ALFANO SEGRETARIO DEL CAPO: “VOGLIO IL PARTITO DEGLI ONESTI” E TUTTI RIDONO
BERLUSCONI LO FA ELEGGERE E LUI SI PRENDE SUL SERIO E PARLA DI ONESTA’ MENTRE LE TELECAMERE INQUADRANO PAPA…VERDINI FA IL NOTAIO, LA MINETTI SFOGGIA IL LATO B, IL POVERO PEDICINI VOTA CONTRO E FINISCE NELLA FOSSA DEI LENONI
Auditorium della Conciliazione, alle tredici e quindici.
L’Unto del Signore ha benedetto segretario Angelino Alfano, ancora guardasigilli ad personam, e i vari colonnelli del Pdl si alternano sul palco per interventi da cinque minuti.
I delegati, più di mille, si rilassano. Entrano ed escono dalla sala.
Molti deambulano sorridenti nella hall.
Il deputato Alfonso Papa, uno dei pilastri della P4 di Gigi Bisignani, è da solo, emarginato da tutti i capannelli.
Poi si rianima d’improvviso: Nicole Minetti, vestita di bianco e di blu, gli passa vicino e lui non resiste alla tentazione di guardarle il lato b quando lo supera. Papa e Minetti, due storie del partito dell’amore che adesso vuole anche essere partito degli onesti, premiando merito e talento.
Non è uno scherzo.
La promessa, o la minaccia a seconda dei punti di vista, è il climax del commosso discorso di Alfano: “Noi dobbiamo lavorare per il partito degli onesti. Presidente, lei è stato un perseguitato dalla giustizia perchè nel ’94 lei aveva 58 anni e non è possibile che fino ad allora non era successo niente e poi quando è entrato in politica le è successo di tutto con riferimento al passato. Lei è un perseguitato, ma ho l’onestà di dire che non tutti lo sono”. L’auditorium esplode. Un’ovazione.
E, ironia della sorte, le telecamere del Capo, le uniche ammesse in sala, inquadrano Papa che applaude a scena aperta.
imbarazzante.
Siamo all’edizione 2011 della banda degli onesti, l’indimenticabile caricatura dei falsari di Totò e Peppino.
La banda degli onesti di Alfano non è l’unico paradosso di “questa giornata dell’amore”, come la chiama B.
Ce n’è un altro che viene prima, in apertura.
Berlusconi dà inizio ai lavori, si autoincensa, ancora una volta annuncia il bavaglio sulle intercettazioni e le riforme (giustizia e Costituzione), sfotte Giulio Tremonti chiamandolo “Guido” e poi chiama a sè sul palco Angelino Alfano, segretario politico predestinato del Pdl, carica non prevista dallo statuto interno.
La svolta democratica del partito carismatico è un’investitura alla nordcoreana: “Io da presidente e fondatore del partito vi propongo l’elezione di Alfano per acclamazione”. Il Caro Leader Silvio che unge il Prediletto e tutti in piedi a sbattere le mani.
Un teatrino che dura una manciata di minuti. B. non si contiene e manifesta la solita allergia per “regole e procedure burocratiche”.
Chiede “un’investitura plebiscitaria” e “abbraccio generale” per “questo ragazzo intelligente”.
Sembra fatta, ma il triumviro Denis Verdini, coinvolto nell’inchiesta sulla P3 e altro volto del partito degli onesti, lo frena.
B. si scusa con la platea plaudente: “Il notaio Verdini mi dice che bisogna comunque fare la modifica allo statuto”. Il triumviro lo rassicura: “Scusa presidente non perdiamo più di trenta secondi”.
In questo mezzo minuto, alle 11 e 18, un delegato di nome Antonio Pedicini, friulano, si ritaglia un po’ di gloria: è l’unico tra i mille e passa che vota contro la modifica dello statuto.
Il dissenso viene accolto dall’ilarità generale, come una barzelletta raccontata dal premier.
In prima fila c’è il berlusconismo rosa delle origini, incarnato dalla Prestigiacomo, poi la Carfagna e la Gelmini. Più defilata la Brambilla.
I falchi volano di meno , negli ultimi tempi, è così Daniela Santanchè è relegata a metà della sala, con Melania Rizzoli e Antonio Angelucci.
Dopo l’acclamazione, B. scende dal podio, Alfano resta e comincia il suo primo intervento pubblico da segretario.
Parte da lontano, da quando sconosciuto consigliere provinciale di Agrigento, nel 1994, ascolta e vede B. in televisione e decide di aderire a Forza Italia perchè “quell’uomo aveva il sole in tasca”.
Il guardasigilli ad personam descrive il partito dei moderati che vorrebbe e paragona il sogno americano a quello berlusconiano: “Vorrei che uno dei giovani presenti qui oggi, magari consigliere provinciale, diventasse segretario del Pdl tra 17 anni”.
Alfano è commosso, cita il papà in platea, ricorda Pinuccio Tatarella, ringrazia i triumviri, omaggia i signori delle tessere Matteoli e Scajola che vorrebbero ingabbiarlo con un direttorio di notabili, si scaglia contro l’anarchia del Pdl.
È un discorso ecumenico. Poi sparge il panico con la chiosa al partito degli onesti: “Berlusconi è perseguitato ma non tutti lo sono”.
La sibillina frase aleggia su tutti i capannelli che si formano dopo nella hall.
Il quesito corre di bocca in bocca, con preoccupazione: “A chi si riferiva?”. L’elenco dei sospettati è ampio: i citati Papa e Minetti, presunta tenutaria del “bordello ” del bunga bunga; poi Cosentino, inquisito per camorra; lo stesso Scajola, cui la cricca di Anemone ha acquistato la casa al Colosseo a sua insaputa; il triumviro Verdini.
Anche la Bergamini, la donna di Raiset, ha il volto corrucciato.
L’ex Responsabile Mario Pepe nota: “Però che cattiveria a inquadrare sempre il povero Papa”.
Rotondi e Baccini si dicono entusiasti del discorso di Alfano: “Sembrava il Forlani di una volta”. Dai democristiani agli ex fascisti. Sul podio sale Gianni Alemanno e sfora i cinque minuti. Maurizio Lupi lo interrompe: “Gianni ancora trenta secondi”. Lui infastidito, senza voltarsi e con voce alterata: “Lupi stai buono”. Un riflesso da vecchio camerata.
Bersani e Di Pietro, commentando, si invertono di nuovo i ruoli.
Il primo : “Alfano è il segretario del Capo”. Il leader dell’Idv: “Non condivido Alfano ma merita rispetto”.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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