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