ANDATE IN PENSIONE CON QUOTA 100? RICEVERETE DAL 5% AL 34% IN MENO. E IL COSTO SALE DA 7 A 13 MILIARDI
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La finestra di “quota 100” che il governo si prepara ad aprire nel 2019 per permettere di andare in pensione in anticipo rispetto ai requisiti attualmente in vigore rischia di costare caro ai futuri pensionandi.
I conti li ha fatti l’Ufficio Parlamentare di Bilancio che in audizione oggi sulla Manovra ha provato a simulare gli effetti dell’entrata in vigore della misura.
Secondo le stime dell’Upb, il taglio all’importo può variare da un minimo del 5,06% in caso di pensionamento con un solo anno di anticipo rispetto alla Legge Fornero, fino a un massimo del 34,17% nel caso di anticipo di 6 anni.
Una sforbiciata che dipende inevitabilmente dalla minor quota di contributi versata che concorre alla formazione dell’assegno: per questo la riduzione è maggiore più sono gli anni di anticipo alla pensione.
La scorsa settimana, interpellato direttamente sulla questione a “Otto e mezzo”, il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva escluso qualsiasi tipo di riduzione degli importi. “Non ci sarà nessuna penalizzazione”, aveva detto. “Non ho capito da dove esca” questa simulazione, aveva aggiunto.
Il riferimento della domanda era alle stime già comunicate dal presidente dell’Inps Tito Boeri, secondo cui ad esempio un lavoratore medio della Pa, andando in pensione a 62 anzichè a 67 anni, avrebbe visto il proprio assegno ridursi di circa 500 euro.
In ogni caso, ha spiegato l’Upb, proprio a fronte di queste penalizzazioni è esclusa che l’intera platea potenziale di possibili beneficiari di quota 100 – pari a 437 mila persone – decida di scegliere il pensionamento anticipato.
Anche perchè – ha rilevato l’Upb- in questo caso la spesa necessaria ammonterebbe a oltre 13 miliardi, circa il doppio di quanto stanziato in Manovra.
“Questa stima – ha chiarito il presidente dell’Upb Giuseppe Pisauro – non è ovviamente direttamente confrontabile con le risorse stanziate nel Fondo per la revisione del sistema pensionistico per vari fattori: dal tasso di sostituzione dei potenziali pensionati con nuovi lavoratori attivi a valutazioni di carattere soggettivo (condizione di salute o penosità del lavoro) o oggettivo (tasso di sostituzione tra reddito e pensione, divieto di cumulo tra pensione e altri redditi, altre forme di penalizzazione)”.
Quindi se da un lato quasi mezzo milione potranno, in teoria, andare in pensione prima, una combinazione di fattori, tra cui proprio la penalizzazione dell’assegno, dovrebbe convincere una parte a restare al lavoro.
Un concetto chiarito dallo stesso Pisauro rispondendo alle domande dei parlamentari: Nella stima del governo – ha detto – “è incorporata l’idea che la metà ” delle persone che potrebbe utilizzare la misura “non vada in pensione”.
(da “La Repubblica”)
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