ALTRO CHE LE PEN, NASCE LA DESTRA DA “BAR DELLO SPORT” DI SALVINI
SPECULA SUI MORTI E RICOMINCIA COI VERTICI A CASA DI BERLUSCONI
Lei, Marine, da giorni dichiara il meno possibile. E, in nome dello spirito repubblicano, ha interrotto la campagna elettorale per le amministrative, mettendo il silenziatore alla propaganda.
Lui, Matteo Salvini, da giorni vive in tv e alla propaganda ha messo il megafono: “interveniamo”, “via terra via mare”, “subito intervento militare in Siria”, “Alfano, incapace, dimettiti”.
L’ultima è “via la Turchia dagli Europei di calcio”.
Lei, all’Eliseo è stata ricevuta da Hollande, gesto dirompente, anche agli occhi del ceto progressista francese, per cui il Front National è un ghetto estremista.
Lui ha passato il pomeriggio a palazzo Grazioli, assieme alla Meloni e Silvio Berlusconi, come Bossi e Fini facevano venti anni fa.
E se è vero che la Francia non è l’Italia, è soprattutto vero che lei non è lui.
E la guerra ha fatto cadere il velo.
Pietrangelo Buttafuoco, intellettuale che pure è stato considerato vicino all’elaborazione del nuovo corso di Salvini, è pressochè inorridito: “È la destra da Bar dello sport. Come Piscitelli rideva al caldo delle lenzuola all’idea di fare affari dopo il terremoto all’Aquila, così la destra da Bar Sport, davanti alle stragi islamiste si sente sciogliere l’acquolina in bocca. Pensa solo al pallottoliere elettorale”.
Ecco, il Bar dello Sport. Se poi chiedi a Buttafuoco quali siano le ragioni di questa posizione politicamente opportunista e culturalmente scadente, risponde così: “Perchè Salvini parte da un cortocircuito che è quello di mettere sullo stesso piano l’immigrazione e la religione. Poi dovrebbe smarcarsi rispetto alla subalternità delle alleanze internazionali, contrastare la politica ufficiale di tutte le destrucole schiacciate sugli interessi degli Americani. Siamo alle solite: la destra in Italia non è nè Le Pen nè Putin. E si limita a fare sempre la pesca delle occasioni. Ormai la politica interna è politica estera e invece la destrucola nostrana legge la politica estera in base alle convenienze della politica interna”.
Attenzione. Il moderatismo non c’entra. Lei non è una moderata, nonostante la rottura col padre, Le Pen Senior. Anzi.
Antonio Rapisarda, ha recentemente scritto un libro All’arme, siam leghisti in cui spiegava l’universo simbolico e culturale del salvinismo.
All’HuffPost dice “Su alcune tematiche è più radicale la figlia del padre. Sull’economia il padre guardava a Regan, lei ha una visione attenta alla sovranità , non a caso si parla di etnosocialismo. È attenta ai quartieri del nord che vivono le crisi industriali piuttosto che al vecchio elettorato dei nostalgici dell’Algeria, i piccoli proprietari del sud a cui guardava il padre”.
La differenza rispetto alla destrucola di cui parla Buttafuoco è il modo in cui interpreta la leadership.
Altro che felpe, bullismo, battute e parolacce e anche opportunismo. A due settimane dalle elezioni, con a portata di mano la vittoria in regione che equivale a una entry strategy per la sua corsa all’Eliseo, dice: prima la Repubblica.
Lui, invece, appena i suoi capigruppo escono da palazzo Chigi – unico momento repubblicano — inizia il bombardamento di parole.
Marcello Veneziani parla in modo ormai disincantato: “Bah, siamo all’impressionismo, non alla strategia, al cosa serve per captare gli umori. Con tutti i suoi limiti Sb in politica estera era lungimirante, sia in relazione a Gheddafi sia a Putin. Non c’è una lettura culturale da fare. Si vuole cavalcare un umore del momento, all’insegna del “possiamo prendere schiaffi, dunque dobbiamo reagire”.
La guerra è però solo un capitolo, sia pur il principale che disvela quello che per molti sta diventando un bluff del Le Pen nostrano.
Quello che diceva “mai più con Silvio”, ha passato il pomeriggio a palazzo Grazioli assieme a Giorgia Meloni.
L’accordo c’è: ovunque il centrodestra avrà candidati comuni. Anche sui nomi è stato fatto qualche passo avanti. O indietro.
Nel senso che Alfio Marchini, il grande corteggiato da Berlusconi, non è più sul tavolo causa veto degli alleati. Sia l’ex premier sia Salvini hanno chiesto a “Giorgia” di buttarsi nell’impresa. La risposta non è stato un no: “Se non si trova un candidato — dice una fonte di Grazioli — toccherà a Giorgia che ha chiesto a quel punto carta bianca su coalizione e programma”.
Mentre a Bologna si va verso la candidata leghista Lucia Borgonzoni, l’ex frequentatrice dei centri sociali.
Il che, nel Cencelli del centrodestra, significa che su Milano e Torino la prima scelta sarà di Forza Italia.
È la destra nostrana. E il 7 febbraio è convocata una manifestazione comune a Roma, con nuova foto Berlusconi, Salvini e Meloni.
Angelo Mellone, impegnato a scrivere un romanzo sulla destra, dice: “In Italia abbiamo una risposta di retroguardia alla necessità di un nuovo progetto politico, ed è una risposta perfettamente funzionale al renzismo. Retroguardia perchè quella di Salvini è un vecchio modello di destra radicaleggiante che può andare bene in Polonia ma non in paese dell’Europa mediterranea.”
(da “Huffingtonpost“)
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