A BRUXELLES CRESCONO I DUBBI: “TROPPE VARIABILI SENZA COPERTURA
“LE ENTRATE PREVISTE NON HANNO RISCONTRI OGGETTIVI”
Sul tavolo c’è una tabella scritta a mano coi numeri de #lasvoltabuona di Matteo Renzi, la dote finanziaria che consentirà (o no) di realizzare l’ambizioso cronoprogramma del premier.
La persona che l’ha compilata, una fonte Ue esperta di cose economiche, invita a usare le molle.
Avverte che le cifre, come i contenuti e i relativi giudizi, sono «intrinsecamente vincolati a ciò che accadrà davvero».
Giudica positive le ambizioni per economia e lavoro. Però appaiono due rughe sulla sua fronte quando si affrontano le coperture.
«Troppe variabili – ammette -: troppe certezze che possono cadere nonostante le migliori intenzioni»
L’argomento principale è che metà delle voci destinate a bilanciare il minor gettito Irpef «non ha riscontri oggettivi» e l’altra metà è «incerta».
«Non vuol dire che siano dati impossibili – sottolinea la fonte -. Tuttavia vedo delle domande prive di risposta».
A partire dall’esito della spending review che il governo definisce foriera di 7 miliardi di risparmi, mentre il suo autore Carlo Cottarelli ne conta tre da maggio a fine anno: «I 4 miliardi in più vanno spiegati, no?». Certo che sì.
Dovrà accadere entro aprile, limite entro cui Renzi dovrà far recapitare a Bruxelles i suoi Piani perchè siano valutati.
Come tutte le stime, impongono verifica sul campo gli 1,6 miliardi di gettito Iva che i tecnici a Roma attribuiscono all’attività generata dal pagamento degli arretrati della pubblica amministrazione.
L’interrogativo è «l’effetto reale di un’iniezione di liquidità per un’economia davvero provata». Può accadere, concede la fonte.
Magari la reazione supererà le aspettative e, con essa, le entrate.
Del resto il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, preferisce «tenersi basso» quando fa una previsione. Chissà .
La terza incertezza sono i risparmi dello spread felicemente calante.
Erano anni che il divario fra i virtuosi bund tedeschi e i nostri buoni decennali non se ne stava stabilmente sotto i 200 punti. Rispetto alle previsioni del vecchio governo, il Tesoro annusa un beneficio di 2,5 miliardi.
Vorrebbe contabilizzarli e spenderli subito. «Abbiamo detto che le entrate di copertura devono essere certe», annota la fonte.
Qui, invece, si propone un’alea grave: «Sino a chiusura esercizio non saremo sicuri dell’incasso. Basta un battito d’ala di farfalla…».
Il che conduce alla partita più complessa, quella da giocare a carte scoperte. Il piano Renzi si aggrappa alla previsione Ue secondo cui l’Italia chiuderà il 2014 con un rapporto deficit/pil del 2,6%.
Sarà 0,4 punti sotto la fatidica soglia del 3% oltre la quale comincia il disavanzo eccessivo. L’intenzione è sfruttare questo margine, tutto o in parte, per stimolare la domanda. Sino a 6 miliardi da negoziare con Bruxelles.
«Siamo qui per fare, non per chiedere», ha detto Padoan. Ma senza chiedere, su questa strada, non si può fare.
Nell’analisi approfondita degli squilibri italiani la Commissione ha scritto che «l’aggiustamento del saldo strutturale 2014 come attualmente previsto appare insufficiente dato il bisogno di ridurre il grande parametro debitorio a un passo adeguato».
Era un modo per risvegliare l’attenzione sull’esigenza di maggiore enfasi, soprattutto alla luce delle nuove regole di rientro accelerato. «In queste condizioni, chiedere altri margini mentre bisogna frenare il debito può essere problematico».
Il fiscal compact dice che dobbiamo tagliare il debito in misura pari allo 0,5% del differenziale fra il rapporto totale col pil (133,7%) e la soglia d’equilibrio teorica (60%). «È il vostro impegno, lo avete negoziato e accettato».
E allora? La soluzione è quella indicata da Padoan. Si fanno le riforme, vere.
Inizialmente si porta il deficit in tensione. Poi si rientra grazie alla crescita.
Fattibile? «Non è mai successo prima e le priorità sono altre».
Bruxelles non vuole mollare, eppure si guarda bene dal chiudere la porta. Ne consegue che tocca riformare seriamente, venire alla Commissione coi risultati concreti e augurarsi che tutti i tripli salti mortali della «svolta buona» siano perfetti.
Sennò il cammino potrebbe essere sbarrato da un passivo più grande del previsto che chiuderebbe ogni possibile margine di trattativa.
E costringerebbe Renzi, per tenere la rotta, a una correzione autunnale dal costo politico probabilmente insostenibile.
Marco Zatterin
(da “La Stampa”)
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