Febbraio 18th, 2025 Riccardo Fucile
”VOGLIO DARE A TUTTE LA POSSIBILITA’ DI PARTECIPARE E NON LASCIARE INDIETRO NESSUNA”… ANCHE AZIONE INTENZIONATA AD APPOGGIARE SILVIA
Doveva essere il primo incontro pubblico da candidata sindaco di Genova, ma le troppe adesioni hanno reso impossibile gestirne la logistica e quindi ha costretto a sospendere l’iniziativa per rinviarla a data ancora da definire in una location molto più grande.
Parliamo dell’appuntamento previsto per questo pomeriggio alle 18 presso Bibi.Service, in cui Silvia Salis, da poche ore ufficialmente in corsa per le comunali genovesi per il centrosinistra, avrebbe dovuto incontrare attiviste e rappresentanti donne della coalizione.
“La grandissima partecipazione delle donne che l’evento pubblico ha suscitato, ha imposto un rinvio per fini logistici con l’obiettivo di trovare un posto sufficientemente grande per accogliere tutte le persone che hanno mostrato interesse per l’iniziativa e garantire una partecipazione quanto più ampia possibile – si legge in una nota del Pd Liguria inviata questa mattina – Abbiamo riscontrato un desiderio di partecipazione straordinario, superiore alle nostre aspettative e alla capacità della sala inizialmente scelta. Le donne vogliono tornare a essere protagoniste della politica di questa città, far sentire la loro voce e contribuire alla svolta che attende Genova nei prossimi mesi. Questo è un segnale positivo e un’importante base di partenza per una campagna elettorale che si preannuncia piena di entusiasmo“, affermano le donne della coalizione.
L’incontro “pleanario” è stato quindi rimandato, ma Silvia Salis incontrerà comunque le dirigenti delle varie forze politiche della coalizione per un confronto un confronto sui temi della città che parta dal protagonismo femminile.
“Voglio ringraziare le donne di questa città per la risposta incredibile che hanno dato a questo evento – commenta Salis – Voglio dare a tutte la possibilità di partecipare e non lasciare indietro nessuna, per questo oggi incontrerò i vertici femminili della coalizione per iniziare da subito a discutere dei temi della città con chi da anni vi si dedica con cura e passione e al più presto identificheremo uno spazio più grande che possa accogliere tutte le donne che oggi vogliono prendere parte a questo evento. L’interesse e la voglia di partecipare che abbiamo visto in queste ore dimostrano quanto le genovesi e i genovesi sentano l’esigenza di dire la loro e voltare pagina“.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 18th, 2025 Riccardo Fucile
TRA L’INCUDINE DELLA FEDELTA’ SOVRANISTA A DONALD E IL MARTELLO DELL’INTERESSE NAZZIONALE CHE LA LEGA ALL’EUROPA
Anteponendo l’ideologia all’interesse nazionale e alla geografia, Giorgia Meloni ora
annaspa, spiazzata com’è dal correre veloce degli eventi, impiccata alle parole di ieri in netta contraddizione con i fatti di oggi. E nella situazione scomoda di dover sconfessare se stessa o rinnegare il suo vate sovranista Donald Trump. Comunque vada sarà un insuccesso.
Arrivata al potere, ha cercato una legittimazione americana per far dimenticare certe posture da ragazza di Colle Oppio, schierandosi con l’altra America, quella di Joe Biden, per il sostegno senza se e senza ma, finché fosse stato necessario, con l’Ucraina aggredita dall’energumeno del Cremlino. Schlein: «Meloni decida con chi stare: o l’Ue o il cappellino di Trump»
Mutato lo scenario, si è repentinamente trasformata nella pulzella di Mar a Lago, proponendosi nientemeno come mediatrice tra le due sponde dell’Atlantico senza considerare che i sovranismi hanno un difetto d’origine iscritto nel nome e non contemplano che se stessi, tanto che la dizione “internazionale sovranista” è intrinsecamente un ossimoro. Soprattutto ha commesso l’errore politico di non comprendere che, con il plutocrate alla Casa Bianca, non sarebbe più esistito un solo occidente, ma al minimo due. Inconciliabili.
A meno di un mese dall’insediamento, Trump si è già sbarazzato degli inutili inciampi che si frappongono tra lui e i soli che considera suoi pari, cioè i reggenti di grandi potenze come la Russia, con cui trattare direttamente i destini del pianeta per poi imporre le scelte in virtù della supremazia militare. L’Europa, il terreno su cui pure si combatte da tre anni la guerra, cancellata da ogni tavolo nonostante abbia speso nel suo insieme, tra aiuti e forniture belliche, più di Washington.
L’Europa ridotta all’insignificanza perché adagiata nel sogno della pace perpetua kantiana, attaccata, chissà ancora per quanto, ai suoi valori, ai diritti umani e civili che sembrano non avere più alcuna cittadinanza nella terra del suprematismo bianco. L’Europa trattata da sguattera a cui imporre dazi come fossero un risarcimento per averla prima liberata e poi protetta, senza considerare il vassallaggio strategico che è stata la moneta di scambio della supposta “generosità”.
L’Europa che, per dignità, aveva il dovere di reagire alzando un argine a tanta tracotanza e nel tempo più breve possibile, visto che in Arabia Saudita già cominciano le grandi manovre di Washington e Mosca per imporre a Kiev una pace ingiusta, una pace putiniana. Non deve stupire che l’iniziativa sia partita dall’indirizzo più credibile, dalla Francia che, per un riflesso della grandeur, nel 1966 decise con Charles de Gaulle l’uscita dal comando Nato per poter perseguire la propria autonomia nelle scelte della difesa. Poi nel 2003 con Jacques Chirac che si oppose con fierezza alla guerra di Bush in Iraq.
Non per grandeur o per sciovinismo, oggi tocca a Emmanuel Macron alzare non già il tricolore ma la bandiera blu stellata del Vecchio Continente. Certo in parte per prestigio personale dato che lascerà poco meno che cinquantenne l’Eliseo e ambirebbe alla poltrona di primo presidente di una futuribile Unione europea, ma in parte perché i tempi sono cambiati e la Francia malconcia non può nulla senza l’appoggio dei tradizionali partner continentali.
Giorgia Meloni si è trovata, e torniamo all’inizio, tra l’incudine della fedeltà sovranista all’amico Donald, e il martello dell’ interesse nazionale che la lega ai suoi vicini: è la geopolitica bellezza. Un Arlecchino servitore di due padroni. Per districarsi nel labirinto in cui si è cacciata ha agito da signora tentenna, la posizione più scomoda per un primo ministro con attitudini decisioniste.
Ha fatto filtrare, e il verbo è eloquente, una “contrarietà” alla mossa di Macron, con cui peraltro non si mai trovata in sintonia. Avrebbe preferito la convocazione di un Consiglio europeo straordinario, dimentica delle critiche rivolte in passato alle liturgie troppo paludate di Bruxelles (e comunque non si capisce perché non l’abbia sollecitato se ne sentiva la necessità). Ha puntato l’indice sull’assenza di alcuni attori.
Come se non fossero sufficienti, nell’urgenza delle decisioni, i capi di governo di Francia, Germania, Regno Unito, Italia, Polonia, Spagna, Olanda, Danimarca, i presidenti del Consiglio europeo e dell’Unione europea, oltre al segretario generale della Nato. Alfine si è decisa a prendere un aereo per Parigi, non prima tuttavia di un consulto telefonico con l’amato Donald. Estremo tentativo di essere sia di qua sia di là. Dimentica dell’aforismo di Seneca: «Chi è ovunque non è in nessun luogo».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 18th, 2025 Riccardo Fucile
POI SI È FATTA MEGAFONO DELLE ISTANZE TRUMPIANE, INVOCANDO (PER SÉ) L’APERTURA DI UN CANALE DI COMUNICAZIONE: “GLI USA VOGLIONO ARRIVARE ALLA PACE” – LA DUCETTA TEME CHE MACRON LE FREGHI IL RUOLO DI MEDIATORE UE, CHE NESSUNO LE HA CONFERITO
Giorgia Meloni è stata l’ultima leader europea ad arrivare ieri pomeriggio all’Eliseo, a Parigi, per il vertice informale a otto sulla trattativa che riguarda l’Ucraina. La riunione era già iniziata da un’ora. Forse è un caso, ma simbolicamente Meloni era quella che aveva meno voglia di sedersi a quel tavolo.
La premier italiana è stretta in una morsa: da un lato ha aperto un canale diretto con il presidente americano Donald Trump che nel frattempo ha scavalcato l’Unione europea nella trattativa con Vladimir Putin per l’Ucraina; dall’altro, però, non può nemmeno dissociarsi dagli alleati europei.
La foto del tavolo con la sedia vuota del governo italiano sarebbe stato uno smacco troppo pesante anche per Meloni e avrebbe certificato, di fatto, il suo totale disallineamento con gli alleati europei.
Per questo ieri la presidente del Consiglio ha deciso di partecipare – seppur controvoglia – al vertice organizzato da Macron, che prima ha telefonato a Trump. A Palazzo Chigi sono piuttosto irritati dal ruolo da “protagonista” che si sta provando a ritagliare il presidente francese e temono che voglia togliere a Meloni lo scettro di pontiere con la Casa Bianca.
Così, durante l’incontro informale, la presidente del Consiglio ha specificato che i presupposti del vertice erano sbagliati: andavano coinvolti i Paesi del Nord Europa, che condividono i confini con Mosca e sono “più esposti”, e quindi la sede più appropriata sarebbe stata quella del Consiglio Europeo.
Inoltre, Meloni non ha condiviso un “formato anti-Trump” perché gli Usa, ha sostenuto, vogliono arrivare alla pace. Insomma, si è fatta megafono delle istanze trumpiane.
Durante il vertice, Meloni ha espresso perplessità sull’invio di truppe a garanzia di Kiev, la soluzione “più complessa e meno efficace”, e chiesto agli alleati di aprire un canale di comunicazione con gli Stati Uniti.
Infine, la premier ha anche condiviso le parole del vicepresidente Vance contro l’Ue perché “non dobbiamo chiederci cosa gli americani possono fare per noi, ma cosa noi dobbiamo fare per noi stessi”
Una posizione di equilibrismo anche per contenere la concorrenza della Lega di Matteo Salvini che da mesi cavalca l’onda trumpiana. L’immagine, d’altronde, è abbastanza emblematica.
A ora di cena, appena Meloni ha lasciato l’Eliseo, interviene Matteo Salvini con una nota attribuita a “fonti della Lega”. Un comunicato stonato rispetto alla photo opportunity dell’Eliseo perché prende le difese del presidente americano: “La Lega confida che in Ue prevalga il buonsenso. Incomprensibili gli attacchi di certa sinistra contro Trump, che in poche settimane ha fatto più di Biden in anni interi. Il nemico non è Trump ma chi non vuole mettere fine ai conflitti”.
La nuova occasione per fare la gara a chi è più fedele al presidente americano sarà il Cpac, la Conferenza annuale dei Repubblicani, che si svolgerà a Washington da giovedì a sabato.
Per la delegazione dei Conservatori e Riformisti di Meloni ci sarà il debutto dell’ex premier polacco Mateusz Morawiecki, accompagnato dai vicepresidenti Carlo Fidanza e George Simion e dal segretario generale Antonio Giordano. Da Roma partirà anche una nutrita delegazione leghista che farà parte del gruppo dei Patrioti e non è escluso che tra questi possa esserci anche il leader della Lega Matteo Salvini.
Quest’ultimo vorrebbe partire alla volta di Washington e ci sta provando in ogni modo ma lo farà solo se avrà la garanzia di poter avere un colloquio, anche breve, o una foto, con il presidente americano […]. Sarebbe uno smacco per Meloni che rischierebbe di aprire anche un cortocircuito nel governo.
(da il Fatto Quotidiano)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 18th, 2025 Riccardo Fucile
“E’ ORA DI DARE UNA RISPOSTA CHIARA AGLI ITALIANI”
Giorgia Meloni deve venire in parlamento a dire da che parte sta. Ovvero se da quella
dell’Europa, oppure se ha deciso di indossare il cappellino di Donald Trump. A dirlo è Elly Schlein in un’intervista a Repubblica. Nella quale rintuzza la strategia della premier sui soldati in Ucraina. E dice che Meloni «deve innanzitutto spiegare cosa intende fare lei. Decidere se schierarsi con l’Europa o con il presidente americano. Da settimane dicevamo che non si può stare col piede in due scarpe in eterno. Quanto accaduto in questi giorni impone una scelta di campo. Qual è la sua? È l’ora di dare una risposta: all’Italia prima che a noi».
Secondo Schlein la premier avrebbe dovuto dire la sua innanzitutto su JD Vance. «Trump ha spedito a Monaco il suo vice, J.D. Vance, a sferrare un attacco senza precedenti all’Europa. Sui valori prima di tutto: una comunità che si fonda sui principi democratici e lo stato di diritto non può prendere lezioni da un’amministrazione che calpesta a i diritti fondamentali ed esclude dai negoziati di pace la Ue e addirittura l’Ucraina. È necessario che entrambe giochino da protagoniste al tavolo del negoziato per costruire una pace giusta, coinvolgendo le Nazioni Unite perché solo il multilateralismo è in grado di far prevalere il diritto internazionale e dialogo sull’uso della forza. Soprattutto bisogna che l’Italia sieda dalla parte giusta: quella di un’Europa che reagisce unita e compatta alle provocazioni del tycoon. Non è l’ora dei distinguo».
L’ambiguità
Secondo la leader dem Meloni è ambigua: «Trump non si è mai nascosto, il suo disegno di indebolire l’Europa lo ha sempre dichiarato. Per questo trovo assurdo che si possa rinchiudersi nelle relazioni bilaterali, anziché lavorare a una maggiore integrazione europea per evitare di finire ai margini. Su questo l’Italia può dare una spinta propulsiva». In Europa Meloni «si deve battere per superare l’unanimità, nemmeno un condominio può funzionare se si conserva il diritto di veto. E per investimenti comuni: serve un Next Generation da 800 miliardi l’anno per l’autonomia strategica della Ue in diversi settori».
Ovvero: «La politica industriale, necessaria anche per sostenere l’innovazione della nostra manifattura. Quella tecnologica, a partire dall’AI, su cui l’Europa è troppo indietro, corre il rischio di restare strangolata nella competizione fra Usa e Cina. E l’autonomia energetica. Oltre a una politica di difesa comune. Che però, attenzione, non è la corsa al riarmo dei singoli Stati a cui abbiamo assistito finora».
La spesa militare
Perché «oggi se si somma la spesa militare di tutti e 27 i Paesi europei, si scopre che è più alta di quella della Cina e della Russia. Se ci mettiamo insieme, risparmiamo pure, condividendo investimenti e ricerca. Lo scenario internazionale è cambiato, l’Europa non può delegare ad altri la sicurezza del continente, tanto più dopo il disimpegno annunciato da Trump. Quindi la difesa comune è necessaria. A una condizione, però: che non si acceleri solo su questo, magari a scapito della spesa sociale. Il Pse non lo accetterebbe mai».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 18th, 2025 Riccardo Fucile
IL GOVERNO AVRA’ 30 GIORNI DI TEMPO PER PRESENTARE LE SUE OSSERVAZIONI
Ieri la I Camera preliminare della Corte penale internazionale ha rivolto all’Italia l’invito a presentare le sue osservazioni per spiegare la liberazione del generale libico accusato di crimini contro l’umanità, Najeem Osama Almasri. Per farlo il governo avrà trenta giorni di tempo.
La comunicazione rappresenta l’avvio di una prima fase di accertamenti, resi necessari dalla mancata consegna del torturatore e con cui la Cpi intende comprendere le ragioni dietro “l’inadempienza” dell’Italia. In dodici punti, la Camera ricostruisce la vicenda a partire dal mandato Onu per indagare sulla situazione in Libia nel 2011, passando per la richiesta d’arresto di Almasri, nell’ottobre 2024, fino ad arrivare al fermo dell’uomo e al suo rimpatrio su un volo di Stato italiano.
La Cpi ricorda di aver richiesto ai governi dei Paesi, in cui si sarebbe potuto trovare Almasri il 18 gennaio 2025 di procedere al sequestro “di qualsiasi prova o dispositivo trasportato dall’indagato che possa contenere prove” e di “trasmettere tali prove all’autorità giudiziaria”. Prove che ad oggi risultano perse, perché al momento del rilascio, la Digos di Torino ha riconsegnato all’uomo il materiale che gli era stato sequestrato in precedenza.
I giudici citano inoltre, le due note diffuse dal ministro Nordio. Una prima, del 27 gennaio 2025, in cui il Guardasigilli faceva sapere che il rimpatrio di Almasri fosse di “esclusiva competenza” del suo collega all’Interno, Matteo Piantedosi. Una seconda, il 10 febbraio 2025, quando l’Ambasciata italiana ha inviato una lettera da parte del ministero della Giustizia.
Ma l’operato di Nordio sarebbe stato insufficiente. Tra le altre cose infatti, il ministro aveva precisato solo in un secondo momento di aver riscontrato nel mandato d’arresto della Cpi “vizi” tali da rendere l’atto nullo e dunque non potergli dare esecuzione. In realtà i vizi citati dal Guardasigilli, si scopriranno poi essere degli errori formali. Per l’esattezza, una confusione sulle date dei reati in un piccolo passaggio del mandato per l’esattezza, che Nordio avrebbe potuto comunque segnalare alla Corte, che esplicitamente si era resa disponibile a chiarire qualsiasi dubbio per agevolare la procedura di consegna del generale. Eppure il ministro non l’ha fatto.
La Cpi quindi, ritiene che l’operato del governo italiano nel caso Almasri rende necessario valutare se è opportuna “una constatazione formale di inadempienza dell’Italia” e “se la questione debba essere deferita all’Assemblea degli Stati Parte e/o al Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. Prima di effettuare qualsiasi accertamento sulla mancata cooperazione, però la Corte dovrà ascoltare l’Italia, che entro il 17 marzo dovrà far pervenire le proprie osservazioni. Quest’ultime, ricorda la nota, dovranno essere “essere presentate in una delle lingue di lavoro” dell’Aia, ovvero francese o inglese.
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 18th, 2025 Riccardo Fucile
“DOPO TRE SOLLECITAZIONI NORDIO NON HA ANCORA DEPOSITATO LA TAVOLA SINOTTICA CHE RAFFRONTAVA I CAPI DI IMPUTAZIONI”
Pd, M5s e Avs nell’aula della Camera sono intervenuti per chiedere a gran voce al
ministro della giustizia Carlo Nordio il documento sul caso Almasri, “la tavola sinottica che raffrontava i capi di imputazione” che lo stesso guardasigilli “aveva mostrato” durante la sua informativa.
“O il ministro mantiene la parola” e mette le carte a disposizione del Parlamento “o invia al presidente della Camera una lettera in cui spiega i motivi per cui non lo fa e chiede scusa al Parlamento”, ha affermato per primo il dem Federico Fornaro. Che poi ha preannunciato: “Fintanto che non sarà mantenuta la promessa, noi faremo tutti i giorni questo intervento”.
Il documento in questione “dopo tre sollecitazioni non è stato dato né ai capigruppo, né alla presidenza della Camera. A noi i bugiardi non piacciono”, ha puntato il dito Marco Grimaldi di Avs. “Stiamo ancora aspettando quelle carte che rappresentavano lo strumento” mediante il quale il governo è “venuto meno ad un obbligo internazionale”, gli ha fatto eco anche Cafiero De Raho per il M5s.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 18th, 2025 Riccardo Fucile
ALLARME SULL’UCRAINA: “PRESTO RESTERMO SOLI A GARANTIRE SICUREZZA”
“Se le recenti dichiarazioni delineano il nostro futuro, possiamo aspettarci di essere lasciati in gran parte soli a garantire la sicurezza in Ucraina e nella stessa Europa”. È l’allarme lanciato dall’ex presidente della Bce ed ex premier, Mario Draghi, nel suo discorso al Parlamento europeo per la settimana parlamentare 2025. Un discorso, quello di Draghi, fortemente incentrato sull’economia e sul suo rapporto sulla Competitività e in cui è tornato a sottolineare l’importanza di una mutualizzazione del debito europeo per sostenere le sfide economiche dell’Unione: “Una questione sollevata da molti di voi è stata il finanziamento. Una premessa: la cifra di 750-800 miliardi di euro di investimenti necessari”, ha detto ricordando la spesa necessaria per realizzare il suo piano. “Come ho detto prima, si tratta di una stima prudente. In realtà, potrebbe essere ancora più alta se consideriamo che non include investimenti per la mitigazione del cambiamento climatico e altri obiettivi importanti. Ma questa cifra è stata stimata sulla base della situazione attuale e, in questo caso, è necessario emettere titoli di debito”.
Al nuovo contesto attorno all’Ue “la risposta deve essere rapida, perché il tempo non è dalla nostra parte, con l’economia europea che ristagna mentre gran parte del mondo cresce. Deve essere commisurata all’entità delle sfide. E deve essere focalizzata sui settori che guideranno l’ulteriore crescita. Velocità, scala e intensità saranno essenzial”, ha detto Draghi. “Dobbiamo abbattere le barriere interne, standardizzare, armonizzare e semplificare le normative nazionali e spingere per un mercato dei capitali più basato sull’equity”, ha sottolineato l’ex premier. “Per far fronte alle sfide” dell’Ue, “è sempre più chiaro che dobbiamo agire sempre più come se fossimo un unico Stato. La complessità della risposta politica che coinvolge la ricerca, l’industria, il commercio e la finanza richiederà un grado di coordinamento senza precedenti tra tutti gli attori: governi e parlamenti nazionali, Commissione e Parlamento europeo”.
“Non si può dire no a tutto, fare qualcosa”
“L’Ue è stata creata per garantire pace, indipendenza, sicurezza, sovranità e poi sostenibilità, prosperità, democrazia, la giustizia e l’illusione, tanta roba. Siamo riusciti a garantire tutto questo. Ora il mondo confortevole è finito, e dobbiamo chiederci se vogliamo difendere questi valori fondamentali o vogliamo mollare la presa”, ha detto anche rispondendo ai parlamentari, “non si può dire no a tutto, altrimenti bisogna ammettere che non siamo in grado di mantenere i valori fondamentali dell’Ue. Quindi quando mi chiedete cosa è meglio fare ora dico boh, ma fate qualcosa”, conclude.
“Con dazi Usa Cina indirizzerà produzione in eccesso verso l’Europa”
L’ex presidente del Consiglio si è soffermato anche sulle incognite generate dalla nuova politica commerciale americana in tema di dazi. “Quando è stato redatto il rapporto, il tema geopolitico principale era l’ascesa della Cina. Ora, nei prossimi mesi l’Ue dovrà affrontare i dazi imposti dalla nuova amministrazione statunitense, ostacolando l’accesso al nostro principale mercato di esportazione. Inoltre, l’aumento dei dazi statunitensi sulla Cina reindirizzerà l’eccesso di capacità produttiva cinese in Europa, colpendo ulteriormente le imprese europee. In effetti, le grandi aziende dell’Ue sono più preoccupate di questo effetto che della perdita di accesso al mercato statunitense.”, ha detto Draghi.
“Potremmo anche trovarci di fronte a politiche ideate per attirare le aziende europee a produrre di più negli Stati Uniti, basate su tasse più basse, energia più economica e deregolamentazione. L’espansione della capacità industriale negli Stati Uniti è una parte fondamentale del piano del governo per garantire che le tariffe non siano inflazionistiche”, ha ggiunto ancora Draghi.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 18th, 2025 Riccardo Fucile
“PUTIN CERCA UN’INTESA CON TRUMP MA NON VUOLE LA PACE. NEL 2008 È INIZIATA L’OCCUPAZIONE MILITARE RUSSA IN ALCUNE PARTI DELLA GEORGIA”
Gli europei non si facciano abbagliare dalle aperture di Vladimir Putin. Il leader
russo«non vuole una vera pace, anzi continuerà la sua offensiva contro Kiev e altri Paesi con mezzi diversi, come è accaduto da noi». Salomé Zourabichvili, 72 anni, è stata presidente della Georgia fino al 14 dicembre 2024, quando l’Assemblea elettorale ha nominato al vertice dello Stato Mikheil Kavelashvili, dopo le elezioni parlamentari del 26 ottobre 2024. Consultazioni truccate con la regia di Mosca, sostiene Zourabichvili
Sta dicendo che Vladimir Putin non è davvero interessato a cercare un accordo di pace con Donald Trump
«No. Putin potrebbe anche essere alla ricerca di un’intesa con Trump. Ma non vuole una pace che metta a posto davvero le cose. Penso che avremo una pace giusta solo quando la Russia si ritirerà da tutti i territori occupati in Ucraina e altrove, compresa la Georgia.
Quindi c’è una lunga strada da fare. Ma chiaramente Putin farà il suo gioco con la nuova amministrazione di Washington, tenterà di sedurre politicamente gli americani. Non è detto che funzioni, perché c’è qualcosa di imprevedibile nella condotta di Trump. I russi non sono preparati a gestire l’imprevedibilità degli interlocutori».
Gli americani non vogliono gli europei al tavolo del negoziato…
«L’Europa deve assolutamente entrare nel negoziato […] qui sono in gioco questioni di sicurezza che interessano molto di più l’Europa che gli Stati Uniti».
A Monaco Zelensky ha avvertito i Paesi Ue: Putin non si fermerà in Ucraina. È d’accordo?
«Certo. Vengo da un Paese, la Georgia, che è un terreno di prova per i piani di Mosca. Nel 2008 l’occupazione militare russa è iniziata in alcune parti del mio Paese. I nostri partner europei non hanno reagito e così i russi hanno annesso la Crimea nel 2014 e invaso l’Ucraina nel 2022. Ora noi siamo il terreno di prova per la manipolazione delle elezioni da parte dei russi: un sistema per conquistare un Paese senza le armi. In Georgia ci sono state elezioni irregolari e ora il Paese è guidato da un governo fantoccio di Mosca
Abbiamo visto analoghi tentativi in Romania…».
«In Romania c’è stata una vera manipolazione del voto, con tanti soldi spesi per la campagna anche attraverso TikTok. Possiamo immaginare che cosa faranno i russi quando si terranno le elezioni in Ucraina.] Putin ha una nuova strategia di guerra ibrida. Ha capito che il ricorso alle armi gli è costato parecchio
Ora sta cercando di vincere cercando di truccare le procedure democratiche. Dovremmo dare un’occhiata alla mappa geografica. Ci sono la Georgia, poi la Moldavia, la Romania, l’Ucraina: questo è il Mar Nero. E qui il governo georgiano, con l’appoggio dei russi, sta consegnando ai cinesi il porto più grande in costruzione. Putin ha una strategia.. Non so se Vance se ne sia accorto.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 18th, 2025 Riccardo Fucile
LE PIOGGE RECORD HANNO FATTO FALLIRE MOLTI RACCOLTI IN AFRICA OCCIDENTALE DOVE SI PRODUCE IL 70% DEL CACAO DI TUTTO IL MONDO
C’è anche il cacao tra le vittime dei cambiamenti climatici. A svelarlo sono due rapporti, pubblicati da Climate Central e Christian Aid, che certificano l’impatto del riscaldamento globale sulla produzione di cacao e, più o meno direttamente, anche sul prezzo che pagano i consumatori. Nel 2024, secondo l’analisi di Climate Central, la crisi climatica ha aggiunto sei settimane di temperature più elevate rispetto alle condizioni ottimali di crescita del cacao in Ghana, Costa d’Avorio, Camerun e Nigeria. Questi quattro Paesi africani sono responsabili da soli del 70% della produzione mondiale di cacao, seguiti da Brasile, Indonesia, Perù e Cile.
Il ruolo del caldo record e delle precipitazioni
Utilizzando dati provenienti da 44 aree dell’Africa occidentale dove si produce cacao, i ricercatori di Climate Central hanno confrontato le temperature del 2024 con quelle di uno scenario senza riscaldamento globale. Il risultato è che la crisi climatica ha aggiunto tre settimane con temperature superiori a 32°C sia in Ghana che in Costa d’Avorio tra ottobre e marzo, ossia nella stagione di crescita delle fave dell’albero del cacao. Il caldo eccessivo, spiegano gli esperti, può ostacolare la fotosintesi e aumentare la tensione idrica all’interno delle piante. Il risultato? Fiori raggrinziti e baccelli più piccoli.
Oltre alle temperature, poi, c’è da fare i conti con le precipitazioni, fondamentali per la crescita del cacao. La quantità di pioggia considerata ideale dagli esperti è compresa tra i 1.500 e i 2.000 millimetri all’anno. Il 2024, però, è stato un anno tutto fuorché ordinario dal punto di vista climatico per l’Africa Occidentale. A luglio, alcune zone della Costa d’Avorio hanno ricevuto il 40% di pioggia in più della media stagionale, allagando i campi coltivati e danneggiando le piante di cacao. A dicembre, invece, non è caduta neanche una goccia di pioggia in quasi tutto il Paese.
L’aumento del prezzo del 400%
La carenza di cacao è iniziata in realtà già nel 2023, dopo una stagione di piogge insolitamente abbondanti durante la stagione secca in Ghana. Le precipitazioni totali in Africa occidentale sono state più del doppio della media trentennale per quel periodo dell’anno e hanno causato il marciume delle piante e la diffusione di una malattia nota come «macchia nera». Nel 2024, è arrivata poi una lunga siccità, che solo in Ghana ha colpito più di un milione di persone e causato gravi danni ai raccolti.
La produzione fallimentare delle ultime due stagioni ha fatto schizzare alle stelle i prezzi del cacao sui mercati di Londra e New York, le due Borse dove viene scambiata questa materia prima. Per diversi decenni, i prezzi nella Grande Mela hanno oscillato tra i 2mila e i 3mila dollari a tonnellata. A dicembre del 2024, hanno raggiunto un picco di oltre 12.500 dollari a tonnellata, un aumento di oltre il 400%. Da allora, i listini sono tornati a scendere e si aggirano ora intorno ai 10mila dollari a tonnellata, ma restano a livelli sensibilmente superiori a quelli registrati fino a pochi anni fa.
Le altre cause dietro l’aumento dei prezzi del cacao
Secondo gli esperti e molte aziende produttrici, è il cambiamento climatico la principale causa dietro gli aumenti di prezzo del cacao registrati negli ultimi anni. L’aumento delle temperature, però, non è l’unico fattore che sta mettendo a dura prova i produttori. Tra le altre cause citate dai ricercatori ci sono le infestazioni di cocciniglie, il contrabbando e l’estrazione mineraria illegale, che spesso viene portata avanti sottraendo terreno proprio ai coltivatori. Infine, potrebbe aver giocato un ruolo anche il regolamento europeo contro la deforestazione, che avrebbe dovuto entrare in vigore nel 2025 ma è stato posticipato di un anno. Il provvedimento approvato a Bruxelles nel 2023 vieta di importare in Europa prodotti ottenuti da coltivazioni che abbiano provocato interventi di deforestazione. Un regolamento ambizioso e applaudito dalla comunità scientifica, ma che rischia di mettere a dura prova i piccoli produttori africani, che non sempre sono nelle condizioni di poter coltivare il cacao seguendo i rigidi criteri di sostenibilità fissati in Europa.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »